
Angela Merkel con Matteo Renzi (foto LaPresse)
Fatti, commenti, appuntamenti del giorno presi dal taccuino di Mario Sechi
E se fosse Berlino ad aiutare l'Italia sulle banche?
San Benedetto da Norcia.
Titoli. Signore e signori, il problema è ancora la cassa. Pagina 5 del Financial Times:
Il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan oggi sarà a Bruxelles per la riunione dell’Eurogruppo. Il negoziato con l’Unione europea per il varo di un piano di aiuti ormai è urgente. Le banche stanno bruciando cassa, sono a corto di capitale, pieni di crediti deteriorati e con prospettive di guadagno scarse. What else? Primo caffè e Corriere della Sera: “Il piano italiano sulle banche in crisi al vertice europeo”. In via Solferino la mettono così: “Banche, sulla sospensione del bail-in le riserve di Schäuble. Il fronte europeo è diviso”. I dubbi non sono soltanto tedeschi, tutti i paesi del Nord Europa guardano con sospetto il gioco italiano, molti pensano che Roma punti a prendere tempo e come diceva Eduardo “ha da passà a nuttata”. Il problema è che per ora non si vede l’alba. E sarà Berlino a risolvere il problema. Occhio al titolo d’apertura della Stampa: “Un fondo europeo per le banche”. Deutsche Bank ha una proposta che vale 150 miliardi. Il Messaggero (caffè ar vetro) gira così la frittata: “Banche, ora Berlino chiede aiuto”. Forse la gira troppo. Vuoi vedere che dopo averla bersagliata per la massa di derivati che ha in pancia, la superbanca tedesca ci leva dai pasticci? Non la pensa così Libero: “La Merkel ci frega le banche”. Strano, perché il mercato non sta comprando, proprio non ne vuole sapere dei titoli delle banche italiane. E il ritrattino che Handelsblatt fa dei dolori (finanziari) del giovane Renzi è una sorta di cartello con la scritta “pericolo, alta tensione”.
Attendiamo, soprattutto vediamo cosa ha da proporre l’Italia perché per ora abbiamo visto e letto di tutto, tranne qualcosa che somigli a un piano che tenga conto di Europa (le regole), mercato (chi compra e chi vende) e tutela del risparmio che in Italia però ha un’interpretazione bizantina dove si confondono i confini tra azionisti, obbligazionisti e correntisti. Sotto (e sopra) c’è chi pensa che nessuno debba perdere un euro. Tutti rimborsati, tutti salvati, todos caballeros. Cosa inaccettabile, perché se compri quote di capitale ti assumi un rischio. E se hai obbligazioni subordinate e di mestiere fai l’investitore, riesce difficile immaginare che tu possa essere escluso dalle perdite. Insomma, di soppiatto in questa trattiva con l’Unione è entrata l’idea che c’è un salvagente per tutti. Mamma Italia. Buona giornata.
Il Referendum Renzi. Si torna sempre a lui, al premier e al voto sulla riforma costituzionale. Repubblica apre il giornale con un sondaggio: “Referendum Renzi. Testa a testa tra sì e no, indecisi in crescita”. Occhio alla prima riga: “Referendum Renzi”. Non “costituzionale”, ma Renzi. E questo è il problema, il nocciolo incandescente della centrale nucleare che ha acceso il premier. La domanda non è più “volete un paese che funziona meglio?” ma “scegliete tra me e gli altri”. Se resta così, finisce male. Per fortuna c’è tempo per correggere gli errori, ma meno di quanto si immagini. L’estate passa in fretta e, di solito, nelle giornate soleggiate piovono sempre guai.
Produzione industriale. Per sapere, per capire. Oggi l’Istat pubblica i dati sulla produzione industriale di maggio 2016. Siamo ancora attaccati alla Jeep di Marchionne?
Come va l’Europa? Lo Spiegel ha intervistato Martin Schultz e Jean-Claude Juncker. Pare le cose non vadano benissimo. Forse neanche tra i due. Handelsblatt fa un ritratto del presidente della Commissione che non fa presagire nulla di buono per lui, “Man in the Middle”. Vignetta:
Come va l’America? Nell’èra del primo presidente nero della storia americana, il presente ha fatto un passo indietro, un vero e proprio viaggio con la macchina del tempo. Manifestazioni contro. Pugni chiusi alzati al cielo. Uno scenario terribile, dove c’è chi ha sfilato con il fucile mitragliatore in spalla. E’ legale. E questo è uno dei problemi dell’America. Non il solo, come dipingono i portatori d’acqua del politicamente corretto. C’è l’indecisione di Obama, la sua retorica inconcludente – le sue convinzioni – che è diventata il carburante dei movimenti radicali di entrambe le parti. Tutti contro tutti. E poi c’è lo sceriffo della contea di Milwakee, David Clarke, che intervistato da Fox Business non fa tanti giri di parole e definisce così Obama: “Cop-Hater in Chief”. L’incubo americano si materializza. Una distopia.
Obama non è più pop. E’ la crisi più grave mai affrontata da Obama, il suo carisma sembra svanito. Politico fa notare come il consenso, la sua credibilità, siano crollati anche all’estero: in Egitto, a Cuba, in Ucraina, c’è un clima di sfiducia intorno alla sua figura. E d’altronde, se a casa, negli Stati Uniti, girano vignette come questa…
Così la sceneggiatura si avvia verso un altro finale. Doveva essere la chiusura di due mandati gloriosi, una nuova èra ricca di realizzazioni, rischia di essere un the end nella polvere di Tombstone.
Il deficit di Clinton e Trump. Gli elettori americani sono disorientati. La campagna presidenziale è dura, c’è grande interesse, ma altrettanta grande insoddisfazione. I dati di una ricerca del Pew Research Center sono chiari:
Con uno scenario da quasi-guerra civile, da qui a novembre può succedere di tutto.
Abe stravince. Il primo ministro giapponese ha vinto le elezioni. E ha una maggioranza che gli consente di mettere mano alla riforma costituzionale.
11 luglio. In un duello il vice Presidente statunitense Aaron Burr uccide il segretario del Tesoro Alexander Hamilton. E’ l’epica storia di un gigante della politica americana con un tragico finale. A Broadway ne hanno fatto un musical. Hip-Hop al massimo livello, stupenda interpretazione di Lin-Manuel Miranda nei panni di Hamilton.


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