Fatti, commenti, appuntamenti del giorno presi dal taccuino di Mario Sechi
La guerra, il terrorismo e il governo arcobaleno
Titoli. La bombetta all’idrogeno fatta detonare dal pazzo nordcoreano ha fatto invecchiare i titoli dei quotidiani e spostato l’agenda su un altro dei problemi di politica estera rinviati dall’amministrazione Obama, ma le prime pagine restano interessanti per il (di)sordine sparso, la varietà dei temi scelti in apertura, l’incertezza dell’agenda di politica interna (leggere alla voce governo) che si percepisce sfogliando un impaginato sempre più scompaginato. Primo caffè, Corriere della Sera: “Germania, lo choc di Colonia”. In via Solferino fanno l’apertura sulla vergogna di Colonia, un guaio per Angela Merkel (che infatti chiede “fermezza”) e la conferma che tra gli immigrati del Nord Africa e del medio oriente c’è chi non rispetta le donne e gli standard minimi di convivenza europei, non merita alcuna accoglienza e va rispedito con viaggio di sola andata al mittente. Altro sul Corriere? Marzio Breda intervista Giorgio Napolitano che fa un gol per il governo di Matteo Renzi: “Sosterrò il sì al referendum sulle riforme”. Diga di un paese che bruciava cassa durante la crisi finanziaria del 2011-2012, l’ex presidente della Repubblica gioca un ruolo di battitore libero di eccezionale importanza. Altro? C’è una notizia dall’Europa: “Nessun italiano con Juncker. Roma protesta”. Ok, protesta, ma alla fine il risultato è questo: “Le dimissioni di Zadra dalla squadra del presidente dopo i contrasti con il capo di gabinetto tedesco. Gozi: inaccettabile, è una questione di opportunità. Palazzo Chigi: iniziare il 2016 così non facilita i rapporti”. Vero, situazione imbarazzante, ma se prima affermi che l’Europa è un covo di “tecnocrati e burocrati” e tratti Juncker come l’usciere di Palazzo Chigi (Matteo Renzi, 4 novembre 2014: “Non vado a Bruxelles a farmi spiegare cosa fare e l'ho spiegato anche a Barroso e Juncker”), il minimo che ti può capitare è che il capo dei burocrati ti escluda dal governo dei burocrati. Disse Confucio: “Ciò che non vuoi che sia fatto a te, non farlo agli altri”.
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Andiamo avanti. Cosa fa Repubblica? Prima diamo una controllatina alla testata per verificare chi firma il giornale: Scalfari è ancora (e resterà) Fondatore, il direttore è sempre Ezio Mauro. Calabresi arriverà. Titolo d’apertura: “Lite sui migranti, vertice Ue. Notte di paura a Colonia”. Il titolare di List ne ha segnalato già ieri il decesso: il trattato di Schengen è morto. Altro dal taccuino degli appunti? C’è un pezzo di Ferdinando Giugliano, editorialista Brit che List segue con grande interesse. Scenario sui mercati e passaggio sul ponte levatoio: “…I rendimenti sui titoli di Stato, che misurano tra le altre cose il rischio di default di un governo, si sono marginalmente abbassati”. Default di un governo. Sicuro? L’insolvenza sovrana è dello Stato, non di un governo, che in Italia è uno degli organi costituzionali. La notizia economica per il nostro paese in ogni caso è un’altra: l’inflazione allo 0,1 per cento, numero che riporta indietro il calendario al 1959. Ottimo? No, pessimo. Daniele Manca sul Corriere della Sera: “La Bce deve combattere pressoché da sola contro troppe spinte al ribasso: il petrolio, ma anche la digitalizzazione che contribuisce a far scendere i costi della produttività. E ancora, Paesi che invecchiano e che quindi hanno una popolazione meno propensa al consumo. Disoccupazione e lavori di bassa qualità o a part time. Una tecnologia pervasiva che frena la creazione di nuovi impieghi. E per l’Italia in particolare, inflazione a zero significa anche un aumento del valore reale del debito. Una sorta di tempesta perfetta che non può non spaventarci e che ci spinge paradossalmente a spendere meno, invece di godere della stagione di prezzi bassi”. Che fa la Stampa con il nuovo direttore? Maurizio Molinari becca la prima notizia della sua direzione: “Unioni civili, timori Pd sul Quirinale”. Il titolo è netto, dunque il fatto è ben verificato e susciterà una certa agitazione sul Colle, vista la prudenza istituzionale (e lessicale) del presidente della Repubblica. La legge sulle unioni civili è nitroglicerina politica e, inoltre, Mattarella è un giurista che fa del formalismo costituzionale la sua missione, ma è anche uomo di grande cultura cattolica. Non a caso Marcello Sorgi scrive un commento sul “ritorno della questione cattolica”. Il passaggio delicato c’è, l’esito lo vedremo presto. La Stampa spiega che non ci sarà un “intervento preventivo da parte di Sergio Mattarella ma il Capo dello Stato soppeserà tutti i delicati aspetti sul terreno rigorosamente costituzionale”. Come dire, cari democratici, siete avvisati. Vediamo se il Quirinale in giornata fa una nota, una dichiarazione per interposta persona o lascia correre. Facciamo un giro di titoli. In filodiffusione Carlino-Nazione-Giorno mettono il dito nella piaga di Bruxelles: “L’Europa licenzia l’Italia”, il caso del burocrate italiano nel governo dei burocrati. Il direttore Andrea Cangini centra il punto: “Possiamo indignarci finché ci pare, ma prendersela con i tedeschi in questo caso non serve a nulla. Peggio, è dannoso”. Achtung.
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Il Giornale è in fase Wilma, passami la clava, ma l’argomento è in agenda e l’apertura ci sta tutta: “L’Italia diventa un campo profughi”. Da leggere il pezzo di Annalisa Chirico sullo sdoganamento della lacrima al maschile, quella di Barack: “Obama ha lacrima (molto) facile”. In effetti, il presidente s’era fatto venire i lucciconi anche ascoltando Aretha Franklin la settimana scorsa ai Kennedy Awards. Anche Libero si occupa di immigrazione e ha un caso da giustizia in guanti bianchi: “Il pm dorme, scafista liberato”. Leggiamo il catenaccio: “Arrivato da clandestino nel 2011, l’abbiamo tenuto in quanto «meritevole di protezione». Arrestato per traffico di esseri umani, siamo costretti a scarcerarlo per un errore dei giudici. E lui è già sparito”. Storiaccia. E’ arrivato il momento del caffè ar vetro, prendo il Messaggero: “Più poteri su appalti e banche”. E’ un’intervista a Raffaele Cantone, presidente dell’Autorità anticorruzione, che segnala lo scantonamento della sua struttura rispetto all’ordinamento italiano. La crescita abnorme dell’Anac è un caso di ipertrofia politica da sostituzione dei poteri. Toc toc, c’è qualcuno in Parlamento che vuole occuparsene seriamente? Cose economiche da leggere? C’è il rimbalzo, perbacco. MF titola così: “Pechino interviene, Milano rimbalza”. Il Sole 24 Ore chiosa la giornata: “Le Borse provano il rimbalzo”. Tutto qui? No, il Sole ha un titoletto da allacciate le cinture, una delizia, tra le tante, per il contribuente italiano: “Sanzioni fiscali a rischio caos sul «favor rei»”. Sintesi: “Sul calcolo delle sanzioni in misura più favorevole al contribuente per gli atti non definitivi emessi dal Fisco entro il 31 dicembre 2015 si rischia il caos. L’applicazione del «favor rei» rende opportuna la presentazione di un’istanza di autotutela ma non esclude il ricalcolo degli importi a cura del contribuente”. Serve un’aspirina. Buona giornata.
L’idrogeno letale di Kim. L’anno nuovo inizia alla grande: la Corea del nord ha fatto detonare la sua prima bomba all’idrogeno, provocando un movimento sismico di magnitudine 5.1 gradi. Il regime di Kim Jong un si segnala come il più pericoloso e incontrollabile sulla faccia della terra. Il Giappone e la Corea del sud hanno già reagito duramente. Cosa farà la Cina? Quello che c’è da sapere sulla bomba all’idrogeno di Kim lo spiega Vox. Chi vuole una fonte ben informata sulla Corea del nord può seguire 38 North, un sito di informazione molto dettagliato che ha pubblicato le immagini satellitari sul sito di Punggye-ri che mostrano lo scavo di un nuovo tunnel per i test nucleari.
Risposta della Cina al compagno Kim. Via Agi: “Ferma condanna di Pechino al test nucleare annunciato dal regime di Pyongyang: la Cina - ha fatto sapere una portavoce del ministero degli Esteri - si oppone "formalmente" al test e ha chiesto al regime nordcoreano di evitare azioni che "peggiorino la situazione", mantenendo il suo impegno alla denuclearizzazione della penisola coreana. "Il governo cinese si oppone formalmente" al test, che è stato realizzato "nonostante l'opposizione della comunità internazionale", ha dichiarato la portavoce, Hua Chunying, nel corso di un incontro con la stampa”. E ora che si fa?
La guerra, il terrorismo e il governo arcobaleno. Sul Corriere Paolo Gentiloni scrive una risposta alle critiche avanzate ieri da Angelo Panebianco sulla politica estera del governo Renzi (che ha commesso “due errori strategici”) e spiega perché i bliz militari non lo convincono: “Non ho alcuna indulgenza verso interpretazioni sociologiche (del resto alcuni degli attentatori erano tutt’altro che “poveri”) ma ne ancora meno verso chi tuttora predica l’illusione di risolvere con qualche brillante azione militare la sfida che abbiamo davanti. Paghiamo ancora, dopo 15 anni, le conseguenze di guerre lampo che avrebbero dovuto cancellare la minaccia terroristica”. Quindici anni. Gentiloni si riferisce alle guerre in Afghanistan (2001) e in Iraq (2003). Il tema meriterebbe un lungo capitolo di analisi, in ogni caso, una sola domanda, semplice e brutale: Ramadi in Iraq è stata liberata da Isis con la diplomazia o i raid aerei di Russia e Stati Uniti, le truppe i tank dell’esercito iracheno? Nell’attesa di una risposta, bisogna leggere anche un intelligente e affilato editoriale di Pierluigi Magnaschi su Italia Oggi. Il direttore prende le mosse proprio da Panebianco e sferruzza un pezzo che sì, dice che Renzi ha fatto bene a tenersi fuori dal conflitto, ma in realtà è un atto d’accusa all’assenza di una visione comune di un’Europa di cui è meglio non fidarsi: “Renzi non ha negato la sua solidarietà anche militare alla coalizione che si stava formando, ma, al contrario di tutti i politici italiani che lo hanno preceduto, sempre allineati ai desideri dei potenti di turno (Berlusconi, in Libia, andò addirittura contro gli interessi nazionali da lui stesso imbastiti e contro Gheddafi che era un suo alleato, quanto meno economico e, se non altro, dirimpettaio) Renzi, dicevo, ha risposto, pubblicamente, ad Hollande, in questo modo: l’Italia parteciperà all’iniziativa bellica contro l’Isis a condizione di sapere: 1) quali sono i paesi che faranno parte di questa coalizione; 2) in che cosa consiste questa guerra (chi bombarderà chi, con quali mezzi e per quanto tempo); 3) che cosa si farà una volta che la guerra sarà finita. Un premier che mette le carte in tavola in questo modo, non è un provocatore ma, molto semplicemente, è solo un premier e non un lacchè”. Bel dibattito. Nel frattempo, con Isis che si espande in Libia, resta sospesa la vecchia domanda del compagno Lenin: che fare?
Cameron ha l’appoggio di Merkel e della Csu. Il premier britannico andrà alla conferenza annuale del partito alleato della cancelliera tedesca. Risiko: l’Italia critica Berlino e dice di stare con Londra, la Germania e l’Inghilterra si mettono d’accordo. Domanda diplomatica: dov’è l’errore?
Volevano uccidere Nigel Farage? La storia del sabotaggio dell’auto non è proprio convincente. Ma la storia personale di Farage e dei suoi scampati pericoli è comunque avvincente.
Borsa, occhio a Apple. I mercati stamattina hanno aperto tutti male. Tra i titani, bisogna tenere d’occhio il titolo di Apple. Le vendite di iPhone cominciano a calare. Il Nikkei – citato dall’Agi – dice che “Apple intende tagliare di circa il 30 per cento la produzione dei suoi iPhone 6s e 6s Plus nel prossimo trimestre, a causa dell'aumento delle giacenze di magazzino. E' quanto riporta il Nikkei, determinando un calo del 2,5 per cento del titolo Apple rispetto agli apici dello scorso aprile”.
Toyota e i robot su strada. Il più grande costruttore di automobili del mondo (podio conteso con Volkswagen) ha ingaggiato nel suo staff di ricerca l’ex capo di Google per la robotica.
6 dicembre. Nel 1768 viene pubblicata la prima edizione dell'Encyclopædia Britannica. Sempre meglio di Wikipedia.
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