David Cameron (foto LaPresse)

Fatti, commenti, appuntamenti del giorno presi dal taccuino di Mario Sechi

La tristezza di Cameron e l'irrazionale euforia dei suoi avversari

Mario Sechi
Il dramma esistenziale del Regno Unito post-Brexit, mentre va di scena la seconda giornata di discussioni a Bruxelles. Fatti, commenti, appuntamenti del giorno presi dal taccuino di Mario Sechi

    Santi Pietro e Paolo Apostoli

     

    Titoli. Kamikaze, Brexit e Banche. In tre parole impaginate dai giornali c’è quasi tutta la sfida contemporanea: il terrorismo islamista e il sogno sterminatore del Califfato, la crisi dell’Unione europea e la pazza vena dell’isola di Inghilterra, la necessità della finanza e le conseguenze dei suoi eccessi.
     

    L’attentato di Istanbul (Corriere della Sera: “Istanbul, bombe e spari sulla folla. Strage in aeroporto”) non sarà l’ultimo e la conta dei morti (oltre 30 nello scalo Ataturk) andrà avanti a lungo, la Turchia in questa sanguinosa partita a scacchi aperta dentro il mondo islamico è preda e predatore, partner affidabile e interlocutore ambiguo, frontiera dell’Europa libera e confine di una terra prigioniera, guardiano dell’occidente e satrapo dell’oriente. Istanbul è il luogo dove l’uomo europeo riconosce l’est, il suo magnetismo, i suoi sapori, le sue oscure e ammalianti visioni. Istanbul è non guardare in faccia il nemico, la guerra. Istanbul è la paura.

     

    E’ una inquietudine che percorre l’Europa e l’America, si traduce in incertezza politica, crisi istituzionale, perdita di consenso delle élite, ascesa dei partiti del rancore. La rottura del patto tra Regno Unito e Unione europea fa parte di questo stato d’animo, è il picco sismografico (e anche questo non sarà l’ultimo) di un fenomeno vasto, di un movimento continentale destinato in ogni caso – nel bene e nel male – a produrre cambiamenti. Ieri il vertice del Consiglio europeo ha certificato una profonda divisione (Il Sole 24Ore: “Europa unita contro Londra: subito fuori”) e nello stesso tempo una mano tesa a Londra, il tentativo di dare agli inglesi la possibilità di continuare a fare parte di una comunità, il tempo per trovare una soluzione alla gigantesca crisi costituzionale che si è aperta nel Regno. Ci riusciranno? E gli inglesi vogliono davvero questo? La lettura dei loro giornali non è così incoraggiante.

     

     

    Non c’è errore, c’è l’altro, il diverso, un mondo lontano. Il Financial Times titola su Cameron e l’incapacità dell’Europa di fronteggiare l’immigrazione. Vero. Ma per l’Europa continentale, non per l’isola d’Inghilterra. E dunque il vero è falso, perché la “paura” inglese per lo straniero è quella di un popolo che ha usato la leva dell’immigrazione come propellente per la sua nuova idea di industria, di slittamento rapido verso i servizi, braccia e menti che sono servite al cambiamento totale del suo sistema di produzione negli ultimi quarant’anni di storia. C’è Londonistan? Certo, ma la capitale è solida, cosmopolita e ha votato per il Remain. E allora c’è dell’altro, c’è lo scatto nervoso di un popolo che si ritrova senza una risposta alla domanda delle domande: chi siamo? E’ nell’edizione online del Financial Times che viene fuori, involontariamente la parola che definisce questo stato:

     

     

    “Sad Cameron”. Sad. Triste. Ecco, in questa tristezza – e nell’euforia irrazionale dei suoi avversari – c’è l’Inghilterra di oggi. E c’è un titolo che racconta questo paradosso esistenziale: “Les leader du Brexit piégés par leur victoire”, i leader della Brexit intrappolati dalla loro vittoria, titola il Monde. La Francia, altro grande malato. E l’Europa. Con la sua rabbia per aver subito lo schiaffo, il rifiuto, la negazione festeggiata a pinte di birra.

     

    Lo straniero e la banca sono diventati il capro espiatorio dello smarrimento dell’anima. Il lavoro e il denaro. Le braccia e l’oro. The Banker, il nemico. E’ paradossale che il luogo del mondo che ha costruito la sua fortuna presente sulla finanza, sia diventato anche il congegno a orologeria che fa tic tac, segna il tempo della fine di un’era di sviluppo rutilante. Brexit è cash, la cassa. La partita è allo sportello e per l’Italia è vitale. Le sue banche sono allo stremo, capitalizzazione ai minimi, governance da arabesco, management a spesso imbarazzante, margini di guadagno risicati, polverizzazione, il difficile e necessario mestiere di fare credito e avere credito. Il governo italiano preme sulla Germania per trovare una soluzione dentro l’Eurozona e non fuori, nei confini angusti di ogni singolo Stato. La Banca centrale europea la sollecita (Corriere della Sera: “Spinta di Draghi sulle banche”; La Stampa: “Il piano Draghi per salvare l’Europa”; Il Sole 24Ore: “Visco: useremo tutti gli strumenti a disposizione per sostenere le banche”), il tempo stringe, i mercati sono alla ricerca – tra crolli e rimbalzi – di un prezzo, stanno quotando il rischio, il futuro.

     

    L’Italia è il paese che rischia di più. Unicredit è la prima banca sulla linea del fuoco:

     

     

    Consiglio europeo, uno in meno. Seconda giornata di discussione, oggi a livello informale i ventisette capi di Stato – non ci sarà il premier britannico David Cameron - faranno il punto sulla Brexit. Erano ventotto, uno non c’è più.

     

    Corbyn? Avanti un altro. Nella crisi costituzionale del Regno DisUnito, Jeremy Corbin è la seconda vittima, insieme a David Cameron. La Brexit ha innescato la corsa alla nuova leadership nei conservatori e nei laburisti. Ieri Corbyn è stato sfiduciato in massa dal suo partito, ma ha annunciato: non mi dimetto. Dall’altra parte, Boris Johnson vede all’orizzonte la carica di primo ministro e leader dei Tories. Sono storie affascinanti e quella del Labour è, ancora una volta, la boa di segnalazione di uno scoglio più grande, riguarda l’intera sinistra europea, la sua ragione d’essere o non essere. Che cosa è oggi la sinistra? Ancora, siamo di fronte a personaggi in cerca d’autore. Avanti un altro.

     

    Scozia avanti tutta. La leader del partito nazionale della Scozia, Nicola Sturgeon, oggi alle 17 incontrerà il presidente della Commissione Ue, Jean-Claude Juncker. In mattinata, vertice con il presidente del Parlamento, Martin Schulz e i presidenti dei gruppi dell’assemblea. La Scozia è in fase di distacco. Via da Londra, direzione Bruxelles.

     

    Draghi a Sintra. Si conclude a Sintra il Forum della Bce. Era previsto un panel eccezionale di chiusura, ma la storia ha deciso di deviare. Janet Yellen e Mark Carney devono stare al timone della Federal Reserve e della Banca d’Inghilterra, la discussione con Draghi moderata da Jean-Claude Trichet non ci sarà. I signori del denaro sono alla catapulta del denaro. Segno dei tempi.

     

    Banche, rimborsi alla Camera. Montecitorio oggi affronta il voto finale sulla legge (già votata dal Senato) sui rimborsi ai risparmiatori che avevano investito in obbligazioni d Banca Etruria, Cassa di Risparmio di Ferrara, Banca Marche e CariChieti.  Avranno sei mesi di tempo per presentare la richiesta di rimborso, un patrimonio mobiliare inferiore ai 100 mila euro e meno di 35 mila euro di reddito complessivo riferito all’anno 2014. si valuteranno i redditi dal 2014 invece che del 2015. Così, chi ha perso i soldi investiti, avrà un rimborso, a prescindere dalla sua consapevolezza del rischio sottoscritto. Domanda: e gli altri italiani che investono, rischiano, comprano e vendono titoli? Loro sono tutti consapevoli? O dobbiamo considerarli tutti sprovveduti? Dilemma.

     

    29 giugno. Nel 1976 le Isole Seychelles ottengono l'indipendenza dal Regno Unito.