La filosofia dei moderni. Storia e temi
La recensione del libro a cura di Gianni Paganini (Carocci, 388 pp., 29 euro)
Se il volume riuscirà a dare un’idea adeguata del ventaglio di opzioni che si aprirono alla modernità, piuttosto che a rinchiuderla in uno schema unico, un importante obiettivo del curatore e degli autori potrà dirsi raggiunto”. Tra le parole che compongono le brevi considerazioni ora riportate, scritte da Gianni Paganini al termine della Premessa di questo solido volume, è opportuno sottolinearne due: “ventaglio” e “schema”. Prendiamo in esame la seconda, per affermare che è ormai acclarato che non è possibile ricondurre e ridurre a una sola lettura – a uno schema appunto – la cosiddetta modernità, neppure per quanto riguarda il pensiero filosofico. Ecco allora che si rende necessario il ricorso al primo termine – “ventaglio” –, che rende bene l’idea dell’ampiezza e della multiformità a cui è opportuno pensare quando ci si riferisce alla filosofia dei moderni. Di qui la peculiarità del volume, come segnala ancora Paganini: “I capitoli di questo libro, affidati ciascuno a uno specialista del tema, non vogliono ambire all’ennesima sintesi unitaria, ma insistono piuttosto sull’intreccio dei percorsi differenti che caratterizzarono la filosofia moderna, complicandone ma anche arricchendone la fisionomia”. Il pensatore moderno, che per lo più operò al di fuori delle istituzioni ufficiali, quali le chiese e le università, si caratterizza soprattutto “per le sue ampie connessioni con le scienze, la morale, la politica, le teorie sociali”, presentandosi non come uno specialista della sola filosofia: si pensi, per esempio, a Cartesio e Leibniz, eccelsi studiosi di matematica, e a Hobbes e Locke, geniali cultori di politica. I quattordici capitoli che compongono il libro permettono al lettore di ripercorrere i tre secoli di storia del pensiero, che iniziano con Bernardino Telesio, nato nel 1509, e giungono sino a Immanuel Kant, che morì nel 1804. Sarebbe ovviamente impossibile in questa sede rendere conto di tale lungo percorso, che fu caratterizzato, come si è detto, da un’ irriducibile complessità. Ci fa piacere, dunque, soffermarci soltanto su uno dei quattordici capitoli, che si impone per la sua originalità: reca l’eloquente titolo “Donne e filosofia” ed è stato scritto da Sarah Hutton, honorary visiting professor presso l’Università di York. Dopo aver chiarito che la ricostruzione della storia della filosofia al femminile è sempre un compito difficile a causa della marginalità da essa costantemente sofferta, l’autrice afferma che la modernità si è rivelata uno dei periodi più favorevoli alla partecipazione delle donne al dibattito filosofico, e concentra la propria attenzione sulle figure di cinque pensatrici: Elisabetta di Boemia, Anne Conway, Margaret Cavendish, Émile du Châtelet e Mary Wollstonecraft. Giunta al termine della sua disamina, la Hutton, pur riconoscendo l’inevitabile incompletezza del suo lavoro, ritiene a buon diritto di aver offerto una valida riprova del fatto che “l’apporto delle donne è parte integrante della storia della filosofia”.
Gianni Paganini (a cura di)
La filosofia dei moderni. Storia e temi
Carocci, 388 pp., 29 euro