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Le fosse del debito italiano

Mario Sechi

Cosa succede? Per capire come va il mondo a volte bisogna osservare i dettagli e poi proiettarli su uno scenario più ampio. Il dettaglio è il Btp Italia a 50 anni.

Dedicazione delle basiliche dei santi Pietro e Paolo.

 

Il jumbo bond italiano. Cosa succede? Per capire come va il mondo a volte bisogna osservare i dettagli e poi proiettarli su uno scenario più ampio. Il dettaglio è il Btp Italia a 50 anni, 5 miliardi di euro di debito pubblico emessi dalla nostra repubblica lo scorso mese di ottobre, scadenza primo marzo 2067, mezzo secolo. Come va? Alla grande, benvenuti nella Fossa delle Marianne del Debito Matusalemme.

Collocato a 97, dopo un mese si è inabissato a quota 85,6, ha perso 11,4 punti. Traduciamo: per ogni milione di euro investito la perdita secca ieri era di 114 mila euro. Beautiful. Che cosa è successo? Trump! La storia ha bussato alla porta dei mercati con la rapidità e tenacia di un picchio che sbatte il becco sul tronco di un albero. Nel treno merci di The Donald (trasporta carbone, petrolio, un rialzo dei tassi, dazi e un ridisegno del commercio mondiale, robetta) c’è anche il referendum italiano e le sue distopiche incertezze, di cui ci occuperemo tra qualche riga. Restiamo al nostro Bond da ritorno al futuro. Perde e la faccenda proiettata sul sistema italiano ha effetti psichedelici. Restiamo ai dettagli, pagina 10 del Financial Times, sezione lettere e opinioni. Cosa c’è? Una letterina del signor Luca Cazzullani. Chi è? E’ uno degli strategist di Unicredit per il settore Fixed Income, cioè investimenti a tasso fisso, debito pubblico et similia. Che dice il nostro? Difende patriotticamente il jumbo bond italiano e dice che il problema non è da credit risk, ma da duration risk. Urge passaggio sullo scaffale della biblioteca, Barron’s, Dizionario dei termini finanziari, duration: ah, torniamo indietro al 1938, concetto sviluppato da Frederick Macaulay per misurare la volatilità del prezzo dei bond in relazione alla loro lunghezza. E quindi? Nessuna conclusione definitiva, il titolo va male, chi l’ha comprato tenere e aspettare che passi la tempesta. Domanda del cronista: chi ha collocato il bond? Banca Imi, Bnp Paribas, Goldman Sachs, Hsbc France, Jp Morgan Securities e… Unicredit. Ok, la difesa ci sta e siamo sul filo di lama incandescente della longue durée, ma resta un problema di fondo: scommettere sulla storia richiede uno sprezzo del pericolo molto grande, una presunzione enorme rispetto ai fatti, agli eventi, al calendario, all’inesorabile clessidra del tempo che cambia tutto. Come sarà l’Italia tra cinquant’anni? E l’Europa? Settant’anni fa uscivamo dalla seconda guerra mondiale, oggi siamo in pace. Fino a quando? E quale sarà la composizione socio-demografica del nostro paese tra mezzo secolo? Che tipo di economia avremo? E cosa accadrà intorno a noi? Sono semplici domande che – visto lo scenario contemporaneo – dovrebbero sconsigliare l’uso di questi strumenti, ma il titolare di List dà forse troppa importanza alla storia, ai libri, alla filosofia, cose che ai collocatori di titoli e al mercato interessano solo quando si manifestano e non quando stanno incubando. Esito finale: la storia ha bussato alla porta in anticipo, si è fatta cronaca, toc toc, chi è? Trump!

 

Tesoro, quanto mi costi? Parecchio, l’era di Trump è un change (notare la similitudine nella discontinuità: Obama) incredibile. Il rendimento del T-bond americano a 10 anni è schizzato al massimo dell’anno con salto triplo dopo l’8 novembre, giorno del voto per la Casa Bianca:

Lo spread rispetto al Bund della Germania è il più alto degli ultimi 27 anni, bisogna tornare indietro alla caduta del Muro di Berlino per trovare un valore così alto: “Mr. Gorbaciov, butti giù quel muro”, Ronald Reagan. E così rieccoci al punto, a un disegno più grande da leggere, torniamo alla storia, ai turning point della nostra esistenza, 1989, il Muro e quello straordinario presidente degli Stati Uniti che fu Reagan. Andiamo indietro (per provare a andare avanti) a quel discorso del 12 giugno 1987 davanti alla Porta di Brandeburgo che anticipava il futuro:

Eccola la storia andare e tornare, lasciare segni premonitori, visioni del futuro, avanza a passo di carica. Ha cominciato a soffiare l’8 novembre nella regione dei Grandi Laghi, si distende verso l’Atlantico, corre verso gli Urali, attraversa gli Urali, galoppa nella steppa asiatica, sale sulla Grande Muraglia, solca il mare della Giappone e della Cina. Non è un jumbo (bond), è il popolo americano che ha votato Trump.

 

E i tassi? Saliranno. Lo ha detto il presidente della Federal Reserve, Janet Yellen, che sembra non gradire Trump. In America, comanda la politica.

 

Obama e la Merkel. Tappa in Germania per il presidente americano uscente. Ha detto che lui voterebbe Angela. Visti i precedenti (Cameron-Brexit e campagna per Hillary) la cancelliera tedesca ha motivi validi per preoccuparsi. Obama ha appoggiato anche il referendum di Renzi. Vediamo se realizza un poker di sconfitte o salva un pezzo della sua presidenza da Nostradamus.

 

Che fa Trump? Un selfie con Abe. Foto durante l’incontro alla Trump Tower, a New York, tra il primo ministro giapponese Shinzo Abe e il presidente eletto:

 

Che cosa si sono detti? Che la cooperazione tra Stati Uniti e Giappone è rafforzata. Tokyo sarà la portaerei di Trump in Asia.

 

Un generale per la sicurezza nazionale. Trump ha offerto al generale Michael T. Flynn il posto di National Security Adviser. Cinquantasette anni, è un ex democratico fatto secco da Obama quando era a capo della Defense Intelligence Agency. A volte ritornano. E non sono sereni.

 

Il referendum italiano. A proposito di “stai sereno”, l’Italia è in mezzo a questo tifone. Il destino si diverte a giocare a dadi, offre soluzioni, emette sentenze. 8 novembre, voto in America. 4 dicembre, voto in Italia. Che fare? Niente, c’è solo da aspettare. Sui giornali il titolo è tra Si e No, come il paese. Un referendum costituzionale trasformato in un plebiscito su un premier, Matteo Renzi. La colpa è sua, inutile tornarci indietro. E in verità era difficile fare il contrario per la natura stessa di Renzi, il suo ego, la sua (in)capacità a non fare a pugni con il proprio destino e l’avversario. Che succederà? Non lo sappiamo, i sondaggi dicono che il No è avanti e dopo la Brexit e le elezioni presidenziali negli Stati Uniti sarebbe la prima volta che c’azzeccano. Vediamo. Il primo caffè se ne va con il Corriere della Sera: “Referendum, il No arriva al 55 per cento. Ma più di un votante su dieci è indeciso”; la partita è tutta sugli indecisi; Repubblica, lapidaria: “Referendum, il No avanza”; La Stampa fissa il vantaggio: “Referendum, il No avanti di otto punti”; caffè al vetro e giochi aperti con Il Messaggero: “Avanti il No, partita aperta”. Che fare? Leggere il Financial Times, Tony Barber, su Italia e Austria (voto presidenziale, sempre il 4 dicembre) prossime candidate a entrare nello shaker della storia. Allacciate le cinture, si decolla e (forse) non ci sarà un atterraggio morbido.

 

18 novembre. Appunto per Bob Dylan. Nel 1926 George Bernard Shaw rifiuta il premio Nobel: "Posso perdonare Alfred Nobel per aver inventato la dinamite, ma solo un demone con sembianze umane può aver inventato il Premio Nobel". Ci vuole stile, Bob.

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