Fatti, commenti, appuntamenti del giorno presi dal taccuino di Mario Sechi
Gli sbarchi e il mantra mediatico dello "sparare". Qualche punto fermo sulla Libia
Mercoledì 22 aprile. San Gaio, papa. Fuggito dalla persecuzione dell’imperatore Diocleziano, morì confessore della fede.
Titoli. Sparare. A chi e a che cosa è un problema che si porrà dopo. L’importante è accarezzare il grilletto retorico, come in un film di Sergio Leone. Il Giornale: “Sparare agli scafisti. Ecco la soluzione”. Repubblica: “L’Europa: guerra agli schiavisti”. Chi colpire? Scafisti? Con i cecchini? Con le bombe? Indizi strategici dal Messaggero: “Pronti a colpire i barconi”. Il Gazzettino precisa: “Colpiremo i barconi nei porti”. Nel deserto appare francamente difficile. Fila in edicola per il titolo del Corriere della Sera: “Scontro finale sull’Italicum”. Ah, che bella giornata.
Libia. Benvenuti a bordo. Nel 2011 Francia e Regno Unito portano a termine il disegno di far cadere Gheddafi. Il colonnello e i suoi figli vengono ammazzati barbaramente. E’ l’inizio del disordine. Ora siamo alle comiche, se non fosse che le la situazione è tragica. Alfano dice: bombardiamo i barconi in porto. Commander in chief, anche lui. Ora siamo davvero a posto. Domande: come distingui i barconi da quelli dei poveri pescatori? E quanti danni collaterali (leggere, morti) pensi di fare? C’è poi chi dice che l’intervento militare sia quello che aspetta Isis, attirare nella trappola il nemico. Qui si fa solo una raccomandazione: prima di andare, pensare. E ricordare: ci sono due sole istituzioni che funzionano in Libia, la banca centrale e l’assemblea costituente eletta in febbraio. La banca centrale paga gli stipendi e – miracolosamente – assicura un flusso di cassa al paese. L’assemblea è l’unica istituzione democratica non contestata a est e a ovest (altro che parlamento di Tobruk). E’ composta da 56 persone e da queste figure si ricomincia a costruire qualcosa di nuovo. Leggere Foreign Policy per farsi un’idea del tema. C’è anche una terza istituzione che funziona in Libia. Si chiama Eni. Rappresenta tutta l’energia elettrica della Libia. Spenta l’Eni, la Libia resta al buio. E’ la nostra vera arma diplomatica, non i bombardieri che ruotano vorticosamente nella testa di Alfano.
La democrazia? Non nel mondo arabo. Nel 2011 il 92 per cento dei giovani arabi sperava di vivere in una democrazia. Nel 2012 il 42 per cento dei giovani pensava che il problema fosse la mancanza di democrazia. Quest’anno solo il 15 per cento pensa che il problema sia la democrazia e, al contrario, il 39 per cento degli intervistati dice che la democrazia in quella regione non funzionerà mai. Sono i dati del sondaggio annuale ASDA’A Burson-Marsteller Arab Youth Survey 2015. Da leggere.
Renzi a Montecitorio. Domani c’è il consiglio Ue straordinario sull’immigrazione e stamattina il governo fale sue comunicazioni alla Camera (ore 9) sul tema in agenda. Alle 10 e 30 Renzi va in Senato. Alle 14 è a Marzabotto. Renzi: “Serve strategia di ampio respiro”.
Mattarella in Slovenia. Prosegue il tour di presentazione del presidente della Repubblica. Oggi è in Slovenia. No news.
Bankitalia c’è. Audizione del governatore della Banca d'Italia, Ignazio Visco alla commissione Finanze del Senato. Si parla di vigilanza bancaria europea. (ore 14,15). Sarà una delle cose più interessanti nell’agenda.
E la Russia? Nucleare. E’ un player essenziale. Il lesto e paziente ministro degli Esteri Serghei Lavrov sta attendendo che finiscano i cortoncimenti dell’Unione europea. I russi sono disposti a fornire armi e supporto, ma a patto che si sappia cosa si fa dopo in Libia. Mai ripetere gli errori del 2011. Nel frattempo, a Mosca festeggiano: l’Europa ha dato il via libera all’Ungheria per costruire con una centrale nucleare da 12 miliardi di euro. Il mondo va avanti. E la realtà mette tutti i pezzi del puzzle al loro posto.
22 aprile 1994. Muore Richard Nixon, ex presidente degli Stati Uniti. La sua carrierà politica finì con lo scandalo Watergate. Leggendaria la sua intervista video con il giornalista David Frost. Il film è stupendo, regia di Ron Howard.
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