Matteo Renzi con Abdel Fattah al Sisi (foto LaPresse)

Fatti, commenti, appuntamenti del giorno presi dal taccuino di Mario Sechi

La verità è che il caso Regeni non cambierà le nostre relazioni con l'Egitto

Mario Sechi
L'omicidio del giovane dottorando italiano al Cairo non sposterà una virgola: troppo grandi i nostri interessi in Libia e i legami di Sisi col governo di Tobruq. Fronte economico: cala la manifattura secondo l'Istat. Fatti, commenti, appuntamenti del giorno presi dal taccuino di Mario Sechi
    Sant’Agata.

     

    Titoli. Una morte orribile che attende una verità plausibile da un paese (im)possibile. Un banchiere centrale che si batte per la sopravvivenza dell’Unione europea. Le primavere arabe che sono diventate inverni. Il sogno della pace dell’Europa che sfuma nell’emergenza economica e demografica. Africa, Europa. Nord-Sud. Primo caffè, Corriere della Sera: “Torture, botte: così è morto Giulio”. E’ la storia di Giulio Regeni, lo studente italiano ucciso a Il Cairo. Sapremo mai cosa è successo? Una versione il governo di Sisi la darà. Sarà anche quella vera? L’Egitto non è una democrazia, Sisi non è Churchill, i servizi segreti egiziani non sono le dame di San Vincenzo. Italia e Egitto continueranno a essere alleati anche dopo questo fatto tragico. Chi oggi chiede grandi levate di scudi da parte di Roma, respiri profondamente: in Libia il lavoro sporco per noi e gli altri paesi lo stanno facendo gli egiziani. Noi raffreddiamo le relazioni con l’Egitto? Davvero? Allora è meglio che si legga prima con attenzione l’editoriale sul Corriere di Franco Venturini che racconta come le guerre in Siria e in Libia siano ormai intrecciate, con i protagonisti che passano da un teatro all’altro: “Se la situazione in Siria è disperante e annuncia nuove ondate di profughi diretti in Europa, il braccio di ferro libico è per noi ancor più minaccioso. G li americani sono stati i primi ad ammettere che l' Isis ha raddoppiato in Libia le sue forze portandole a 5/6 mila uomini, e John Kerry ha escluso che gli Usa possano assistere passivamente «alla nascita di un finto Califfato che punta a impadronirsi di miliardi di petrodollari». Le indiscrezioni su pezzi grossi dell' Isis che sarebbero fuggiti dalla Siria per rifugiarsi a Sirte, poi, sono frutto di un abbaglio: l'Isis ora punta anche sulla Libia, e vi manda chi è utile al suo disegno. Come fermare allora questi tagliagole che la vicinanza induce talvolta a minacciare Roma? Esiste un progetto, al quale l'Italia ha molto contribuito. Si spera che lunedì o martedì un nuovo governo unitario venga presentato all' approvazione del Parlamento di Tobruk (la prima compagine è stata bocciata). E si spera che stavolta ce la faccia. Anche perché nei giorni scorsi è sceso in campo un mediatore segreto, il presidente egiziano Sisi, che ha convocato al Cairo il suo protetto generale Haftar e gli ha imposto di incontrare il premier in pectore Fayez al Sarraj. Cosa che Haftar ha subito fatto”. Eccolo qua, il collegamento, the Egyptian Job. Andiamo avanti, che fa Repubblica? Apre sull’omicidio al Cairo, ma la cosa da decrittare è il colloquio di Eugenio Scalfari con Laura Boldrini. Ta-dà, il Fondatore e la Madonnina del Pianto, Barbapapà e la Presidenta. Notevole. Che dicono? Scrive Scalfari: “Il tema che volevo discutere con lei era quello dell’Europa che da tempo è diventato dominante nella sua mente ed anche nella sua missione politica”. Perbacco, bisogna proprio sentire la Boldrini sul tema, fondamentale come Marguerite Yourcenar lo fu con le Memorie di Adriano. Bene, ma che dice lei, Laura? Cose grosse: “La bandiera europea deve venire per prima; quella nazionale è importante ma viene dopo. E gli inni. Mameli va benissimo, nella nostra storia come la Marsigliese è la storia della Francia, ma l' Inno alla Gioia è l'Europa e deve essere suonato per primo in tutte le pubbliche circostanze”. Di fronte a tanta profondità di pensiero, il titolare di List ordina un caffè ar vetro e prende il Messaggero che ha un titolo consolante sull’immutabile tran tran romano: “Sindacati e ambasciate, altri cento affitti nello scandalo di Roma”. Ottimo. Diamo un’occhiata alla Stampa del Molinari che è l’unico a fare un titolo netto, che va in una precisa direzione sulla storia del ragazzo italiano ucciso in Egitto: “Giulio, polizia egiziana sotto accusa”. Altro? Giro di titoli, al volo. Il Giornale: “Qualcuno ci sta rubando i soldi”. E’ un titolo che si riferisce alle parole di Mario Draghi e alla speculazione finanziaria. Complotto? No, è il mercato e si vede benissimo chi fa che cosa e dove punta. Libero: “Noi perdiamo i soldi. Loro se ne fregano”. Qui invece si parla delle quotazioni dei titoli bancari e “loro” sono i parlamentari che ieri hanno presenziato in massa al question time con il ministro dell’Economia Padoan che parlava, appunto, di banche: erano presenti al Senato in otto. Clap clap clap. Carlino-Nazione-Giorno: “Draghi: batterò chi cospira”. Ci mancava anche la cospirazione. Money? Su MF c’è un titolo incoraggiante sulle virtù del mercato: “Opa Ansaldo fi nisce in Procura”. Strana storia. Il Sole 24Ore ha un titolo su cui vigilare nei prossimi giorni: “Garanzie sugli Npl: decreto banche rinviato”. Se ne parla la prossima settimana. Buona giornata.

     

    Manifattura, ripresa incerta. Per sapere, per capire. Leggere cosa dice l’Istat nella sua nota mensile sull’andamento dell’economia italiana: “L'incertezza sull'intensità della ripresa dell'attività manifatturiera è attesa estendersi ai prossimi mesi. Nonostante l'incremento registrato a novembre, gli ordinativi hanno segnato una riduzione congiunturale nel trimestre settembre-novembre (meno 1,8 per cento) a causa delle forti riduzioni delle commesse estere (meno 3,3 per cento)". A gennaio "anche il clima di fiducia delle imprese manifatturiere è risultato in lieve diminuzione, caratterizzato dal peggioramento dei giudizi sugli ordinativi e sulle attese di produzione, in particolare per i beni intermedi". Allacciate le cinture.

     

    Come affrontare la crisi dei migranti? The Economist prova a fornire risposte e proposte.

     

     

    Petrolio giù, si salvi chi può. La forte dipendenza dai ricavi petroliferi sta mandando molti paesi sull’orlo del fallimento.

     

    Il crollo di Credit Suisse. Il titolo è sprofondato e bisogna tornare indietro a 24 anni fa per trovarlo così in basso.

     

    5 febbraio. Nel 1887 viene rappresentato per la prima volta al Teatro alla Scala di Milano l'Otello di Giuseppe Verdi.