Fatti, commenti, appuntamenti del giorno presi dal taccuino di Mario Sechi
Le bombe sul califfo e l'incontro tra Putin e Obama
Titoli. Hanno messo il pilota automatico. Prima lo choc, poi siamo tutti francesi (eravamo anche tutti americani, perbacco), poi la rabbia e l’orgoglio, ci mancherebbe, Oriana, e poi tra qualche giorno, esaurita la scorta di retorica, bevuta la riserva di cordoglio, tritato il mini-dizionario delle frasi da cocktail e guerra in salotto, torneranno i se, i ma, i però, gli articoli 11 della Costituzione più bella del mondo, mi raccomando, e noi partecipiamo ma no, non bombardiamo, e come siamo intelligenti e bim bum bam. Per fortuna i francesi hanno messo la faccenda sull’unico piano che in questo momento conta: la guerra. Primo caffè, Corriere della Sera: “Le bombe francesi sull’Isis”. Raqqa sotto il tiro dei caccia di Parigi, è il volta pagina di una campagna militare in Siria lunga e con un disegno strategico che vede Washington e Mosca finalmente collaborare. Ieri al G20 Obama e Putin hanno rotto il ghiaccio, si sono incontrati. C’è un obiettivo prioritario comune: eliminare i comandanti e le truppe dello Stato islamico. E’ un passo avanti di grande importanza. Speriamo non ne facciano due indietro nei prossimi giorni. Che fa Repubblica? “Caccia ai killer, paura a Parigi. Pioggia di bombe sul Califfato”. Altro in prima? S’affacciano cinque articoli e quattro strilli, il direttore Ezio Mauro squaderna il suo pezzo e “siamo tutti occidentali”. Bene. Se invece volete un’idea di retorica da rotativa, un esempio di gingillo tipografico autocompiaciuto, una cortina fumogena di chiacchiere senza soluzione, allora leggete subito la Stampa. Foto da Parigi, candele in ricordo dei morti, atmosfera languida e titolone: “Tutto il mondo è qui”. Nel frattempo, in Siria stava succedendo qualcosa. Andiamo oltre, facciamo un giro di titoli. C’è quello corale di Carlino-Nazione-Giorno: “Bombe francesi sul Califfo”. Il Messaggero ne fa uno che vibra un po’ di più degli altri giornali: “Furia francese, bombe sull’Isis”. Libero continua a suonare il suo spartito: “Perché i buonisti ci condannano”. Il Giornale mette una parentesi per aprire un dibattito dopo la morte di Valeria Solesin nella mattanza del Bataclan: “Siamo (quasi) tutti Valeria”. Il Sole 24Ore riordina i fatti e attende “il verdetto dei mercati: si guarda a euro e petrolio”.
Il denaro non dorme mai (Gordon Gekko). Buona giornata.
La strategia globale di Isis. Nella mappa dell’Institute of the Study of War. Isis perde territorio in Iraq, ma si espande in medio oriente e Africa.
Più soldi a difesa e sicurezza. E’ il Sole 24Ore a impaginare la notizia più rilevante per l’Italia sul piano istituzionale dopo la strage di Parigi: “Il governo è al lavoro per destinare più risorse per la Difesa e la Sicurezza nella legge di Stabilità, attualmente al vaglio della commissione Bilancio del Senato”. Quanto? Non si sa ancora, c’è un clima favorevole tra i partiti (Lega a parte) ma l’emendamento deve essere ancora scritto. Post scriptum, avviso ai naviganti del Parlamento: se sono soldi per un aumento in busta paga alle forze dell’ordine, sia chiaro che sono soldi dovuti, ma non servono allo scopo.
Più James Bond nel Regno Unito. Il governo di David Cameron incrementerà di 2.000 persone l’organico della agenzie di intelligence.
Il robot va all’Università. Un programma sviluppato dall’Istituto nazionale di Informatica giapponese ha superato i test per entrare all’università. Tra gli esami sostenuti, inglese, matematica e fisica. Il punteggio realizzato è stato di 511 su 950, la media nazionale giapponese è di 416. Pare che il programma di intelligenza artificiale sia stato eccezionale nelle prove di matematica e storia.
Il jet privato può attendere. Secondo una stima fatta da Honeywell International le vendite di jet privati nel 2016 caleranno del 10 per cento. La ripresa c’è ma per comprare un aereo ci vuole tanta fiducia. O tanti soldi da non farci caso se ne perdi un po’ volando.
16 novembre. Nel 1914 la Federal Reserve comincia le operazioni. Era stata istituita un anno prima, il 23 dicembre 1913, dal Presidente Woodrow Wilson con il Federal Reserve Act.
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