Il premier Matteo Renzi (foto LaPresse)

Fatti, commenti, appuntamenti del giorno presi dal taccuino di Mario Sechi

Difendere l'Europa, lavorare con il mercato. Ecco la soluzione giusta per Renzi

Mario Sechi
Se il sistema bancario italiano è sano come dicono, allora si cerchi una soluzione di mercato e non la carta dello stato. La partita sull'Italicum e quella sulla Brexit. Fatti, commenti, appuntamenti del giorno presi dal taccuino di Mario Sechi
    Santi protomartiri della Santa Chiesa di Roma

     

    Titoli. Dalla Brexit alla Renxit? No, ma in banca sta maturando qualcosa, con gli interessi, e se il premier italiano non trova una soluzione, il combinato disposto della cassa rovente e del referendum senza voti può fare di Matteo Renzi il leader auto rottamato più veloce della storia. La mossa di Renzi di presentare il dossier delle sofferenze bancarie nel pieno delle trattative sulla Brexit ha avuto l’esito temuto: Nein! Angela Merkel ha chiuso la porta. Nuove regole? Non si cambiano ogni due anni. Il fatto sui giornali italiani rimbalza come un martello sul piede del fabbro. Basta scorrere due o tre titoli. Corriere della Sera: “Sfida sulle banche tra Roma e Berlino. Renzi: noi in regola”. Repubblica: “Aiuti alle banche, Merkel frena Renzi”. Il Giornale: “E’ già Italia-Germania. Merkel trucca la partita”. Libero: “Merkel a Renzi: arrangiati”. Il Messaggero: “Banche, duello Merkel-Renzi”. La Stampa: “Merkel gela l’Italia. Non si cambiano le regole”. Serve altro? No, grazie, fermate tutto e premete il tasto reset. Il gioco deve ricominciare con un’altra strategia, perché a Bruxelles il governo italiano ha commesso tre errori. Primo: inserire il dossier banche nella Brexit; secondo: scarso lavoro diplomatico; terzo: il debito è nostro, non degli altri. E così la faccenda torna a casa con un capitolo finale all’orizzonte: le banche continueranno a bruciare capitale, il governo dovrà trovare una soluzione in extremis, comincerà un sell off massiccio sulla finanza italica, Renzi arriverà all’appuntamento referendario fiaccato da una battaglia titanica alla cassa e con il marchio di quello che ha salvato i banchieri, il nuovo nemico del partito del risentimento. E’ il peso della realtà per chi governa. E’ anche il frutto avvelenato della tattica di assecondare messaggi sbagliati sull’Europa e il credito. Andare sul terreno del movimento del vaffa, del partito della felpa e della ruspa, dell’ex forza di governo un tempo popolare e oggi smarrita (forse cambia, chissà), non aiuta.

     

    Soluzione? Difendere l’Europa, lavorare con il mercato. Prima di tutto separare il buono dal cattivo, il bilancio taroccato da quello genuino, convincere i banchieri a svalutare le sofferenze, quotarle a un prezzo credibile, perché è il mercato che sta dicendo che il prezzo è sbagliato. E poi? Se la casa brucia, non metti legna, butti acqua. Dunque stop ai dividendi dove in realtà non c’è trippa per gatti. Altro? Ricapitalizzazioni. Bisogna trovare i soldi che, tra l’altro, in giro per il mondo non mancano. Soldi pubblici? Rigiriamo la frittata e anche la domanda: c’è qualche banca che sta per fallire? Nessuno ha alzato bandiera bianca, non risulta, il mantra è sempre quello: il sistema bancario italiano è solido. Se è sano come dicono, allora si cerchi una soluzione di mercato e non la carta dello Stato. La storia dei crediti deteriorati delle banche italiane (npl, non performing loans) è una questione di lucciole e lanterne. Donato Masciandaro sul Sole 24Ore la riassume così: “La risposta giusta è stata quella svedese, sempre negli anni Novanta: distinguere in modo trasparente, e credibile le lanterne – le banche a rischio insolvenza – dalle lucciole – la zavorra dei crediti a rischio, modulando in modo diverso l’intervento dello Stato: Stato azionista per le lanterne, veicoli di mercato, indipendenti e credibili, ma monitorati dallo Stato, per le lucciole. In Svezia lanterne e lucciole si spensero in tempi e con costi unanimemente riconosciuti di successo. Il dibattito in Europa ed in Italia appare oggi purtroppo andare nella direzione opposta”. C’è un giro di capitali in corso: la Federal Reserve ha fatto gli stress test (le divisioni americane di Deutsche Bank e Santander non li hanno superati, Morgan Stanley deve mettere le mani al portafoglio), il Fondo monetario internazionale ha messo in guardia le banche tedesche (Il Sole 24Ore: “Fmi: banche tedesche vulnerabili”), il nuovo amministratore delegato di Unicredit dovrebbe essere designato a breve, con la regia della Bce, e la fine (meglio, la tregua) delle liti tra azionisti. Unicredit è considerata la banca sulla linea del fuoco e valutata come una di quelle che può porre un rischio sistemico. La situazione del titolo Unicredit in Borsa è la seguente:

     

     

    What else? Un caffè ar vetro e Il Messaggero: “Italicum, si riaprono i giochi alla Camera: riparte la sfida nel Pd”. Si sta profilando un cambio della legge elettorale. Non sarà un’iniziativa di Renzi, ma alla fine non sarà ostacolata da Renzi. Il doppio turno dell’Italicum sembra disegnato per consegnare Palazzo Chigi ai Cinque Stelle. Troppo, anche per un paese abituato a tutto come l’Italia. Anche questa è economia e finanza, perché il terzo debito pubblico del mondo – quello italiano – non può essere gestito da chi propone un referendum per l’uscita dall’eurozona. E a destra che dicono? Si gira sempre intorno al solito problema: che farà Berlusconi? La salvinizzazione dell’area moderata è stata un disastro. Fedele Confalonieri in un’intervista sulla Stampa riapre i giochi: “Berlusconi ritorni alla politica e aiuti il governo”. C’è un problema di linea politica, di programma, di idee. Come può un partito che in Europa siede nei banchi del Ppe essere alleato con Grillo sul referendum costituzionale? Non può. E infatti Confalonieri conferma di essere quello che ha le idee più chiare di tutti: “Berlusconi dovrebbe fare il coach, un po’ come Conte: non ha grandi talenti, ma ottiene ottimi risultati.  Chi vota Cinque Stelle o auspica accordi, ha letto i loro programmi? Ci sono proposte totalitaristiche”. Ottimo, benvenuti a bordo. Serve un passo successivo: Forza Italia deve sostenere il referendum costituzionale.

     

    E la Brexit? I mercati stanno riassorbendo lo choc e misurando il rischio futuro. La ripresa dell’indice FTSE 100 di Londra e il rialzo della quotazione della sterlina sono un’apertura di fiducia nel processo di separazione (consensuale) dall’Unione e l’ennesimo ok, no panic segnalato alle banche centrali. Tutto finito? No, perché gli analisti pensano che la sterlina subirà altri ribassi, dipende da come va il processo politico nel Regno Unito e in Europa.

     

    Disunited Kingdom. Conservatori e laburisti sono nel caos. Entrambi sono in cerca d’autore, cioè di leader. Boris Johnson ha una premiership futura non certa, il suo nemico più temibile si chiama Teresa May, ma anche Michael Gove, uno dei leader della campagna pro Brexit, poco fa ha deciso di correre per mettere su casa al numero 10 di Downing Street. Il Labour? E’ un partito prigioniero di Corbyn, sfiduciato dai suoi, non si dimette. E la Scozia come un gattone del nord sta facendo i suoi passi per l’indipendenza. Per ora, l’Unione europea – leggere alla voce Germania - ha premuto il tasto della lista d’attesa, sta dando tempo a Cameron e soci per mettere in piedi un’uscita ordinata.

     

    Obama e il populismo d’Europa. Dall’America, terra che ha partorito il fenomeno di Donald Trump, arriva l’invito dell’amministrazione americana: dovete abbassare il pedale dell’austerità per fermare il populismo. The Donald evidentemente sta facendo campagna elettorale in Messico.

     

    L’alleanza contro l’ignoranza. Su Foreign Policy c’è un articolo che ai benpensanti sembrerà una provocazione: “E’ l’ora per le elite di ergersi contro le masse ignoranti”. Oh, signora mia. Il pezzo è di James Traub, è tutto da leggere.

     

    30 giugno. Nel 1936 viene pubblicato Via col vento, di Margaret Mitchell. Domani è un altro giorno.