Sette libri da brivido da gustare ad Halloween
Tra classici moderni e piccoli gioielli del panorama contemporaneo, la narrativa gotica mantiene intatto il suo fascino. Consigli di lettura per “tutti coloro che sanno che i mostri sono reali”
Tra i tanti libri usciti negli ultimi mesi, ce n’è stato uno del quale mi ha colpito la dedica, prima ancora che la storia o il titolo. “A tutti coloro che sanno che i mostri sono reali”.
Non viene usato il verbo “credere”, “pensare” o “immaginare”. Viene utilizzato il verbo “sapere”. Che siano mostri “veri”, dei quali ormai conosciamo forme e colori – lupi mannari, goblin o vampiri – o che siano mostri della mente, di sicuro più facili da analizzare sebbene spesso più difficili da riconoscere al primo impatto, tutti siamo consapevoli dell’esistenza di quell’elemento, di quell’entità, in definitiva di “quel qualcosa” che alimenta la nostra angoscia arricchendola di ansie, inquietudini e affanni. È dietro questa piccola certezza, alla quale siamo soliti conferire una veste letteraria, di narrazione fantastica, che si cela la paura dell’uomo di scoprire che, in fin dei conti, nulla dipende da fattori esterni ma tutto accade sempre e solo dentro di noi.
Partendo proprio da qui, dal sentimento più forte subito dopo l’odio, ossia la paura – l’unica emozione, come sosteneva Edmund Burke, in grado di “derubare alla mente tutti i poteri di agire e di ragionare” – abbiamo stilato una piccola classifica di sette libri (sette, esatto, perché non a caso il 7 è il numero magico per eccellenza) da gustare tra ottobre e novembre.
Tra classici moderni e piccoli gioielli del panorama contemporaneo, la narrativa gotica mantiene intatto il suo fascino, ieri e sempre. A voi scoprire a quale dei volumi che seguiranno appartiene la dedica di cui sopra.
Streghe. Le eroine dello scandalo di Ilaria Simeone (Neri Pozza)
“Anche questo fu la caccia alle streghe; strage di dimenticate, portata a termine da uomini terribilmente normali”. È in quell’avverbio, “terribilmente”, e in quell’aggettivo, “normali”, che si racchiude e si consuma tutta la tragedia di un’intera epoca, quella che ha visto l’Inquisizione dare la caccia a donne – madri, mogli, figlie, giovani e vecchie – accusate di stregoneria, donne per le quali “bastavano l’accusa della pubblica voce, l’aver ricevuto in dote dai genitori una cattiva fama, l’essere nata in un paese chiacchierato, la mancanza di solerzia e precisione nel rispondere a interrogatori inaspettati” per essere condannate alla gogna. Amanti del Demonio, moleste e infingarde “come lo sono tutte le femmine”, Caterina De Medici nel 1616, Isotta Stella e le altre trentaquattro imputate nel 1587, Maria Bertoletti detta la Toldina nel 1716, sono state sommariamente processate (senza possibilità di difesa) e poi bruciate al rogo in quanto eroine dello scandalo. Ilaria Simeone ricostruisce i fatti e gli scenari di questi tre esempi di femminicidi ante litteram, consultando gli atti e raccontandoli udienza dopo udienza con grande dovizia di particolari.
Streghe. Le eroine dello scandalo
Ilaria Simeone
Neri Pozza
La ragazza che levita di Barbara Comyns (Safarà)
Lo scorso anno la casa editrice Safarà aveva già pubblicato un romanzo di questa autrice ancora poco nota in Italia eppure molto prolifica, avendo consegnato al pubblico dei lettori ben undici romanzi – considerati piccoli capolavori della letteratura gotica – nonostante avesse iniziato ad apparire in libreria già quarantenne. La Comyns, nata nel 1907 nella contea inglese di Warwickshire, si lascia riconoscere per il suo stile inglese impeccabile e privo di sbavature ma che, contemporaneamente, si dimostra ben lontano da quel genere di letteratura. “La ragazza che levita”, narrando le vicende di Alice – giovane e diafana fanciulla vittima della brutalità di un padre veterinario misogino e prepotente, la quale si troverà, in una Londra di età edoardiana, a fare i conti con i cambiamenti del proprio corpo, rispetto al quale sembra non avere capacità di controllo – rievoca fin da subito le atmosfere grottesche e al contempo sognanti di “Chi è partito e chi è rimasto”. Il disperato tentativo di fuga del corpo, la tragedia famigliare, il potere occulto da nascondere a tutti i costi, tutto questo viene osservato dalla Comyns con occhi puri e innocenti ma non per questo privi di sagacia e di un profondo sentimento gotico.
Barbara Comyns
Safarà
La lotteria di Shirley Jackson (Adelphi)
“La lotteria”, “Lo sposo”, “Il colloquio”, “Il fantoccio”. Sono questi i quattro racconti che animano la silloge dal titolo omonimo, “La lotteria”, un piccolo florilegio che, solo per i primi due racconti, vale la pena di leggere tutto d’un fiato. Shirley Jackson è sinonimo di qualità, su questo non v’è dubbio, ma la scaltrezza psicologica, l’arditezza narrativa, quel senso di lieve soffocamento che avanza inesorabile nel corso della lettura, ha toccato vette così alte forse soltanto con “Abbiamo sempre vissuto nel castello”. Le vicende fulminanti di cui ci racconta la Jackson sono strutturate in modo tale che il lettore, fino a quando non si sente prossimo alla fine, non riesce a comprendere quanto realmente sia vicino al baratro, poiché non c’è traccia di sobbalzi né di sperimentazioni mirabolanti dal punto di vista stilistico. C’è solo un’innata capacità di sospendere il tempo dell’azione, al punto che il lettore, proteso ad immaginare un ipotetico finale, trattiene il fiato fino al limitare delle proprie possibilità. La tensione, poi, scoppierà tutta d’un colpo.
Adelphi
Finché morte non vi separi – Irving, Bécquer, Isle-Adam, Kuprin, Ghislanzoni (ABEditore)
“Il matrimonio è come la morte: pochi ci arrivano preparati” scriveva Niccolò Tommaseo, e non fanno eccezione nemmeno i protagonisti dei cinque racconti presenti nell’antologia “Finché morte non vi separi”, che ha il grande merito di raccogliere alcune delle voci più raffinate e potenti della letteratura gotica. Dal “promesso spettro” di Washington Irving, che in groppa al suo destriero conquista e rapisce l’amata sposa, alla Vera di Agreste de Villiers de L’Isle-Adam, che muore tra le braccia del marito dopo una notte di magici amplessi, il filone conduttore di questa raccolta è il rapporto tra Amore e Morte, un connubio, verrebbe da dire, perfetto (e fatale) dalla notte dei tempi fino ad oggi. Queste storie lugubri e ultraterrene sono la chiave per comprendere che la morte, soprattutto della persona amata, non sarà mai tale finché chi vive resterà aggrappato al pensiero del passato ripercorrendo con la memoria i frammenti di quel sentimento che li legava a doppio filo. La morte, in fondo, non è mai reale fino a quando non la pronunci.
Irving, Bécquer, Isle-Adam, Kuprin, Ghislanzoni
ABEditore
Una visita al Bates Motel di Guido Vitiello (Adelphi)
“Prima di Psycho non era mai accaduto, forse, che un film si identificasse a tal punto con i suoi luoghi. Psycho è il Bates Motel, e il Bates Motel è Psycho”. È da qui che parte l’indagine di Guido Vitiello, ora in libreria con un saggio molto suggestivo che di sicuro gli amanti del cinema di Hitchcock non potranno non apprezzare. L’autore segue l’insegnamento del maestro del brivido e si mette sulle tracce di tutti quegli indizi che andranno a formare la sua inconfutabile prova: il Bates Motel, ovvero la spettrale dimora in stile vittoriano di Psycho, è una sorta di museo che mette in scena la follia di Norman Bates e quella “escursione nel sesso metafisico” che è un po’ il concetto pseudo filosofico alla base di questa visita guidata negli inferi. Tra i miti di Amore e Psiche, Orfeo ed Euridice, Demetra e Persefone, Vitiello, come fosse in possesso di una fantastica macchina da presa, registra tutti i dettagli dell’affaire Psycho – dal significato intrinseco degli uccelli impagliati nello studio di Norman, al particolare della statuetta di Amore e Psiche sul soprammobile della casa dello sceriffo Chambers – regalando al lettore una panoramica completa e dettagliata di un viaggio spettacolare. A casa di Norman Bates e nella mente di Hitchcock.
Guido Vitiello
Adelphi
Vampiri. Una nuova storia di Nick Groom (Il Saggiatore)
Apriamo ora una piccola parentesi sui vampiri, grandi e indiscussi protagonisti di certa letteratura gotica e orrorifica del XX e XXI secolo. Il nuovissimo volume di Nick Groom, “Vampiri”, uscito da poco per Il Saggiatore, non è un resoconto delle varie tipologie di vampiro che hanno attraversato la storia, poiché l’autore si concentra sui vampiri del XVII e XVIII secolo, dunque vampiri pre-Dracula, antecedenti al capolavoro di Bram Stoker. Questo saggio unisce le vicende politiche, filosofiche, teologiche e scientifiche che si sono create attorno alla figura del vampiro, con quelle letterarie e artistiche: in sostanza viene a crearsi un compendio tra la visione scientifica ed empirica e le rappresentazioni della letteratura gotica. Nick Groom, in questa “nuova storia del vampiro”, si concentra soprattutto su questa figura dell’immaginario gotico utilizzata come potente strumento per dare un significato alla tragedia umana.
Nick Groom
Il Saggiatore
Dracul di Dacre Stoker e J. D. Barker (Casa Editrice Nord)
Da lettrice e da amante del gotico, posso dire che una delle scoperte più entusiasmanti degli ultimi mesi è stato “Dracul. Come tutto ebbe inizio…” del bestsellerista Barker e di Dacre Stoker, discendente diretto di Bram Stoker. Al di là della storia in sé, che pure è ben congegnata e ben scritta, ciò che arricchisce questo volume è la parte finale, in cui trova posto la nota degli autori. Il romanzo racconta le vicissitudini di un giovanissimo Bram Stoker, che fin da bambino combatte con una salute a dir poco cagionevole ed è spesso costretto a letto. A fargli compagnia, oltre all’affezionata sorella Matilda, c’è tata Ellen, che però nasconde qualcosa di molto strano. Lei è l’unica in grado di farlo stare meglio ma è anche l’unica sulla quale cadono dei sospetti inquietanti: perché, di punto in bianco e ciclicamente, Ellen scompare per tutta la notte e quando riappare sembra più giovane, più bella e i suoi occhi cambiano colore? E cosa sono quei forellini sul polso di Bram che sembrano non rimarginarsi mai? Partendo da fatti reali (Bram fu davvero un bambino cagionevole e guarì, miracolosamente, all’età di sette anni), Stoker e Barker costruiscono un romanzo che, oltre ad intrattenere, è volto a suscitare qualche domanda nel lettore: davvero il “Dracula” che abbiamo nella nostra libreria è il manoscritto originale di Stoker, così come lui l’aveva ideato e proposto all’editore alla fine dell’Ottocento? E allora perché alla versione pubblicata nel 1897 mancano 101 pagine e sembrerebbe siano state apportate molte, forse troppe modifiche? La caccia (al vapiro) è di nuovo aperta.
Dacre Stoker e J. D. Barker
Casa Editrice Nord