Fatti, commenti, appuntamenti del giorno presi dal taccuino di Mario Sechi
Ventotene è stata solo una tappa del tour de force diplomatico di Merkel
Santa Rosa da Lima.
Titoli. Hanno deciso qualcosa a Ventotene? No. E allora? Appuntamento il 16 settembre al Consiglio europeo dei capi di stato, a Bratislava. Suonare la fanfara senza poi prendere la casamatta è micidiale. Gonfiato dalla retorica alla vigilia, inzuppato di provincialismo tipografico, il vertice tra Renzi, Merkel e Hollande si è risolto in quello che Politico ha sintetizzato così: simbolismo senza sostanza. I giornali ne traducono l’esito in titoli tautologici e iperbolici (Corriere della Sera: “L’Europa non finisce con la Brexit”; Il Messaggero: “La Ue va avanti dopo Brexit”), proiezioni di desideri e immagini che non ci sono (Repubblica: “Ecco la Ue del dopo Brexit”), vuoti di creatività (La Stampa: “Ventotene, messaggio all’Europa”), critiche che zoppicano come i facili entusiasmi (Carlino-Nazione-Giorno: “Ventotene, spot per la Ue”), opposizione euroscettica da destra (Libero che battezza Merkel, Hollande e Renzi: “I nostri becchini”) e da sinistra (Il Manifesto che rispolvera una serie tv: “Love Boat”); letture di fine estate in chiave di politica interna (Il Giornale: “Merkel e Hollande danno a linea a Renzi pure sul referendum”).
E’ stato dunque un vertice inutile? No. Perché Ventotene in ogni caso non poteva (e non doveva) risolvere niente, era solo una tappa di un tour de force diplomatico di Angela Merkel. Quartz mette l’agenda teutonica sul tavolo. La cancelliera oggi incontrerà il Duca di Cambridge, il principe William, a Dusseldorf; domani dopo una riunione del governo sarà a Tallin, in Estonia, sede del centro per la cybersicurezza della Nato; giovedì Merkel incontrerà a Praga il primo ministro della Repubblica Ceca; Venerdì sarà a Varsavia per un faccia a faccia con il primo ministro della Polonia, seguito da una colazione con i leader del Gruppo di Visegrad (Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia e Ungheria), saluti, strette di mano e cena a Berlino con il quartetto del Nord (Danimarca, Olanda, Finlandia e Svezia), sabato incontro nella residenza barocca di Meseberg con i capi di stato di Austria, Bulgaria, Croazia e Slovenia. Questa è politica. I destini dell’Europa, il dopo-Brexit, viene sferruzzato e tessuto pazientemente dalla cancelliera Merkel a Berlino. In Europa si sono costituiti nel corso dei secoli blocchi geopolitici che oggi hanno una loro logica dettata dalla lingua, dal commercio, dalla disposizione naturale sulla mappa.
Il cuore dell’Europa continua a battere sulla linea Parigi-Berlino, intorno alla quale poi si aggregano (e dividono) altre aree: quella dei Paesi Scandinavi, quella che dalla Polonia conduce fino all’Estonia, quella Iberica, l’eccezionalità italiana che si proietta nel Mediterraneo e quella del Regno Unito nel Mare del Nord, l’Est che oscilla tra la forza d’attrazione della Russia e le relazioni commerciali con l’Europa a trazione tedesca. E’ la realtà che si dispiega con tutte le sue forze indomabili: storia (l’unità linguistica che va oltre i confini politici), geografia (esistono confini fisici che sono reali barriere) e demografia (l’invecchiamento costante della popolazione nel Vecchio Continente).
La Germania distribuisce il mazzo di carte sul tavolo da gioco per ragioni che sono facili da comprendere: il paese più forte, quello più ordinato, più globalizzato, al centro di una rete di relazioni politiche ed economiche che va da occidente a oriente, da nord a sud, ha la leadership naturale. Il giorno in cui l’Europa volesse dotarsi di un esercito capace di proiettarsi nei teatri di guerra, la guida sarebbe tedesca. Per ragioni di bilancio (Berlino ha le risorse finanziarie per il riarmo), di geopolitica (è al centro del continente), di relazioni con la Russia (di gran lunga quelle più strette) e gli Stati Uniti (l’alleato più importante). E’ dai tempi di Otto Von Bismarck che le cose – nel bene e nel male – ruotano intorno alla volontà della Germania, le sue divisioni (politiche e militari), le sue espansioni (politiche e militari), le sue ambizioni (oggi politiche e economiche) sono il fulcro della storia d’Europa. Auf Wiedersehen.
Come va l’economia nell’Eurozona? Markit ha diffuso l’indice Pmi Flash della produzione. E’ il più alto degli ultimi sette mesi, nonostante la Brexit, la produzione si è mantenuta costante, ma su livelli comunque deboli. E le notizie per il manifatturiero non sono buone: “Il rallentamento della crescita delle commesse in entrata nel manifatturiero e il calo dell’ottimismo nel terziario hanno indebolito il tasso occupazionale, il che suggerisce un rallentamento della crescita nei prossimi mesi. Nel frattempo, le pressioni inflazionistiche hanno mantenuto un ritmo attenuato”. Ancora: “la variazione maggiore si è osservata nelle commesse in entrata, con un rallentamento della domanda nel manifatturiero. Se nel settore terziario l’afflusso di nuovi ordini è aumentato al valore più rapido degli ultimi quattro mesi, le commesse in entrata del manifatturiero hanno misurato il tasso più lento di crescita degli ultimi 18 mesi”. Traduzione: è in arrivo una gelata della produzione in autunno.
Siria, il tempo stringe per l’accordo Russia-Stati Uniti. L’appuntamento è fra tre giorni a Ginevra. Il Pentagono avvisa che la sabbia nella clessidra sta finendo.
Sarkozy si candiderà alle presidenziali. L’ex presidente lo annuncia in un suo libro intitolato “Tout pour la France”. Parteciperà alle primarie. Tornerà all’Eliseo? Ha più chance di quanto si immagini.
Forza Italia e il Papa straniero. Si torna al tran tran italiano, con le sue micro-battaglie che non conducono a nulla. Renato Brunetta intervistato dal Corriere della Sera: “Parisi è una persona seria. L'esperienza della sua candidatura a sindaco di Milano è stata bellissima, ma il centrodestra non aspetta il Papa straniero”.
Chi ha vinto le Olimpiadi? Guardate questa tabella elaborata da Politico. Pesate le medaglie in base alla popolazione e al prodotto interno lordo e… ha vinto la Giamaica.
23 agosto. Nel 1939 Germania ed Unione Sovietica firmano a Mosca il Patto Molotov-Ribbentrop, un accordo di non aggressione e spartizione di Stati Baltici, Polonia e Finlandia.
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