Il premier Matteo Renzi (foto LaPresse)

Fatti, commenti, appuntamenti del giorno presi dal taccuino di Mario Sechi

Referendum, investimenti e incertezza: scenari

Mario Sechi
Il voto in autunno è legato a stretto giro alla trattativa con Bruxelles sulla legge di Stabilità. Dall'estero, Putin si ritrova tra le mani l'opportunità di dividere la Nato. E dalla Libia arriva la conferma della presenza delle forze speciali italiane. Fatti, commenti, appuntamenti del giorno presi dal taccuino di Mario Sechi
    San Lorenzo, diacono e martire.

     

    Titoli. Ci sarà una tendopoli a Milano? Se leggi il giornale di Torino il rischio è concreto (La Stampa: “Sala: tende per i migranti a Milano”), ma se leggi il giornale di Milano no (Corriere della Sera: “L’Isis un pericolo anche per voi. Aiutateci adesso”). E’ un fenomeno giornalistico curioso quello in corso: la Stampa da due giorni apre la prima pagina sul caso dei profughi in rotta verso Milano, ma sul Corriere della Sera non se ne rileva traccia. Il fatto c’è, esiste, le parole del sindaco non sono state emesse da un ologramma, ma in via Solferino non c’è titolo. E’ una scelta. Ma cosa vuol dire? Che il caso non esiste? Che la Stampa lo sopravvaluta? Che il Corriere lo sottovaluta? Che deve esserci sfuggito il primo caso di teletrasporto da Star Trek: la Stampa si è trasferita a Milano e il Corriere a Torino? Mistero.

     

    Con questo dilemma geo-editoriale da risolvere, continuiamo la lettura dei giornali. La notizia del giorno non era né la tendopoli di Milano né la pur interessante intervista al premier libico Faiez Serraj, ma l’incontro a San Pietroburgo tra Putin e Erdogan. La storia continua a muoversi a velocità supersonica e la mossa diplomatica di Russia e Turchia dovrebbe scuotere Unione europea e Stati Uniti. Il Financial Times fa l’apertura:

     

     

    E all’interno dedica l’editoriale al caso, “un dilemma diplomatico” per Ue e USA. Che fare? Il FT suggerisce fermezza e realismo. Fermezza sulle violazioni delle leggi e dei diritti umani in Turchia, realismo sulle sfide che comunque Erdogan deve affrontare al suo interno. E’ vero, la Turchia ha in mano il minaccioso rubinetto dell’immigrazione che potrebbe ripartire dalla Siria verso le coste della Grecia e dell’Europa, ma nello stesso tempo deve maneggiare con cura i suoi rapporti con la comunità internazionale, in particolare con le multinazionali che investono nel suo territorio e calcolano il rischio-paese con grande apprensione. Poi c’è Putin, ma sul Cremlino la linea si chiarirà solo dopo le elezioni americane, per ora siamo a una riedizione della guerra gredda senza Guerra Fredda e all’imposizione di sanzioni economiche che non hanno scalfito la forza di Putin in Russia.

     

    Per sapere e per capire chi è il vincitore del match in corso, bisogna leggere il National Interest. Il game changer resta Putin che con il riavvicinamento di Erdogan ha “l’occasione d’oro di dividere la Nato”. Il capo del Cremlino si è ritrovato l’opportunità tra le mani dopo il fallito colpo di Stato: Turchia e Stati Uniti si sono divisi pubblicamente, le forze armate turche si sono indebolite e sono per dimensioni il secondo partner della Nato che, proprio in questo momento, viene messa in discussione da un candidato alla Casa Bianca (Donald Trump), la Russia gode delle simpatie dei partiti populisti in Europa, “Putin non avrebbe potuto sognare una situazione internazionale migliore” e questo significa che la stabilità della Nato non è mai stata così in discussione dalla fine della Guerra Fredda. E’ la forza della realtà, ma per capirla bisogna andare a prendere lezioni alla scuola del realismo.

     

    Referendum e incertezza. Cose da leggere sui giornali italiani? C’è un Giavazzi che suona l’editoriale del Corriere della Sera sul tema dell’incertezza e ci riporta al dilemma sul destino del governo dopo il referendum. Conclusione di Giavazzi: “Ciò che li preoccupa non è se la riforma della Costituzione verrà approvata, ma, nel caso non lo fosse, chi gestirà la trattiva con Bruxelles sulla legge di Stabilità i cui tempi si sovrappongono a quelli del referendum. Come nel caso della Brexit, la risposta degli investitori internazionali potrebbe essere l’abbandono dei nostri titoli pubblici, alla ricerca di porti rischiosi ma meno incerti. Che fare? Poco per influenzare il risultato del referendum, tranne informare con chiarezza i cittadini sui quesiti che verranno loro sottoposti. Questa incertezza non si può cancellare. Ma qualcosa si può fare per eliminare altre fonti di incertezza. Ad esempio varare e far approvare da Bruxelles e dal Parlamento la legge di Stabilità prima della data del referendum e smetterla di annunciare riforme del sistema previdenziale senza indicarne i dettagli”. E’ uno scenario più che plausibile. Ma sulla fuga degli investitori c’è anche uno scenario B: in un’era di tassi negativi e rendimenti scarsi gli investitori sono disposti ad accettare un rischio un po’ più alto in cambio di interessi più alti della media del mercato.

     

     

    E’ il caso dell’Italia e, esempio concreto via Bloomberg, i giapponesi sono disposti a investire nei titoli di un paese che (forse) ballerà la rumba in autunno. Resta il tema: se vince il "no" che succede? Non si sciolgono le Camere, si vara un governo di scopo, si approva una legge di stabilità vicina alle aspettative dei mercati, si cambia la legge elettorale e si va avanti, nel bene e nel male, con le emissioni di debito pubblico. E’ uno scenario di incertezza? Altro che se lo è, Renzi finalmente (ri)conosce i rischi e prosegue la strategia di sminamento (titolo su Repubblica: “Ho fatto un errore a personalizzare il referendum”) ma non è detto che ci sia l’Armageddon. Renzi cade? Avanti un altro. Poi vediamo se si rialza o resta al tappeto. E se vince? C’è anche questo scenario, la corsa è appena all’inizio e bisogna verificare se quelle che sulla carta appaiono come maggioranze rumorose (i "no") siano domani davvero più forti delle presunte minoranze silenziose (i "sì"). Ci giochiamo un pezzo di futuro. Un pezzo che potrebbe costare molto caro all’Italia, ma non tutto.

     

    Libia Felix. Ci sono altri titoli? Sulla Libia sì e sono interessanti. Repubblica apre sulla conferma che reparti speciali italiani sono in Libia: “Sirte, anche soldati italiani al nostro fianco contro l’Is”. Mentre il Corriere della Sera presenta un’intervista al premier libico che ribadisce il concetto agli alleati: “La nostra Libia ha bisogno dell’aiuto internazionale nella battaglia contro l’Isis. L’Italia è tradizionalmente il nostro Paese amico, potete fare tanto”. Su quel tanto, bisogna mettersi d’accordo. L’Italia fa la guerra, ma solo un po’.

     

    I grillini e la realtà Capitale. Puntuale, inesorabile, la realtà si fa avanti e spazza via la demagogia del Movimento 5 stelle. Consiglio comunale straordinario in corso a Roma, dichiarazione del sindaco Raggi: "Noi oggi dobbiamo affrontare la crisi per i prossimi sei mesi. Una crisi sistemica con scarse risorse e tempi ridotti, lavorando con il rischio sanitario dietro l'angolo". C’era una volta il partito della bacchetta magica.

     

    10 agosto. Nel 480 a.c. il re di Sparta, Leonida, muore nell’epica battaglia delle Termopili.