Il premier Matteo Renzi (foto LaPresse)

Fatti, commenti, appuntamenti del giorno presi dal taccuino di Mario Sechi

Renzi, le unioni civili e la dura realtà della spaccatura del Pd

Mario Sechi
Il premier ha delegato la legge alla fazione più progressista del partito. La rottura interna ai dem ne è il diretto risultato. Esteri: Che fine ha fatto l’accordo con la Turchia per il controllo delle frontiere? Fatti, commenti, appuntamenti del giorno presi dal taccuino di Mario Sechi

    San Felice da Nola. Definito martire, non fu mai ucciso.

     

    Titoli. Tirare con la cerbottana mirando a Merkel e Juncker e poi scoprire che il tuo problema non è a Bruxelles, ma in casa tua. La lezione dell’impaginato odierno è questa ed è moltiplicabile e trasferibile su altre situazioni in cui il governo Renzi – senza che gli fosse stato chiesto o imposto – s’è messo con le sue mani. Sulla Libia, senza avere una strategia oltre il negoziato diplomatico (utile, ma non sufficiente) Roma ha rivendicato il primato, salvo poi scoprire che la politica mediterranea della Francia di Hollande non è diversa da quella di Sarkozy, semmai più determinata, perché la strage del Bataclan non è un esercizio retorico, è sangue che fu sparso a Parigi un venerdì di novembre, pochi mesi fa. Lasciare l’iniziativa sulla legge delle unioni civili alla fazione in progress, quella che si sente investita del dovere di abbattere tutti i totem e i tabù – anche quelli necessari a tenere in piedi un minimo di ordine sociale – non era un’imposizione. Ma si è lasciato fare, perché la buona società lo richiedeva. Poi è arrivata la realtà. E quell’esercito di progressisti si è rivelato una patacca prima con i balbettamenti multiculti sulla turpe notte mediorientale di Colonia e ora con la spaccatura nel Partito democratico sulle unioni civili. Robetta? Può darsi, ma c’è da pensare, visto che il Pd è l’unico partito (o qualcosa di simile) rimasto sulla scena politica. Primo caffè, Corriere della Sera: “Unioni civili, il caso si riapre”. Catenaccio: “Offensiva dei cattolici pd, ma il partito non accetta lo stralcio delle adozioni”. Tutto a posto? Leggere con attenzione il pezzo di Francesco Verderami: “Blitz di Renzi: pronti sei nomi per il governo”. Passaggio rivelatore: “Non è un caso che la «ristrutturazione» - prevista per il 21 gennaio - sia stata calendarizzata per il giorno seguente al responso di Palazzo Madama sulle riforme. Lo si intuisce dal modo in cui l'altra notte il sottosegretario Lotti, in un vorticoso giro di telefonate, spiegava ai suoi interlocutori che «è il momento di definire gli incarichi di governo e di chiudere questa storia. Perché poi dovremo impegnarci nella campagna referendaria».”. Ergo, tenere in linea Ncd (con Alfano non sarà difficile), mettere il bostik alle minoranze del partito, contare sempre su Verdini (un tipo concreto che non lavora per la sola gloria).

     


    Ezio Mauro ed Eugenio Scalfari


     

    Altro? E’ giorno di celebrazioni e addii, di dolci ricordi, di battaglie, di ferite, di epiche giornate. Quarant’anni di Repubblica, spalla su Repubblica: “Scalfari e Mauro. La storia di 40 anni di Repubblica”. Dialogo tra il fondatore e il direttore, dettagli prossemici emergono nel pezzo di Simonetta Fiori: “Il fondatore siede su una poltrona, il direttore Ezio Mauro di fianco sul divano”. Ok, notizie? Apertura sull’allegra brigata democratica: “Rivolta nel Pd sulle unioni civili: no alle adozioni”. Dov’è l’Europa? E’ sulla Stampa che ha intervistato Pierre Moscovici, commissario Ue per l’Economia, che avvisa Renzi: “L’Italia ci critica e non capisco perché, è il Paese che ha avuto di più in termini di flessibilità sui conti pubblici. Il compromesso è più efficace del conflitto”. Sempre sul giornale di Torino leggiamo la novella sull’imminente discussione di Palazzo su un altro “salto culturale”: “Eutanasia, per la prima volta la legge arriva in Parlamento”. In pagina restano una spruzzata di Obama, il velo con le poesie di Adonis, l’art director (Gramellini), il cancro e la luna, l’americana uccisa a Firenze. Notizie di cronaca dal Piemonte, cose che accadono a Torino? Zero. Facciamo un giro di titoli. Libero fa la vignettona di Benny sul trappolone di Renzi (così è descritto da Franco Bechis) a Grillo: “Truffa ai cinque stelle”. Il Giornale ha letto un po’ di sondaggi e fa la sintesi: “Renzi al minimo storico”. Carlino-Nazione-Giorno hanno il titolo giusto sugli Esteri: “Libia, Parigi contro l’intesa”. Nel frattempo a Roma, si discute come sempre di una cosa sola: come estrarre soldi dal sistema pubblico con il minimo impegno. Il prefetto-commissario Tronca vuole troncare il salario accessorio che esce in automatico senza prestazioni degne di questo nome, sulla spalla del Messaggero compare un’intervista del sottosegretario Angelo Rughetti: “Roma, sui salari niente sanatorie si scelga il rigore”. Rigore? Macché, ecco la soluzione in vista: “Nel concreto la soluzione che sta emergendo è quella di alzare la parte fissa del salario accessorio, riducendo quella variabile. Anche perché Roma nel confronto con le altre città italiane ha una quota di retribuzione variabile più elevata”. Era variabile? Diventa fissa, cribbio. E’ il monito del Rughetti che anticipa l’esito della vicenda capitolina: “Ma una cosa deve essere chiara. La soluzione non deve mettere in forse la meritocrazia. I premi legati alla produttività non potranno andare a tutti”. Olè, todos caballeros. Altri soldi pubblici da bruciare? Su MF Claudio Costamagna, dominus di Cassa depositi e prestiti: “Cdp può essere regista di una cordata italiana per l’Ilva, non possiamo lasciarla morire”.  I soldi delle Poste nell’altoforno. Cosa fanno al Sole 24Ore? Registrano l’operazione di potere (dove Renzi è maestro) e lo slittamento: “Partecipate non quotate, controllo a Palazzo Chigi. Ma slittano i decreti Pa”. Se è pubblico, il paradiso (l’efficienza e la responsabilità) può attendere. Buona giornata.

     

    Produzione industriale. Per sapere, per capire. Oggi l’Istat pubblica i dati sulla produzione industriale di novembre 2015. Saranno attaccati alla Jeep di Marchionne.

     

    Ue, immigrazione e Turchia: molti soldi pochi fatti. Che fine ha fatto l’accordo con la Turchia per il controllo delle frontiere? Le cose vanno male, il Foglio aveva espresso i suoi dubbi, e ora gli stati pensano di chiudere (un po’) il rubinetto. Via Politico.

     

    Che fa la Grecia? Lo scopriremo dopo la riunione dell’Eurogruppo. I ministri delle Finanze si incontrano per fare il punto sulla Grecia, Cipro e vedere con il Fondo monetario internazionale che cosa accadrà nel 2016 all’economia dell’Eurozona. Altro in agenda? Le insolvenze…

     

    Al Jazeera in America non va. Il 30 aprile la televisione satellitare del Qatar chiuderà le trasmissioni del suo canale americano. Tre anni dopo, la realtà ha messo in fila i fatti: non basta andare in onda, bisogna avere qualcosa che riesce a catturare il pubblico.

     

    Zeiss Glass. L’errore che ha commesso Google con i suoi occhiali intelligenti, non l’ha fatto Zeiss. Perché? Non hanno fatto un oggetto per nerd, ma un paio di occhiali. Così la pensa Wired.

     

    14 gennaio. Nel 1927 l’Iraq ottiene l’indipendenza dalla Gran Bretagna.

     

    Re Faisal d’Iraq a Parigi nel 1919. Il primo militare in divisa a destra nella foto è T.E. Lawrence.