Fatti, commenti, appuntamenti del giorno presi dal taccuino di Mario Sechi
I mercati tentano di reagire alla Brexit
Sant’Ireneo, vescovo.
Titoli. Perché la Brexit? Basta leggere i giornali inglesi.
Il loro racconto della realtà è completamente diverso rispetto a quello delll’Europa continentale. I tabloid hanno svolto un ruolo decisivo per l’affermazione del Leave e quando una potenza pop come il Sun si schiera per una causa – giusta o sbagliata – allora si capisce da che parte si orienta (e disorienta) la massa. Con la sola eccezione del Daily Telegraph, i quotidiani oggi sono concentrati sulle battaglie interne tra conservatori e laburisti, non sono interessati alle sorti del Regno Unito nell’Unione. Perfino il Guardian si dedica alla contesa per la sostituzione del primo ministro. La direzione di marcia del Regno DisUnito è considerata ormai un fatto che non fa notizia, trascurabile rispetto al prossimo inquilino del numero 10 di Downing Street. E in questo colpo d’occhio c’è tutta l’isola d’Inghilterra, la sua pazzia che oscilla tra bene e male. Per sapere, per capire, per avere un quadro completo è necessario leggere il Financial Times:
Qui emerge il disperato tentativo di David Cameron e George Osborne di tenere il Regno Unito ancora agganciato all’Unione, la mossa di ritardare, aspettare, far calmare le acque e soprattutto i mercati. E al centro della pagina c’è la realtà: gli hedge fund scommettono contro la sterlina, pensano a un rapido deterioramento dell’economia inglese. Stamattina c’è un lieve recupero, i mercati tentano il rimbalzo, si spera in qualcosa… ma cosa? Gideon Rachman ha un’idea che frulla nella mente di molti: “Non credo che ci sarà la Brexit”.
E’ un articolo molto interessante, come sempre, e punta sul vero protagonista della campagna referendaria: Boris Johnson. Rachman ne fa un ritratto perfetto e mette in chiaro qual era il vero obiettivo dell’ex sindaco di Londra: la carica di primo ministro. Ottenuto lo scettro, Johnson, può accettare un secondo referendum, trattare con l’Unione europea un re-ingresso da una porta laterale. I segnali sono già arrivati l’altro ieri quando Johnson ha detto: noi siamo in Europa e continueremo ad essere nel mercato.
Quello che sta accadendo di notevole, a questo punto, riguarda l’assetto complessivo dell’Unione europea, i suoi cardini, le sue regole. Qui emerge la figura – nel bene e nel male - di Matteo Renzi:
L’Italia ha un problema grave e urgente con il suo sistema bancario. La capitalizzazione di Borsa delle banche italiane ha toccato livelli storici minimi, alcune hanno un portafoglio imbarazzante, pieno di crediti deteriorati più di quanto emerga dagli indici ufficiali, con margini di guadagno ridottissimi, un peso eccessivo dei titoli di stato nei loro bilanci, frammentazione e managament spesso di discutibile qualità. Come nota il FT con più di un pizzico di cattiveria, “l’Italia ha più banche che pizzerie”. Soluzione? Un piano di recupero (e salvataggio, all’occorrenza) orchestrato dall’Eurozona. E’ lo scoglio più grande incontrato da Renzi con Angela Merkel e soprattutto Wolfgang Schauble. Riuscirà il premier italiano a cambiare il vento tedesco? Non è semplice, ma il caos potrebbe dare una mano a Palazzo Chigi. Ma attenzione, prendere la Brexit come pretesto per far entrare lo Stato nel capitale delle banche italiane (di dritto o di rovescio) non è un’idea così brillante come qualcuno pensa. Marco Cecchini, sul Foglio, ha il cemento a presa rapida: “L’idea che oggi lo stato, con quattro anni di ritardo sugli altri paesi europei, impegni 40 miliardi per parare il collasso dell’industria bancaria non testimonia solo la vetta di gravità toccata dalla situazione, è l’ultimo atto di una storia di sottovalutazione, resistenze e incomprensioni. Un antico vizio italico quello di prendere sottogamba gli accordi internazionali. Un tic che in alcuni casi si rischia di pagare caro”. Uomo avvisato…
L’Italia è considerata l’anello debole del sistema, il FT l’ha sottolineato più volte in questi giorni, tanto da innescare una ferma risposta del nostro ambasciatore a Londra, Pasquale Terracciano, che oggi scrive una lettera al giornale della City:
L’ambasciatore Terracciano ha buone frecce al suo arco, con un solo gigantesco “buco nero” all’orizzonte, un evento per ora impossibile da prevedere, ma minaccioso: il referendum costituzionale di ottobre. Se Renzi perde, l’Italia piomba nel caos e addio stabilità.
Dopo tremila miliardi di dollari bruciati in due sole sedute di Borsa, la sterlina piombata al minimo storico da trentuno anni, la Scozia (e l’Irlanda del Nord) che cercano l’indipendenza (per restare nell’Unione europea), la Brexit della Nazionale di calcio dal campionato europeo per mano (meglio, piede) dell’Islanda, un’isoletta di soli 330 mila abitanti senza nessuna tradizione calcistica, la Grande Storia del Grande Errore degli abitanti dell’Isola d’Inghilterra si arricchisce di un episodio comico: cercano rifugio in un’altra isola, in Irlanda. Gli uffici consolari sono letteralmente sommersi di richieste e oltre sei milioni di inglesi con origini irlandesi hanno i requisiti per poterlo richiedere. Brexit dalla porta, Entry dalla finestra d’Irlanda.
Sui giornali italiani la Brexit continua a essere l’apertura, con sfumature diverse. L’attivismo italiano trova una felice declinazione sulla Stampa, con un’intervista al presidente della Repubblica Sergio Mattarella: “Nuova Europa, fare in fretta”. Intervistato dal direttore Maurizio Molinari, Mattarella dice che “l’Europa è ripiegata sui problemi della finanza e dei conti pubblici”. Vero, ma bisogna anche offrire un’alternativa politica. Restiamo in attesa. Il Corriere della Sera è concentrato sui mercati: “Borsa in caduta, Londra bocciata”. Il Messaggero registra il tocco sul pedale del freno: “Frenata sui tempi della Brexit”. Carlino-Nazione-Giorno avvisano la cancelliera in termini calcististici dopo la vittoria degli azzurri sulla Spagna: “Merkel, arriviamo”. Il Giornale fa i giri di campo con un titolo divertente: “Viene giù tutto. Tranne Conte”. Libero batte moneta: “Così l’Euro ci ha impoveriti”. Il Fatto Quotidiano è sempre in Procura: “Eni, complotto anti-De Scalzi. Pressioni sul giglio magico”. Repubblica bada al sodo, alle conseguenze reali della Brexit sul nostro sistema finanziario: “Brexit e scudo bancario, ecco le tre ipotesi allo studio del governo”. Dulcis in fundo, due giornali economici che danno esattamente la misura del problema italiano. MF fa questo titolo: “Banche ko, ora uno scudo vero”. Il Sole 24Ore la mette giù come si deve, con realismo: “Dossier banche, il nodo delle deroghe Ue”. La partita si gioca alla cassa, come sempre. Buona giornata.
“Gli inglesi si sono fatti male da soli”. Lo dice Manfred Weber, capogruppo del Ppe al Parlamento europeo. Weber è un politico tedesco di prima linea, considerato da molti come possibile futuro cancelliere della Germania. Weber è lapidario: “Il Regno Unito non ha leader, il popolo è diviso, la Scozia vuole restare nell'Ue, Boris Jonhson non vuole attivare l'articolo 50. Il Regno Unito si è fatto del male da solo con questo referendum". Non fa una piega.
Juncker dà il benservito a Farage. Durante la seduta il leader di Ukip applaude, il presidente della Commissione passa direttamente all’inglese e sentenzia: “E' l'ultima volta che lei applaude qui. Avete preso una decisione, e ora ne accettate le conseguenze". Wow.
Banche centrali in Portogallo. Secondo giorno di lavori del Forum della Bce a Sintra, in Portogallo. Mario Draghi ha fatto il discorso di apertura e chiesto un allineamento delle politiche delle banche centrali. Via Agi: “Le banche centrali globali hanno responsabilità comuni nel controllo dei prezzi e più in particolare ne controllo della la bassa inflazione, che è "una sfida comune". A tal fine "l'economia mondiale può beneficiare di un allineamento delle politiche monetarie. Possiamo non aver bisogno di un coordinamento, ma un allineamento ci sarebbe di beneficio. Con allineamento voglio intendere una condivisione delle diagnosi delle dinamiche delle sfide che ci riguardano tutti. E un impegno condiviso a basare le nostre politiche su queste diagnosi". Ecco il programma.
28 giugno. Nel 1519 Carlo V è eletto imperatore del Sacro Romano Impero.
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