Fatti, commenti, appuntamenti del giorno presi dal taccuino di Mario Sechi
L'omicidio di Jo Cox è l'immagine delle lacerazioni europee
L'assassinio della deputata laburista mette tutti noi davanti all'ineluttabilità della contemporaneità: non si entra o si esce dall'Europa perché, lo si voglia o no, questo luogo ce lo ritroviamo tutti i giorni di fronte allo specchio. Fatti, commenti, appuntamenti del giorno presi dal taccuino di Mario Sechi
Santi Blasto e Diogene, martiri.
Titoli. Il volto di una giovane donna. Sorride. Ha le mani giunte. Si chiama Jo Cox. La prima pagina del Daily Telegraph è il quadro di questa storia. Morte nel pomeriggio inglese. La vita spezzata di Jo Cox è una inestimabile perdita di vita, di senso, di civiltà. E’ un trauma sulla campagna referendaria inglese, un passaggio buio nella storia della democrazia britannica. Guardate questa donna:
Oggi la bandiera inglese è a mezz’asta.
Sui giornali italiani l’assassinio della deputata inglese è la notizia principale, (Corriere della Sera: “Sangue sulla campagna anti-Brexit”; Repubblica: “Brexit, sangue sul referendum. Uccisa donna simbolo del Labour”; La Stampa: “Londra, sangue sul referendum”; Il Messaggero: “Sangue su Brexit, uccisa deputata”; Il Foglio: “Referendum a sangue freddo”) perché non è una campagna referendaria come tante altre che abbiamo visto, è davvero un passaggio decisivo per il futuro dell’Unione europea. Che tragedia per il Regno, mai così disunito. In questo scenario, c’è il degrado del dibattito pubblico, l’incisione profonda degli organi vitali della politica come arena di confronto duro ma leale, la fine dell’èra del Grande Discorso, la sua degradazione a trincea maleodorante dove spesso si confrontano i peggiori. L’Inghilterra finora ha dato qua e là segni di cedimento, rottura della tradizione, ma ha resistito all’ondata dell’ignoranza totalitaria travestita da democrazia. L’assassinio di Jo Cox è una lacerazione, un trauma, ma Britannia continua ad essere una fortezza di libertà e democrazia. Sono le ferite del Vecchio Continente, quelle più profonde. La Francia è un grande malato che ha le convulsioni, la Germania è un’isola, l’Austria è tornata ad essere quello che il principe Alexander Gorchakov, ministro degli Esteri dello zar, apostrofava così: “L’Austria non è uno stato, è un governo”, la Spagna certificherà la sua crisi esistenziale nelle elezioni politiche del prossimo 26 giugno, tre giorni dopo il referendum inglese, l’Italia è eternamente allegra e cupa, divisa in guelfi e ghibellini, la Polonia è un gigante prigioniero dei suoi fantasmi, i Balcani restano i Balcani, la Russia è di nuovo lontana, l’inespugnabile Mosca. I nostri settant’anni di pace sono a rischio e per questo bisogna avere il coraggio di guardare alla storia, coltivare la memoria, immaginare il futuro, trovare nuove soluzioni di governo e cooperazione, ricordare il benessere reale e il deficit da colmare, cercare e creare spazio per la politica, difendere l’Europa. Senza questa idea, all’orizzonte alla fine galopperanno solitarie le armate dell’inevitabile, il doloroso presagio che Albert Einstein e Sigmund Freud avevano messo nero su bianco tanti decenni fa in un luminoso carteggio: perché la guerra? L’Europa non è solo un fatto economico (Il Sole 24Ore: “Brexit, corsa ai beni rifugio”; MF: “Per le Borse Brexit più lontana”), una storia di successo e prosperità, ma l’ineludibile realtà della nostra contemporaneità. Non si entra o esce da questo luogo, perché alla fine lo ritroviamo tutti i giorni di fronte allo specchio: siamo noi. Buona giornata.
Brexit, i sondaggi. Come vanno le quotazioni di "leave" e "remain"? A sei giorni dal voto, l’uscita del Regno Unito dall’Unione europea secondo i dati dell’Economist è in vantaggio di 2 punti, 44 a 42.
Commercio estero. Per sapere, per capire. Oggi l’Istat pubblica i dati sul commercio estero e i prezzi all’import di Aprile 2016.
Consiglio Italia-Usa. Comincia oggi a Venezia, all’Hotel Excelsior. La conferenza internazionale è un appuntamento importante che quest’anno cade tra il referendum inglese e le elezioni americane. Qui l’agenda.
Stati Uniti-Arabia Saudita. Incontro oggi a Washington tra il presidente Barack Obama e il principe saudita Mohammed bin Salman. L’Arabia Saudita è a un bivio: dipende dal petrolio, cerca un futuro in un mondo che nei prossimi trent’anni consumerà meno petrolio. La cooperazione con gli Stati Uniti è fondamentale, ma la potenza regionale (ri)emergente si chiama Iran.
Obama e la Siria. A proposito del presidente americano: decine di funzionari del Dipartimento di Stato hanno firmato un documento riservato che critica la strategia della Casa Bianca sulla Siria e chiede un intervento militare aereo contro Assad. Troppo tardi, il game changer si chiama Vladimir Putin.
Croazia, governo ko. Il primo ministro Tihomir Oreskovic è andato sotto nel voto di fiducia. Elezioni. Follow the money.
17 giugno. Nel 1579 Francis Drake reclama la California in nome dell'Inghilterra.
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