Fatti, commenti, appuntamenti del giorno presi dal taccuino di Mario Sechi
Perché quella di Orban è una vittoria. Anche senza quorum
San Dionigi l'Areopagita.
Titoli. Confondere l’Ungheria con l’Italia, un referendum sulle trivelle con quello sulla politica europea sui migranti, scambiare i desideri con la realtà. E’ il cortocircuito tra le pagine dei giornali e il significato di quello che accade, tra il desiderio dei benpensanti dell’Ovest e lo spirito che si agita a Est, lo scarto tra le istituzioni europee e quello che scorre sul Danubio, il fossato che separa il premier ungherese Viktor Orban dal magico mondo di Bruxelles. Quale fossato? Questo: “Non importa se il referendum risulterà valido o meno: conseguenze giuridiche ci saranno comunque. L'importante è che i no siano maggioranza”. Parola di Orban. E’ qui il punto che sulle prime pagine non emerge e lascia il posto al tripudio per il quorum non raggiunto. I titoli sono in orbita, in viaggio verso un altro mondo: “Ungheria, uno stop a Orban” (Corriere della Sera); “Sui migranti stop a Orban” (Repubblica). C’è chi si supera nell’interpretazione del risultato, mettendo all’italiana il No nell’astensione: “L’Ungheria boccia il no ai migranti” (Il Messaggero); c’è chi mette l’Europa come un ideale che è stato sufficiente per sconfiggere la truce Ungheria: “Migranti, Orban non sconfigge l’Ue”. E’ così? No, ecco le parole del primo ministro ungherese subito dopo il risultato: “Il governo farà subito una proposta per cambiare la Costituzione”. Orban è proprio senza quorum. Se ne infischia della soglia del cinquanta per cento, il referendum ha visto il No affermarsi con il 98 per cento dei voti, oltre tre milioni di ungheresi hanno bocciato l’idea europea della ripartizione dei migranti e questo – Orban dixit – “avrà delle conseguenze”. Il problema non è il quorum, ma la schiacciante vittoria del No nell’urna, tre milioni di voti confermano che quella linea per il governo è vincente. Questo pensano gli analisti di Republikon – citati dal Financial Times – un think think progressista ungherese. Guardare oltre la titolazione da Belpaese sulle nuvole, “il popolo ha vinto, il dittatore ha perso, l’Europa la trionferà”, aiuta a allargare l’orizzonte. Su Politico fanno questo titolo: “Hungary sends EU a pointed pro-Orbán message”. Pro, a favore e non against, contro Orban. E pointed, che vuol dire acuto, tagliente, appuntito, penetrante. Mettersi a fare ragionamenti sul quorum è da brussellesi che vedono piovere acqua che non bagna. In Ungheria gli aventi diritto al voto erano 8.261.394 elettori, i voti validi sono stati 3.338.481 e i NO sono stati 3.282.723. E’ su questo numero che i raffinati pensatori dell’Unione dovrebbero concentrarsi. Come fanno notare gli analisti e ribadisce Politico, il premier ungherese ha usato il referendum per rafforzare se stesso e il suo partito, Fidesz, in vista del voto del 2018, evitare la concorrenza da destra del partito Jobbik e alimentare le divisioni a sinistra. Quella di Orban è una vittoria. Senza quorum. E per capirne le ragioni occorre un ripasso veloce di cosa è successo in Ungheria nell’ultimo anno. Basta leggere questo pezzo pubblicato nel 2015 su Foreign Affairs per non fare l’errore di titolare su una vittoria dell’Europa che non c’è.
Brexit? Calma e gesso. A proposito di Europa, valgono le regole auree del biliardo, calma e gesso: il premier britannico Theresa May ha svelato il suo piano per attuare il referendum sulla permanenza del Regno Unito (finché la Scozia resta) nell’Unione europea: a marzo 2017 verrà richiamato l’articolo 50 del Trattato sull’Unione per cominciare lo sganciamento britannico, poi nel 2019 si realizzerà la “piena sovranità” (parole della May) della Gran Bretagna. Percorso lungo, pieno di botole a sorpresa. E la sterlina è di nuovo vicina al suo minimo storico degli ultimi 31 anni.
Brexit, Sterlina e Bank of England. La Banca d’Inghilterra ha pubblicato poco fa le minute della sua ultima riunione dello scorso 20 settembre. Che dicono? Che il Regno Unito ha davanti un periodo di grande incertezza. I dati a disposizione sono ancora insufficienti per vedere chiaramente un punto di caduta della Brexit sul piano economico. Ma i numeri del settore commerciale dell’immobiliare sono quelli che forse restituiscono meglio l’immagine futura: il mercato è debole e la Banca d’Inghilterra lo sottolinea subito alle pagine 2 e 3 del resoconto della riunione. Rispetto allo stesso periodo dell’anno (luglio e agosto 2016 vs 2015) le transazioni sono crollate del 60 per cento.
Come va l’economia italiana? Abbiamo un paio di cose da osservare: oggi l’Istat dà il conto trimestrale delle amministrazioni pubbliche e i dati su reddito e risparmio delle famiglie, nonché i profitti delle società. Il titolare di List ricorda che il debito pubblico italiano negli ultimi sette mesi è aumentato di 80 miliardi.
Agganciati alla Jeep di Marchionne. Escono poi i dati americani delle vendite di auto e sono importanti perché la produzione industriale italiana è agganciata all’export di auto Fca.
Le vendite record della Jeep per l’Italia sono ossigeno, l’auto è prodotta a Melfi e a testimonianza di quanto pesi quello stabilimento nei conti del paese, basta dare un’occhiata al contributo delle regioni italiane all’export: al primo posto c’è la Basilicata.
Banchette senza sofferenze offresi, chi le compra? Bella domanda, non c’è la corsa allo sportello. E il termine del 30 settembre è scaduto. Ecco cosa dice Andrea Moltrasio, presidente del Consiglio di Sorveglianza di Ubi sul possibile intervento per l’acquisizione di Banca Marche, Etruria e Chieti: “Non so se si farà l'operazione, non dipende solo da noi, non siamo nelle condizioni di fare salvataggi. Porterò in Consiglio la questione dell'acquisizione delle banche solo quando saremo in grado di creare valore per la nostra base di azionisti, purtroppo nella nostra missione non abbiamo il salvataggio, che quindi deve essere fatto in altro modo. Su questo siamo estremamente rigorosi, se possiamo dare una mano al sistema dal punto di vista organizzativo e industriale nell'interesse dei nostri azionisti lo facciamo, ma non siamo nelle condizioni di fare salvataggi, perché siamo una banca interregionale che abbiamo tenuto solida durante la crisi". Niente salvataggi. Perfetto, ma allora chi compra? Oggi ci sarà un vertice sul credito a Palazzo Chigi e vedremo cosa salta fuori dal cilindro. Intanto i clienti di Banca Etruria e delle altre banche che hanno perso i soldi investiti hanno annunciato: vedremo il Papa il 19 ottobre. Non resta che pregare, pare.
3 ottobre. E’ il giorno della riunificazione tedesca. Nel 1990 la Germania torna grande.
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