Fatti, commenti, appuntamenti del giorno presi dal taccuino di Mario Sechi
Il flash crash della sterlina e l'accelerata dell'economia tedesca
Beata Maria Vergine del Rosario.
Titoli. Il solo gioco che conta è quello delle banche centrali? Allora occhio alla moneta, ai suoi alti e bassi, alle improvvise accelerazioni e decelerazioni, ai picchi e agli abissi della valuta. Il denaro non dorme mai (Gordon Gekko, Wall Street) e mentre l’Europa era a nanna, la sterlina ha perso il 6,1 per cento, il peggior dato in intraday dopo quello del 24 giugno scorso, giorno della Brexit. Osservate i due “tuffi” in questo grafico di Bloomberg, sono impressionanti.
Il gioco del salto in basso finora ha prodotto numeri da record per il mercato azionario inglese (con il 70 per cento delle aziende quotate che hanno gran parte dei ricavi denominati in dollari) ma il fatto che accende l’interesse del titolare di List qui è “l’accelerazione”. Che cosa è? E’ uno dei fattori chiave della contemporaneità e i mercati ne sono l’esempio più evidente. Il cedimento della sterlina, lo strappo, forse è stato causato da una defaillance tecnica: un fat finger, letteralmente un “dito grasso”, che ha spinto il tasto sbagliato sulla tastiera della piattaforma di trading o da un ordine errato dell’algoritmo che opera automaticamente sul mercato monetario. Solo che l’algoritmo non sbaglia, semplicemente esegue una procedura che ha un imput precedente, quello umano. La caduta vertiginosa resta segnata sul book degli ordini e in ogni caso siamo di fronte a uno scenario accelerato che imprime alla storia continui strappi che a loro volta costringono la politica all’inseguimento. Chi guida la corsa? Dovrebbe essere, appunto, la politica, ma le forze in movimento rimandano a una supremazia dei fatti economici, della finanza, della demografia, elementi a loro volta accelerati dalla tecnologia, dal pervasive computing. Come ricorda un brillante saggio di Hartmut Rosa (Social Accelaration) il sentiero della storia contemporanea è pieno di eventi che tracciano il profilo della velocità e intensità: il 6 maggio del 2010 l’indice Dow Jones si inabissò, meno 700 punti in sette minuti. La causa? Qualcuno in un fondo del Kansas aveva pigiato il bottone sbagliato.
Il flash crash della sterlina di queste ore è avvenuto – come spiega il Financial Times – in un momento della giornata (che non chiude mai) in cui a New York i trader erano già a casa, mentre erano aperti i desk in Australia e Giappone ma con scarso appetito e volumi ridotti. Insomma, a comprare e vendere sul monetario in quel momento erano in pochi. Così un evento isolato in un piccolo universo di schermi accesi ha creato un grande spazio dove tra il crollo e il recupero della sterlina qualcuno ha comprato basso e rivenduto alto.
E la politica dov’è finita? Il crollo della sterlina è avvenuto subito dopo le dichiarazioni del premier britannico, Theresa May, sulla hard Brexit (e la schedatura dei lavoratori stranieri nell’isola d’Inghilterra) e il durissimo match a distanza con la cancelliera Angela Merkel. Non c’è una conseguenza diretta tra il fatto politico e quello finanziario, ma il deprezzamento della moneta inglese accelera decisioni della politica, le confonde, introduce elementi di tensione, innesca domande e risposte dagli esiti imprevedibili. La signora di Downing Street e la regina del Palazzo della Cancelleria hanno appena iniziato un viaggio in una terra incognita. Dopo la Brexit, c’è un biglietto di sola andata. Buona giornata (accelerata) a tutti.
Juncker e la guerra monetaria. Il presidente della Commissione Ue, stamattina: “La moneta unica ci protegge, e ci ha protetto nel momento peggiore della crisi economica e finanziaria. Senza la moneta unica, questa crisi ci avrebbe condotto a una guerra monetaria”. Vero, ma è come predicare nel deserto e resta sul terreno la perdita di reddito della classe media in molti paesi, Stati Uniti e Italia in particolare. Occhio a questo grafico estrapolato da un interessante studio pubblicato da McKinsey, la disponibilità di reddito arretra in tutte le economie avanzate:
Traduzione politica, al volo: Stati Uniti (Trump), Italia (Grillo), Regno Unito (Brexit), Francia (Le Pen). Qualcosa non ha funzionato. Urge officina di riparazioni con meccanici meno dogmatici.
La Germania (accelerata). La produzione industriale tedesca in agosto ha fissato sul tachimetro un ottimo più 2,5 per cento.
Il risultato è largamente al di sopra delle stime (più 1 per cento) e se escludiamo i settori delle costruzioni e dell’energia il dato è un impressionante più 3,3 per cento. Il percorso sulla strada ferrata della locomotiva tedesca continua ad essere di gran lunga più veloce di quello delle altre economie europee. Sono notizie che spingono Angela Merkel verso la ricerca del suo quarto mandato. La cancelliera entro marzo 2017 deve trovare un nuovo insieme di regole per gestire la Brexit e entro la fine di quest’anno resettare la politica europea sull’immigrazione e prepararsi all’atterraggio morbido verso le elezioni. Anche questo è uno scenario che sta accelerando, sotto gli occhi di chi vuole vedere.
Cosa c’è sui giornali italiani? Molti titoli sono già superati. Il primo caffè se n’è andato con la lettura del Corriere della Sera: “Sempre più italiani all’estero”. La notizia è di ieri, già consumata online da tutti, non c’è un commento in prima pagina sul Corriere che, invece, ha un’interessante (e nuova) intervista ben condotta come sempre da Francesco Verderami a Fedele Confalonieri sul referendum: “Il referendum e Confalonieri: ora fa fino dire io voto no”. La Stampa presenta un titolo che la dice lunga sulla cosiddetta fase di spersonalizzazione del referendum costituzionale da parte del premier: “Renzi: se perdo cambio mestiere”. E’ una dichiarazione che contrasta con il retroscena scritto dallo svelto Alessandro De Angelis sull’Huffington Post diretto da Lucia Annunziata: “Denis Verdini tra pranzi, cene, conciliaboli e trame per preparare la strada che conduce al giorno dopo il referendum”. Traduzione: Renzi bis. Verdini muove le pedine della sua diplomazia da tavola (saletta riservata del ristorante Il Moro, proprio di fronte all’ingresso, dopo la tavolata fissa della famiglia Salini, Roma) e dalle parti di List non è proprio un “cambiare mestiere”. D’altronde, Renzi ce la sta mettendo tutta (la faccia) e sul Fatto Quotidiano scopriamo che è pure feroce (la faccia) perché pare sia un po’ incazzato con Urbano Cairo: “Referendum, Renzi furioso boicotta La7 e scatena la sua Rai”. La cosa più interessante sul Messaggero (e siamo al caffè ar vetro) è a centro pagina, pezzo di Oscar Giannino: “Conti allo sbando, ecco perché Roma rischia il default”. Carlino-Nazione-Giorno fanno il titolo in stereofonia: “Italia, liberi di delinquere”. Boom di crimini. Basta leggere il Mattino per farsi un’idea concreta: “Accoltellato al cuore dopo la lite a scuola”. Gioventù più che bruciata. Sullo stesso giornale la Apple Academy partenopea viene raccontata come la svolta delle svolte per il Sud Italia (“Perché Apple crede in Napoli”), in realtà siamo alle noccioline hi-tech distribuite al popolo come se fossero diamanti e sarebbe il caso di smetterla di dipingere i titani della Rete come dei benefattori, perché basta dare una rapida lettura ai loro bilanci e al loro schema societario per scoprire una realtà fatta di cassa off-shore e fatturazione senza frontiere fiscali. Sono asimmetrie che non hanno niente a che fare con il libero mercato.
Migranti, conti italiani e Ue. Repubblica punta sull’eterna battaglia tra Commissione Ue e Italia: “Flessibilità, la Ue apre all’Italia sugli immigrati”. Sono le parole pronunciate ieri dal commissario Moscovici a indurre a una visione ottimistica. Quanto vale il pacchetto immigrazione? Prendiamo i numeri dal Documento programmatico di bilancio, ecco il grafico:
Sono circa tre miliardi, quasi quattro nello scenario peggiore. Questa è la flessibilità che (forse) potrà incassare Renzi dall’Unione europea. Soldi già impegnati in voci di spesa improduttiva.
A caccia della crescita. A Washington è in corso l’incontro annuale del Fondo monetario internazionale e della Banca mondiale. Toh, si parla di crescita.
Occupazione americana. Escono oggi i dati sull’occupazione, serviranno alla Federal Reserve per decidere sul secondo aumento dei tassi. Entro dicembre. Questo è il quadro dell’occupazione negli Stati Uniti:
7 ottobre. Nel 1913 Henry Ford innova la produzione industriale per sempre con l’introduzione della catena di montaggio.
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