Mai stati così felici
La recensione del libro di Claire Lombardo (Bompiani, 560 pp., 22 euro)
Chi è infelice sa quanto costi esserlo, che vergogna sia, che imbarazzo arrechi. E sa anche che il solo posto al mondo dove quella fatica gode di uno sgravio, acquista libertà, impenna impudica con una specie di orgogliosa rivalsa, a volte vittimista a volte no, è la famiglia. E’ per questo che le famiglie felici si assomigliano tutte, ma quelle infelici lo sono ciascuna a proprio modo, con una tragicità o ineluttabile o grottesca o comica o milioni di altre cose. Le correzioni di Franzen ha raccontato in modo esemplare la disperazione liberatoria cui ci si lascia andare a un certo punto, da figli, quando si torna a casa dai propri genitori e si tenta di mentire, o soltanto omettere il dolore, e però poi si cede, e si sbraca, si collassa sui propri fallimenti ed è terribile ma pure risarcente.
Quello che succede quando la famiglia è il solo posto al mondo dove non si può tornare a essere infelici, invece, lo ha raccontato Claire Lombardo, in questo suo primo romanzo che ha incantato Amy Adams e Laura Dern convincendole a farne una serie per Hbo, e che ha un taglio generazionale secco, perché dello scontro tra adulti più o meno millennial e genitori più o meno boomer dice bene che si consuma su quanto sono infelici i primi e quanto non lo sono i secondi. David e Marilyn, i genitori delle quattro sorelle che abitano nel libro, si sono conosciuti a Chicago negli anni Settanta e da allora non si sono più lasciati, né hanno smesso di fare l’amore, di desiderarsi, di rispettarsi, di mentirsi a fin di bene, di splendere tra gli altri per donare una luce della cui rarità hanno contezza e dalla quale non sono né insuperbiti né migliorati, tanto è per loro naturale. Neanche un figlio dato in adozione da una delle loro figlie li scomporrà. Wendy, Violet, Grace e Liza, invece, non sono felici di niente, non hanno avuto fortuna, e anche quando se la sono costruita non hanno saputo o potuto goderne: o le congiunture si sono messe di traverso, o la loro inappetenza cronica, innata, ha bloccato, in loro, qualsiasi fioritura.
Marilyn e David sono praticamente pensionati e fanno l’amore sugli alberi del giardino. Liza e Ryan non riescono che a scopare una volta, a titolo di rimborso di lui, che soffre di una depressione cronica e inspiegata, per non essere stato capace di gioire per un salto di carriera di lei. Wendy sposa un uomo che ama pazzamente e resta vedova prestissimo, senza mai riuscire a riprendersi. Grace non ne azzecca una e non fa che mentire, sembra l’Avversario. Il cruccio di tutte non è ciò che non va nelle rispettive vite, ma il non poter contare sulla comprensione dei propri genitori, che sono troppo splendidi e contenti per capire che avere tutte le carte in tavola, su una tavola imbandita di tutto il necessario e anche di tutto il superfluo, non è sufficiente. L’abisso tra genitori e figli, in questo tempo, è un abisso di infelicità innata, di dolore inspiegabile. Non tutte le vite sono capaci di ereditare il bene. E’ terribile, ma Lombardo lo racconta in modo esilarante perché sa che l’infelicità dei millennial non è una cosa seria, ed è per questo che è invincibile.
Che brava.
Claire Lombardo
Mai stati così felici
Bompiani, 560 pp., 22 euro