Fatti, commenti, appuntamenti del giorno presi dal taccuino di Mario Sechi
Guerra Fredda? Per ora l'Ue sigla un accordo con la Russia su Gazprom
Sant’Antonio Maria Claret.
Titoli. Sui giornali italiani la titolazione si concentra sul braccio di ferro tra Italia e Unione europea. La manovra e l’Europa. Noi e gli altri. Gli italiani e il Fisco. Il Corriere della Sera impagina un titolo con linguaggio da burosauri: “Manovra, i rilievi dell’Europa”, i rilievi, sembra una circolare del ministero del Tesoro; Repubblica per fortuna esce dal registro da gazzetta ufficiale: “Ecco la lettera Ue. La manovra non va”; La Stampa inverte il gioco e punta sul premier: “Renzi sfida l’Ue: la manovra non cambierà”; un caffè ar vetro e Il Messaggero ci proiettano dentro negozio e bottega in fuga: “Fisco, indagini su chi espatria”; Carlino-Nazione-Giorno ricordano che esiste un problema chiamato occupazione: “Ecco i bonus trova-lavoro”; c’è un bonus per tutti, in Italia, basta leggere il Sole 24Ore: “Casa, condominio, mobili: così cambiano i bonus 2017”. Si fa strada la sensazione di vivere in un paese dove impera il bricolage fiscale, è la cifra dell’inesistenza di una visione di lungo termine, quello cosa chiamata futuro. Dov'è? Seguite le prossime righe di List.
Gazprom fa l’accordo con l’Europa. Per capire la realtà il vecchio detto follow the money funziona sempre. Non solo il diavolo, anche la storia si annida nei dettagli. Matteo Renzi ha detto niet alle sanzioni contro la Russia e gli analisti incipriati hanno sentenziato: è una mossa che isolerà l’Italia. Sicuri? Perché se a Washington pensano che Mosca è il nemico da abbattere, a Bruxelles nel frattempo sta succedendo qualcosa che va controvento. Leggere il Financial Times: la commissaria Ue alla Concorrenza, la temutissima Margrethe Vestager, e Alexander Medvedv, vicepresidente di Gazprom, stanno per chiudere un accordo che metterà fine all’indagine dell’Antitrust europeo sul gigante dell’energia russo. Il nocciolo (incandescente) della questione è la posizione dominante di Gazprom nel settore del gas in Europa. Mosca assicura che dopo l’accordo non ci sarà più abuso di questo vantaggio. Riepiloghiamo: a Bruxelles fanno un accordo con il braccio energetico della politica estera di Putin mentre la Nato fa esercitazioni nei paesi Baltici, la Cia prepara una cyberguerra contro Mosca, Putin muove la flotta del Baltico verso il Mediterraneo e si moltiplicano gli scenari da war game. Ma non c’era la Guerra Fredda? E cosa diranno a Tallin e Riga? E la Polonia e la Romania, armate di missili con sistema da combattimento Aegis? E l’Ucraina dove doveva spuntare la democrazia e dove per ora c’è solo la fame? Quadro caotico? Sì, ma sta arrivando l’inverno, e in Europa è meglio avere i termosifoni caldi.
AT&T e Time Warner spaventano Clinton e Trump. L’acquisto di Time Warner da parte di AT&T (per 85 miliardi di dollari) riesce a mettere dalla stessa parte Clinton e Trump. La nascita di un titano che controlla la distribuzione (AT&T) e i contenuti (Time Warner) preoccupa tutti. Trump dice che la scalata “distrugge la democrazia”. Clinton non ha detto niente, ma il suo vicepresidente, Tim Kaine, ha fatto sapere: “Noi siamo per la concorrenza”, un modo per dire che siamo di fronte a un problema da antitrust. Un paio di numeri, dal Guardian: AT&T e Time Warner insieme valgono 310 miliardi, hanno 130 milioni di utenti telefonici e 25 mila abbonati alla pay-tv, Time Warner porterà dentro la rete di AT&T marchi come HBO, Warner Brothers, DC Comics, Cnn. Che spazio resta per chi fa informazione? E quali poteri ha la politica di fronte a un gigante che produce reti e immaginario, informazione e persuasione? Dove comincia l’interesse di AT&T e dove finisce la missione di Time Warner? Sono domande che non riguardano soltanto gli americani, perché la convergenza tra tlc, internet e media tradizionali è un fenomeno globale. Sono un produttore di film o un venditore di connessioni? Sono per la libera informazione o per la superfibra in casa? Ho una passione per il giornalismo o faccio una nuova rete cellulare?
E’ una questione fondamentale per la tenuta dei sistemi democratici, già corrosi dalla crisi e dalla sfiducia degli elettori. La storia insegna qualcosa. Nel 1899 la Standard Oil negli Stati Uniti era una holding che deteneva partecipazioni in una miriade di altre società. Il monopolio nel settore petrolifero fu spezzato dall’applicazione dello Sherman Act del 1890 e nel 1911 l’impero fu diviso. Oggi le nuove Standard Oil sono le società di tlc e i titani di internet, i cosiddetti over the top, che hanno accumulato all’estero la cassa necessaria per acquistare partecipazioni strategiche nel settore dei media. Il titolare di List consiglia di leggere con grande attenzione la sentenza della Corte Suprema del 1911 sulla Standard Oil. Fate un piccolo esercizio mentale: sostituite il gigante petrolifero dei primi del Novecento con i nuovi imperi nascenti dalle fusioni delle tlc con i media e avrete una sovrapposizione di scenario davvero interessante. Prendete questo passaggio della sentenza:
Sostituite la parola Oil con media, crude con news e entertainment, e avrete il problema del dominio del Ventunesimo Secolo.
La Germania non ama i take-over cinesi. A proposito di scalate, concentrazioni, cassa e geopolitica: i tedeschi cominciano a essere preoccupati dallo shopping di Pechino. Hanno comprato Aixtron, un produttore di semiconduttori e ancora una volta il terreno è quello del settore hi-tech, delicatissimo. Nella prima metà del 2016 gli investimenti della Cina in Germania sono stati pari a quasi 11 miliardi di dollari.
Le banche americane sfidano Pay-Pal. Trasferire soldi via app, un mestiere che le banche stanno perdendo e i titani della rete stanno consolidando. Sono ormai dietro lo sportello. Così i principali istituti di credito americani ora stanno lanciando la loro applicazione per arginare il fenomeno che sta minando il loro business. L’app si chiama Zelle.
24 ottobre. Crolla la borsa di New York. E’ il giovedì nero del 1929.
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