La cancelliera tedesca Angela Merkel (foto LaPresse)

Fatti, commenti, appuntamenti del giorno presi dal taccuino di Mario Sechi

L'Italia impantanata tra le macerie del terremoto non si accorge delle mosse di Berlino

Mario Sechi
I giornali italiani danno spazio alle prime polemiche giudiziarie dopo il sisma. Pronto il nuovo round di processi sommari e mediatici mentre in Europa, Stati Uniti e medio oriente sta succedento di tutto (vedi la Libia). Fatti, commenti, appuntamenti del giorno presi dal taccuino di Mario Sechi.

    Passione di San Giovanni Battista.

     

    Titoli. Dove passa il futuro? In Germania. Buona parte dei nostri destini viaggia sul treno di Berlino. Le elezioni generali del 2017 sono vicine, il clima politico si sta surriscaldando, la cancelliera Angela Merkel è impegnata in patria in una politica di contenimento delle destre e sinistre euroscettiche, mentre il suo tour diplomatico in vista del Consiglio europeo di Bratislava del 16 settembre è il chiaro tentativo di arrivare alle conclusioni del vertice con il servizio di piatti e bicchieri dell’Unione intatti, o quasi. Sigmar Gabriel, vice-cancelliere, ministro dell’Economia, leader dei socialdemocratici che governano con la Merkel (ricordiamo agli smemorati che in Germania al comando c’è la Grosse Koalition) ha tirato un uno-due significativo: 1. La cancelliera ha sottovalutato l’impatto del milione di rifugiati che sono arrivati in Germania nel 2015, e serve un tetto per l’accoglienza; 2. L’accordo sul libero scambio con gli Stati Uniti (il TTPI) è fallito. Il junior partner della coalizione sta tracciando le linee per la battaglia elettorale e le conseguenze si riverberano in tutta Europa, Italia compresa. Un irrigidimento della politica tedesca sull’accoglienza condurrà a una ripartizione delle quote più alta per gli altri paesi dell’Unione; il crac del negoziato con gli Stati Uniti mantiene in piedi barriere costose per l’export delle merci europee e in particolare per le imprese italiane che speravano di beneficiare dell’apertura e dell’abbattimento dei dazi. I movimenti di Berlino sono quelli di un gigante che cerca il suo equilibrio. 
     

    Quello che accade in Germania sembra non interessare i giornali italiani. La notizia del fallimento del TTIP è solo sulla Stampa (alta, di spalla, con un commento di Stefano Stefanini) e sul Messaggero (un titolo di taglio basso), della brusca frenata del governo tedesco sull’immigrazione in prima pagina non v’è traccia da nessuna parte. Per sapere, per capire, bisogna leggere il Financial Times che dedica al tema il titolo d’apertura.

     

     

    Gli italiani pensano di essere soli nell’universo? Le cose accadono, i fatti si squadernano davanti a noi e la realtà chiama a un impegno straordinario di fronte a tempi di straordinario cambiamento. Dov’è l’agenda globale dell’Italia?

     

    Le pagine dei giornali sono dedicate in gran parte al terremoto, ma intorno alle macerie del sisma la storia continua a galoppare e non può essere ignorata come se non ci riguardasse. O forse no? La lettura fa emergere tutta la nostra archeologia ideologica. Apertura e taglio del Corriere della Sera sono un riflesso condizionato del nostro ventennio giudiziario, un salto nel passato. Apertura: “Inchiesta su collaudi e lavori mai fatti”. Taglio: “L’allarme di Greco «Milano, Procura a rischio declino»”. Dunque tutto continua a girare intorno alla magistratura, alle sue emergenze, alle sue pulsioni, alla sua agenda. Arriveranno gli avvisi di garanzia, i processi mediatici senza alcuna garanzia, le polemiche politiche, l’avvitamento del palazzo in un dibattito polveroso, inutile, sterile, senza alcun futuro. Tanti auguri.

     

    D’altronde, il futuro sembra non interessare neppure le nuove classi dirigenti o presunte tali. La candidatura di Roma ai Giochi Olimpici del 2024 sta affondando e dal governo non si leva nessuna voce per dire che il progetto di un paese (sì, le Olimpiadi sono anche questo) non può essere subordinato ai rancori di una fazione (il Movimento 5 stelle) che governando la Capitale si arroga il diritto di scegliere per la nazione intera. Questo accade proprio quando alle Olimpiadi di Rio il team italiano ha espresso un’idea di nazione, di squadra, di capacità e successo. Siamo all’ammaina bandiera. E’ una storia di una tristezza infinita. Basta leggere il pezzo di Alberto Gentili sul Messaggero per averne un saggio: “Niente subordinate, come la nomina di un commissario ad hoc. Niente piano B, nel caso Virginia Raggi confermasse l'intenzione di affossare la candidatura della Capitale a ospitare le Olimpiadi del 2024. Da qualche ora nelle stanze del governo circola invece un'altra ipotesi. Ed è un'ipotesi choc per Roma Capitale: l'esecutivo, nel caso in cui nei prossimi giorni il sindaco cinquestelle ribadisse il suo no ai Giochi, farebbe cadere la candidatura olimpica di Roma. E per garantire comunque al sistema-Paese questa chance, al suo posto candiderebbe Milano”. Quando? Continuiamo l’istruttiva lettura: “Perso lo slot del 2024, visto che ormai non è più possibile avanzare l'opzione Milano per le Olimpiadi che si celebreranno tra otto anni (le candidature ormai sono chiuse), il governo è intenzionato a far correre la città meneghina per l'organizzazione dei Giochi olimpici del 2028. Ma se ad aggiudicarsi le Olimpiadi del 2024 fosse Parigi, per rispettare il criterio di alternanza tra i vari continenti, la candidatura di Milano slitterebbe al 2032”. Sedici anni. In tempi accelerati come questi (leggere Social Acceleration, di Hartmut Rosa) è la distanza di una generazione. Sarebbe questo il piano? Di nuovo, tanti auguri.

     

                                                                                                ***

     

    Libia. La battaglia di Sirte. A dispetto degli annunci, la città non è stata ancora liberata dall'Isis, lo scontro è durissimo. Sul Libya Herald le cronache parlano di una carneficina. L’esercito fedele al governo Serraj ha subito perdite pesanti: 35 morti e 180 feriti. I terroristi hanno fatto esplodere cinque autobombe, il conto totale delle perdite governative nella battaglia finora è di 370 morti. Nel frattempo, il generale Haftar – che si oppone al governo Serraj – sta espandendo a sud il controllo del territorio. Le difficoltà del governo appoggiato dall’Onu sono sotto gli occhi di tutti (quelli che vogliono vedere) e il premier Serraj ha deciso di presentare una nuova lista di ministri al parlamento di Tobruk che nei giorni scorsi ha votato la sfiducia. Diplomazia. Per ora sono le armi a fare politica e la Libia si sta dividendo in tre. La storia non mente, mai. Prima o poi ritorna.

     

    Ricordiamo alle anime belle, ancora una volta qui su List, cosa disse qualche settimana fa l’ambasciatore del Regno Unito in Libia, Peter Millett, durante un’audizione alla House of Lords lo scorso 7 luglio:

     

    Domanda di Lord Stirrup: Per la gran parte della sua storia, la Libia non è mai esistita. Ci sono sempre state tre province separate – Cirenaica, Tripolitania e Fezzan – con i regni islamici e con l’impero Ottomano. La Libia come la immaginiamo è una costruzione molto recente. Pensa che esistano sufficienti idee unificanti, siano esse di coesione interna o pressione esterna, per mantenere insieme il paese, un qualsiasi schema di collegamento da applicarvi sopra?

    Risposta di Mr. Millett: Questa è davvero una sfida di lungo termine. Ha ragione, in Libia ci sono tre regioni. I libici si riconoscono, prima di tutto e innanzitutto, con la loro famiglia, la loro tribù, la loro città e la loro regione. Al momento, l’interesse nazionale e l’unità nazionale non sono fattori unificanti.

     

    America. Trump. Mercoledì prossimo ci sarà un suo discorso sull’immigrazione. Trump in Arizona tornerà ai suoi toni duri, è giù nei sondaggi e l’appuntamento sarà una prima prova del (ri)cambio di strategia della sua campagna elettorale.

     

    America. Assalto ai seggi repubblicani. Le difficoltà di Trump potrebbero ridare ai democratici il controllo della Camera. Forse.

     

    Italy Italy. Titolo di taglio sul Sole 24Ore: “In Calabria il record delle liti”. Una delle regioni più depresse del paese, con un tessuto economico fragilissimo, un’infiltrazione criminale enorme, litiga in tribunale: “La provincia di Catanzaro, con quasi 23 cause civili contenziose per mille abitanti avviate in tribunale lo scorso anno, guida la classifica stilata in base ai dati del ministero della Giustizia. E al secondo posto c’è Reggio Calabria”.

     

    Tennis. U.S. Open. Comincia oggi il torneo sui campi di Flushing Meadows. Spettacolo unico, secondo solo alla magia dell’erba di Wimbledon. Day One: è subito Italia con Roberta Vinci che incrocia dritto e rovescio contro la tedesca Anna-Lena Friedsman. Numero 8 della classifica contro numero 46. L’anno scorso il torneo femminile si concluse con una finale magica tra la Vinci e la Pennetta, Italia. E il premier Renzi in tribuna. La Pennetta annunciò il ritiro dopo una fantastica vittoria.

     

    Tennis. Il libro. Per chi ama la scrittura, il racconto epico: Tennis, di John McPhee, scrittore quattro volte finalista al Premio Pulitzer. E’ lo straordinario racconto della partita fra Arthur Ashe e Clark Graebner, la semifinale di Forest Hills nel 1968. Ashe fu il primo tennista nero a giocare al massimo livello, elegante, micidiale. Graebner era un osso durissimo, potente. Siamo nel campo da gioco del grande racconto americano, la psicologia del tennista come metafora della vita. Una delizia di scambi che si chiude con un secondo servizio narrativo: il racconto del giardiniere di Wimbledon, Robert Twynam.

     

    29 agosto. E’ un giorno di battaglie e conquiste islamiche. Nel 1521 i turchi ottomani occupano Belgrado. Nel 1541 occupano Buda, capitale del Regno d’Ungheria.