Fatti, commenti, appuntamenti del giorno presi dal taccuino di Mario Sechi
L'intesa tra Confindustria e sindacati e quella sulla fusione di Tre e Wind
San Giusto.
Titoli. La crisi a 5 Stelle in Campidoglio ha tirato giù il terremoto dai titoli d’apertura dei giornali. Tutti scoprono di che pasta (frolla) son fatti i grillini che amministrano (si fa per dire) la Capitale. Alcuni pensano sia la fine di una storia (e per certi versi lo è) altri che è un temporalone e presto passerà (forse), di certo la giunta Raggi dopo due mesi è già in fase (sotto)Marino e ancora i romani non sono rientrati in città, il caos a pieno regime inizierà con l’apertura delle scuole e sarà qualcosa da raccontare in punta di penna, statene certi. Nel frattempo, i cocci del servizio da tavola pentastellato sono sparsi per terra, tra la monnezza, i sorci, gli autobus in rimessa e un popolo di adoranti che si interroga, in preda allo smarrimento: “Mo’ che famo?”. Niente, cari, dovete aspettare Godot: Dibba è in giro per l’Italia in motorino, Di Maio in sartoria, Grillo a bordo di qualche yacht, la Casaleggio e dissociati chiusa per ferie. I titoli dei giornali registrano la caduta, gli schizzi, gli scazzi, le liti in ascensore del condominio a 5 Stelle, sono la guida stradale del testacoda del Movimento, del rally con le gomme lisce, del pilota (Grillo) e del navigatore (chi?) finiti fuori pista, non sanno come rientrare nel percorso. Come? Ragazzi, ve la do io l’Italia, c’è un vaffanculo buono per ogni occasione. La cifra stilistica del suo personale politico è quella. Il turpiloquio e la diffamazione di massa. Nel frattempo, ecco il quadro della luminosa stagione in Campidoglio: “Roma, prima crisi per i Cinque Stelle” (Corriere della Sera); “Raggi in crisi: faida nel M5S” (Il Messaggero); “Cinque dimissioni per la Raggi. Caos 5Stelle, a Roma è già paralisi” (Repubblica); “Cinque Stelle, la tempesta di Roma” (La Stampa). Fuori dai titoli, il silenzio. Il sindaco non ha balbettato nulla, la giunta è un fantasma che gira con un lenzuolo bianco per le stanze del Campidoglio, la grande “casa di vetro” è solo un bicchiere rotto, metafora della fine della sbornia. “Andiamo avanti” ha detto tal Frongia che dicono sia l’unico con un po’ di sale in zucca là dentro. Prego, vada pure. L’appuntamento per la prossima bevuta collettiva è il 17-18 ottobre all’autodromo di Imola, tutti in pista per la festa nazionale del Movimento con un tema da vaste programme in agenda: “Il M5S al Governo”. Dopo la prova stellare di Roma, è il titolo giusto per un partito guidato da un comico.
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Via libera alla fusione tra 3 e Wind. Nel frattempo, nel mondo accadono cose che interessano l’Italia. La Commissione europea ha dato il via libera alla fusione tra 3 Italia e Wind: nascerà il primo operatore di telecomunicazioni del paese con oltre 30 milioni di abbonati. La fusione valore 20 miliardi e dopo una serie di stop è il primo accordo a cui l’Ue dà il via libera.
Confindustria e sindacati. C’è un’Italia che si muove e prova a uscire dalla palude dello scontro di fazione. Confindustria e sindacati hanno firmato un documento comune su esuberi e ammortizzatori sociali. L’hanno trasmesso al governo che dovrà tradurlo in norme utili per sostenere il settore industriale. Il presidente di Confindustria, Vincenzo Boccia, ha commentato: “E’ un passo avanti verso una visione organica della questione industriale”. Bene.
La Jeep di Marchionne (e il pil italiano). Il mercato dell’auto in agosto ha ripreso a correre (più 20,1 per cento). E’ un buon segno non solo per il settore, ma per l’intera produzione industriale italiana che è letteralmente attaccata alla Jeep di Marchionne. Il gruppo FCA ha registrato un più 24,1 per cento, la produzione della Jeep (fatta in Italia, bisogna ricordarlo) è schizzata a più 56,69 per cento. E’ un buon segno, ma l’auto da sola non basta a trainare il pil italiano. Serve un cambio di passo della politica economica. Oggi l’Istat diffonde i conti trimestrali del paese.
America. Il report sull’occupazione. Esce oggi e sarà un altro elemento di valutazione per la Federal Reserve che deve decidere se e quando aumentare i tassi di interesse. Gli analisti stimano la creazione di 180 mila nuovi posti di lavoro. E’ la cifra che consentirebbe alla presidente della Fed, Janet Yellen, di alzare i tassi. Ma nel board della Fed non c’è l’unanimità sulla misura.
America. Trump e il muro. La mossa a sorpresa di Donald Trump ha lasciato il segno, il suo viaggio in Messico ha spiazzato chi lo dava per finito. Il distacco nei sondaggi scenderà? Lo vedremo presto, il discorso del candidato repubblicano sull’immigrazione è stato duro, forse troppo. Perché in America oggi le elezioni sono decise dai voti delle cosiddette minoranze che minoranze non sono: ispanici, neri, gruppi religiosi di varia natura. Trump ha un problema con molti di questi, l’ha creato lui, ma non sembra curarsene. Il New York Times boccia il suo piano sull’immigrazione, definito una vera e propria “deportazione”. Trump intanto si sta preparando a un altro appuntamento che s’annuncia con nuvole di zolfo: sabato farà una visita in una chiesa dei neri, a Detroit. La delicatezza del passaggio elettorale non sfugge a nessuno. E sempre al NYT non è sfuggito un documento dello staff che consiglia a Trump il tono, le parole, le risposte da dare alle domande che gli verranno fatte dal pastore della congregazione.
America. Dov’è finita Hillary? Si sta concentrando sul duello televisivo con Trump, previsto il 26 settembre. Nel frattempo, in agosto, la candidata democratica ha raccolto 146 milioni di dollari per la sua campagna presidenziale.
Libia. Il mese di Obama raddoppia. Dovevano bastare trenta giorni per eliminare Isis dalla Libia. Su List avevamo scritto che non sarebbero bastati. Bene, è arrivata la realtà: Obama – secondo quanto riportato da Fox News – ha esteso per altri trenta giorni le operazioni dell’Air Force in Libia. La campagna di raid aerei continua.
2 settembre. Nel 1901, alla fiera del Minnesota, Theodore Roosevelt pronuncia la frase: “Speak softly and carry a big stick”, parla a bassa voce e porta un grosso bastone. Nasce la Big Stick Diplomacy.
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