Fatti, commenti, appuntamenti del giorno presi dal taccuino di Mario Sechi
La sfida Trump-Clinton sembra un cartone di Beep beep e Wile E. Coyote
San Martino de Porres.
Titoli. Sta succedendo qualcosa in America. Se ne sono accorti perfino alcuni quotidiani italiani, la cosa rallegra per la prontezza di riflessi in redazione. Cosa? Trump corre, Clinton è in difficoltà, il firewall di Hillary può cedere e aprire esiti finora impensabili, una vittoria di The Donald. Forse tutto questo non accadrà, ma i mercati anticipano sempre cose che poi accadono, qualche volta sbagliano, ma su un punto hanno già centrato l’obiettivo: la prossima presidenza americana sarà una scommessa ad alto rischio, chiunque vinca l’8 novembre. Hillary Clinton ha problemi da regolare con la giustizia americana e l’email-gate è una cosa seria e non sorvolabile; Donald Trump è Donald Trump, il candidato più strano nella storia moderna delle elezioni presidenziali, una terra incognita in cui soffiano i draghi del protezionismo. Che fare? Wait and see, aspettare e guardare, ormai ci siamo. Anche se i colpi di scena ormai sono una regola e non l’eccezione. Siamo in un cartone animato dove Wile E. Coyote e Beep Beep si rincorrono sfracellandosi e rialzandosi.
Nel frattempo, sul barbecue della Casa Bianca è finito il direttore dell’Fbi. Il presidente degli Stati Uniti Barack Obama contro James Comey. Barack in soccorso di Hillary. Singolare. Un presidente che aveva dichiarato di non voler commentare, poi con tono intimidatorio dice che no, il direttore dell’Fbi non doveva riaprire il caso sull’email-gate. Quando in luglio archiviò, si sollevarono per lui grida di giubilo. Un eroe. Oggi Comey è una minaccia per la democrazia americana. Double standard. Obama avrebbe potuto e dovuto chiedere le dimissioni del capo dell’Fbi, ma non ce la fa. E’ alla fine del suo mandato, è in una posizione debole e sa che l’email-gate è una cosa seria.
Trump ieri era in Florida (stato chiave) e Clinton in Arizona (altro battleground state). I due candidati hanno entrambi un problema: la motivazione degli elettori. Con una differenza: il trend di The Donald è in chiara ascesa, quello di Hillary in pericolosa discesa. Traduzione della situazione nel titolo di Repubblica, finalmente apertura del giornale: “Trump rimonta, sale la paura”. Paura? E’ quella dei mercati e dei progressisti. Il Corriere della Sera è in versione minimalista e dedica al tema un titolo di spalla: “Obama attacca l’Fbi sulle email di Hillary: non si agisce così”. Buio fitto sullo scenario, quello raccontato bene da Repubblica. E i mercati dove sono? Sul Sole 24Ore: “Borse in caduta con le banche”. Altro sulle elezioni più importanti degli ultimi trent’anni? Foto a centro pagina de La Stampa: “Trump non si ferma più e le borse hanno paura”. Very well. Il Giornale mette insieme un paio di eventi in corso (referendum, America, conti) e traduce così lo scenario: “Arriva la tempesta perfetta”. Perfetta forse no, ma tempesta sì. C’è altro dall’America. Perbacco, i Chicago Cubs dopo 108 anni hanno vinto il titolo della World Series di baseball contro i Cleveland Indians. E’ caduto un tabù americano. Trump ne farà cadere un altro anche l’8 novembre? Vedremo. La contemporaneità sta correndo. Verso dove? Facciamo un salto dagli Stati Uniti al Regno (dis)Unito.
La Brexit passerà in Parlamento. Decisione hard dell’Alta Corte inglese: il governo di Theresa May non potrà attivare l’articolo 50 (quello che attiva le procedure per l’uscita dall’Unione europea) senza un passaggio parlamentare. La notizia è una bomba che cambia lo scenario post-referendum e si apre verso una terra incognita: cosa faranno i parlamentari del Regno Unito? La sterlina si è impennata come in una gara di motocross:
E’ la notizia più importante della giornata, da seguire. La causa era stata presentata da un fund manager e una parrucchiera spagnola. Hanno innescato una rivoluzione, si va tutti a contarsi in Parlamento. Go, la Brexit è per sempre.
La bella addormentata nel bosco. Renzi alla presentazione del progetto Casa Italia al Politecnico di Milano: “L'Italia non può fare la parte della bella addormentata nel bosco. Non può arrivare al tavolo e prendere gli ordini dagli altri. Chi va in Europa deve farsi sentire quando scrivono le regole, altrimenti queste regole andranno a valorizzare solo pezzi di economia di altri Paesi”. Vero, solo qualche appunto, in ordine rigorosamente sparso: dov’erano i parlamentari italiani quando fu approvato il Fiscal Compact? (lo votarono). Dov’erano i parlamentari italiani quando furono varate le regole del bail-out bancario? (lo votarono). Si facevano dettare le regole. Oggi sono todos caballeros. Anche quelli che fanno parte del partito guidato da Renzi. I belli addormentati nel bosco.
Cosa succede in Egitto? Sta collassando. Il presidente Al Sisi non riesce a fermare il declino economico del suo paese e il rischio di un’altra rivoluzione è enorme. Qualche giorno fa, nell’indifferenza generale dell’Europa e in particolare dell’Italia che dovrebbe avere grande interesse al tema, il regime ha messo sotto sequestro gli zuccherifici. Oggi il governatore della Banca centrale ha liberato il cambio della moneta e alzato i tassi. La sterlina egiziana ormai aveva il suo cambio reale nel mercato nero dove era crollata del 50 per cento. L’Egitto ha chiesto dodici miliardi di dollari di aiuti al Fondo monetario internazionale. L’Egitto ha 94 milioni di abitanti, al 90 per cento musulmani, con l’età media di 23.8 anni. Serve altro per capire quanto è importante per noi la stabilità dell’Egitto?
Confindustria e la manifattura italiana. Seconda in Europa, dopo la Germania, settima nel mondo. Nonostante una crisi che rispetto ai livelli pre-crisi ne ha dimezzato la quota. I numeri del Centro Studi di Confindustria. Un paese che sa produrre ma non riesce a essere sistema.
C’era una volta Stefanel. Titolo de La Verità: “Dopo 57 anni Stefanel deve chiudere i battenti”.
Un buco senza colpevoli. Titolo della Gazzetta del Mezzogiorno: “Consorzi Bonifica, il buco resta senza responsabili”. Di chi era l’inchiesta? Ah, del Consiglio regionale: “Non avevamo i mezzi”. Ora si spiega tutto: le Regioni, il buco nero.
3 novembre. Prima corsa nello spazio (la seconda è iniziata in questi ultimi anni), i sovietici mettono a segno un altro colpo che convincerà definitivamente gli americani a puntare i loro razzi sulla Luna: nel 1957 l’Urss lancia nello spazio lo Sputnik 2, con a bordo la cagnetta Laika.
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