Fatti, commenti, appuntamenti del giorno presi dal taccuino di Mario Sechi
Che succede ai democratici americani se Clinton perde?
Santa Basilia.
Titoli. L’Italia si segnala nel mondo per il sottosopra: governo e Capitale si separano sulla candidatura della città ai Giochi Olimpici. E’ un caso di dissociazione che riguarda lo stato psico-politico del paese, diviso su tutto, in pieno ritorno alla fase guelfi-ghibellini. Il Movimento 5 stelle tira fuori dal suo cilindro clownesco l’unico filamento presente nel suo dna, il vaffanculo d’ordinanza, addio Olimpiadi e tanti saluti a Roma, le cui speranze di riprendersi sono pari a zero. I giornali fanno i titoli d’apertura con il tono dell’annuncio ormai atteso: “Raggi dice no all’Olimpiade” (Corriere della Sera); “No alle Olimpiadi del mattone. Raggi cancella i Giochi di Roma” (Repubblica); e poi c’è lo schiaffo, la metafora dell’offesa: “Giochi, schiaffo della Raggi” (Carlino-Nazione-Giorno) e “No ai Giochi, schiaffo a Roma” (Il Messaggero). E’ un funerale dove c’è qualcosa di felliniano, un’orchestra che stecca e ride, un popolo con le chiazze di sugo sulla camicia, che applaude e tira uova marce, un sindaco in trattoria, circondato da consiglieri in calzamaglia. E’ solo l’inizio, allacciate le cinture.
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Italy Italy. Riassunto del giorno: la data del referendum ci sarà (dicembre?) Michele Ainis su Repubblica fa notare che siamo alla saga del rinvio con tutti che spostano più in là l’appuntamento perché nessuno alla fine della fiera sa che cosa potrà mai succedere con una vittoria (forse) del No; nel frattempo, la gioiosa macchina dell’Azzeccagarbugli nazionale si è messa in moto e la legge elettorale è da rifare, dunque fu Italicum nel senso di provvisorio nell’instabile; tra le minutaglie politiche si segnala che al ministero della Sanità hanno un problema di comunicazione (Fertility Day) che fa rima con sciatteria, ma farsi dettare l’agenda dai social è surreale; i piccoli comuni italiani dicono di avere troppi migranti e la realtà è che nessuno più li vuole perché domina la paura su ogni livello amministrativo; i problemi delle banche italiane non sono mai finiti, lo ricorda La Stampa e l’Autorità bancaria europea (Eba) dice che bisogna darsi una mossa e vedrete che a fine mese se ne riparlerà con titoli roboanti; il Corriere della Sera fa un viaggio in metro a Roma e scopre che nel serpentone sotterraneo succedono cose che voi umani, si ruba e si picchia; Vittorio Feltri su Libero azzecca la sintesi: “Qui crolla tutto e ancora discutono di legge elettorale”; così Giorgio Napolitano intervistato da Marzio Breda (sempre Corriere) prova a mettere calma e gesso in una partita a biliardo dove si butta la palla e poi si vede che giro fa sulle sponde del Vecchio Continente: “L’Italia deve evitare la tentazione di fare da sola in Europa”, è un avviso di Napolitano non solo al premier Renzi, ma a un paese intero, l’invocazione di un grammo di saggezza in un paese che ha chiaramente perso la testa.
America. Cosa succede ai democratici se la Clinton perde? Bella domanda, se la pone Michael Barone sull’Examiner. Scrive Barone: “La sconfitta sarebbe molto più dura che per i repubblicani con Trump”. Perché? Lo riassume con grande efficacia Dan McLaughlin: “Immaginate il candidato più forte del vostro partito che perde con quello più debole dell’altro partito”. Immaginate. Nel frattempo, guardate bene la mappa dei collegi elettorali elaborata da Nate Silver, i democratici vincono nella West Cost, nella East Coast e nella regione degli stati dei Grandi Laghi, il resto del paese, il cuore dell’America è rosso, batte per Donald Trump.
Ecco perché le possibilità di vittoria di The Donald sono passate dal 3 per cento al 43 per cento. Se Hillary perde, il Partito democratico scrive Barone “diventerà come il Labour dopo le vittorie di Tony Blair”, un partito diviso, settario, con un Corbyn destinato a perdere largamente le elezioni britanniche nel 2020. Mancano quattro giorni al confronto televisivo tra Clinton e Trump, lunedì avremo un primo verdetto sulla corsa alla Casa Bianca.
Rivoluzioni hi-tech. Apple vuole comprare la McLaren. Dai telefonini alle automobili, dalla chat alla banca. L’evoluzione dei titani tecnologici è inarrestabile ed è possibile grazie a una montagna di cash depositata all’estero. Valore dell’operazione, un miliardo e mezzo di sterline. Il gorilla game di Apple punta all’acquisto di un marchio storico dell’automobile d’alta gamma, McLaren, sinonimo di supercar britannica, star delle corse in Formula Uno, produttore di circa 1.500 esemplari l’anno. Il Financial Times racconta la storia dell’interessamento di Apple (che non commenta) ma è chiaro che questa potrebbe essere la scorciatoia del gigante californiano per accelerare (e non dismettere) i suoi progetti sull’auto del futuro. McLaren è una storia che nasce in pista. Video.
22 settembre. Nel 1994 la sit-com Friends viene trasmessa sul canale della Nbc. Nel cast c’è lei, Jennifer Aniston. Video.
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