Fatti, commenti, appuntamenti del giorno presi dal taccuino di Mario Sechi
Gli attentati in Germania e Turchia e la necessità di un nuovo ordine mondiale
Quanto accaduto ieri a Berlino e ad Ankara dimostra che il 2016 è solo l’inizio di una nuova èra politica dove i vecchi metodi di conduzione della politica estera saranno inefficaci. Soluzione? Tornare al realismo politico
San Liberale, martire.
Le ultime 24 ore sono state macchiate dal sangue del terrorismo. Germania e Turchia sono l’epicentro di due scosse che ricordano come la costruzione di un nuovo ordine mondiale, il rafforzamento della cooperazione tra i grandi paesi, sia urgente. Questo è il quadro fatto dal titolare di List mentre l’accertamento dei fatti è ancora in corso e le conseguenze sono tutte da scoprire.
Cosa è successo. Recap.
- Berlino. Un camion ha travolto un mercatino di Natale: 12 morti e 48 feriti. E’ la stessa dinamica dell’attentato di Nizza. Un uomo è morto a bordo del tir, un altro in fuga è stato catturato qualche ora dopo. Secondo fonti citate da Die Welt e Dpa si tratterebbe di un rifugiato arrivato in Germania dall’Afghanistan o dal Pakistan nel febbraio di quest’anno.
- Ankara. Un uomo ha ucciso a colpi di pistola l’ambasciatore russo, Andrey Karlov, mentre inaugurava una mostra d’arte. L’assassino è un poliziotto turco di 22 anni che ha freddato il diplomatico inneggiando a una vendetta per le morti di Aleppo, in Siria. Il killer è stato ucciso dalle forze di sicurezza turche. Mosca: “E’ un atto terroristico”. In Turchia proliferano le teorie cospiratorie, per il sindaco di Ankara, Melih Gegchek, dietro l’assassinio c’è il gruppo che fa capo all’esule Fetullah Gulen.
Cosa succederà. Analisi.
- In Germania si vota l’anno prossimo. Se verrà confermata la pista dell’attentato islamista, per mano di un rifugiato, la notizia avrà un ulteriore impatto a favore di AFD, il partito nazionalista guidato da Frauke Petry che per la prima volta entrerà nel Bundestag, il parlamento della Germania. Angela Merkel cerca la riconferma per uno storico quarto mandato. I socialdemocratici tedeschi non hanno ancora un loro candidato, ma è probabile che sia Martin Schulz, presidente del Parlamento europeo che ha rinunciato a un altro mandato a Strasburgo.
- Relazioni Turchia-Russia. L’attentato non cambia i termini dell’alleanza tra Erdogan e Putin. I due non si fidano l’uno dell’altro, ma entrambi hanno problemi di terrorismo interno e il patto sul Medio Oriente fa parte di una strategia per consolidare la collaborazione della Russia con l’Iran e il controllo della Siria di Assad, mentre la Turchia in cambio ha mano libera nelle azioni contro i curdi e i loro disegni autonomistici. L’Unione europea non può fare altro che guardare e inviare l’ennesimo inutile comunicato mogheriniano di vibrante protesta: Erdogan ha in mano il rubinetto dell’immigrazione dalla Siria verso l’Europa che staccherà un assegno da 3 miliardi l’anno per assicurarsi la sorveglianza turca ai suoi confini. Ogni pezzo va messo nel contesto e il caso gioca sempre a dadi con il destino delle nazioni. L’attentato di Ankara si è consumato poche ore dopo la conclusione di uno spigoloso vertice tra Nato e Russia a Bruxelles. Le distanze sulla soluzione della crisi in Ucraina sono rimaste, totale disaccordo anche sulla natura delle esercitazioni militari ai confini dell’Europa Orientale. La nuova Guerra Fredda non si scongela. Il cambiamento delle relazioni diplomatiche si avrà (forse) con l’arrivo dell’amministrazione Trump alla Casa Bianca.
- La profezia di Handelsblatt. Qualche giorno fa l’edizione globale del più autorevole giornale economico della Germania, l’Handelsblatt, faceva questa cover d’apertura:
Trump, Putin, Erdogan. La fortezza degli Stati Uniti d’America, il permafrost siberiano della Grande Russia, la partita infinita dell’Impero Ottamano. Manca la Germania, il cuore d’Europa, Heartland. L’autore dell’articolo è il professor Herfried Münkler, insegna teoria politica all’università Humboldt di Berlino e spiega che come “il 2016 è solo l’inizio” di una nuova era politica dove “i vecchi metodi di conduzione della politica estera saranno inefficaci nel nuovo ordine mondiale”. Soluzione? Un ritorno alla velocità della luce al realismo politico: “Se l’Unione europea vuole evitare che le relazioni tra Putin e Erdogan diventino troppo amichevoli, deve chiudere la politica di esortazioni e minacce di sanzioni e agire secondo il vecchio principio del divide et impera”. Prof, è troppo tardi. A Bruxelles sono pieni di ideali, ne hanno così tanti che restano regolarmente con le mani vuote. Non toccano mai palla. E’ qui che Trump potrebbe avere un ruolo decisivo nel rimettere in carreggiata perfino quel caso disperato che è diventato l’Unione europea: chiudere le sanzioni potrebbe riaprire la partita, ma per farlo ci vogliono leader e in Europa ce n’è solo uno: Angela Merkel. Riuscirà a vincere le elezioni in Germania e conquistare il suo quarto mandato?
L’aria che tira in Europa. Fare analisi politica significa provare a immaginare i nuovi scenari, anticiparli, leggere la contemporaneità. La domanda sul destino della Merkel è legata al clima che c’è nel Vecchio Continente. Su Foreign Policy Bruce Stokes, uno dei direttori del Pew Research Center, prova disegnare la parabola di questa storia: in Germania, Francia e Olanda, la questione della diversità demografica e l’opinione sulla convivenza con la popolazione musulmana è largamente negativa tra chi vota i partiti conservatori. Non solo, l’euroscetticismo e il tema del “national control” emerso con forza dal voto della Brexit, sono dominanti non solo nei partiti del centrodestra, ma nella popolazione in generale in tutti gli Stati citati, in particolare in Francia. La critica alla globalizzazione è nello stesso quadro. Due più due in politica non fa mai quattro, ma se andiamo a vedere il calendario delle elezioni in Europa (si vota in febbraio in Francia, in marzo in Olanda e in settembre in Germania) questo risultato potrebbe fare cinque in favore dei partiti ultraconservatori. Questo è lo scenario. E mentre gli eventi corrono, le pietre rotolano a valle e la scena diventa sempre più spesso quella del delitto, in Europa sono tornati i sonnambuli.
Sleepwalkers. Rieccoli, i sonnambuli, titolo di un libro di Christopher Clark pubblicato nel 2012, una profonda esplorazione, ricostruzione e analisi delle ragioni, degli errori e degli orrori che condussero alla Prima guerra mondiale, preludio – dopo la pace illusoria e senza fondamenta del 1919 a Parigi – del grande massacro della Seconda guerra mondiale. Clark offre le chiavi del passato per dare una lettura del presente. La discesa nel buio è questione di un attimo, una distrazione, un evento inatteso: “Il continente europeo era in pace la domenica mattina del 28 giugno 1914, quando l’Arciduca Francesco Ferdinando e sua moglie Sofia Chotke arrivarono alla stazione di Sarajevo. Trentasette giorni dopo, era in guerra. Il conflitto che cominciò in estate mobilitò 65 milioni di truppe, coinvolse tre imperi, fece 20 milioni di morti tra militari e civili e 21 milioni di feriti”. L’assassinio dell’Arciduca. La pistolettata. L’imprevisto. Il dettaglio con la polvere da sparo. La guerra totale. Sleepwalker è un manifesto per combattere il nemico più grande dei nostri tempi: l’ignoranza.
Trump vince per la seconda volta. In questo quadro internazionale incandescente, il voto dei grandi elettori ha nominato Donald Trump Presidente degli Stati Uniti. A forza di parlare di fake news i democratici si sono persi ancora una volta la real news: Hillary Clinton ha perso più voti di Trump. Sette grandi elettori hanno fatto change, cinque democratici e due repubblicani hanno degli outsider per la presidenza. E’ una seconda sconfitta del partito democratico e delle istituzioni liberal americane che sembrano sempre più disconnesse dalla realtà. Hanno fatto di tutto per far deragliare il voto dei grandi elettori: hanno usato usato l’arma del riconteggio (sarà la terza sconfitta per i dem e la terza vittoria i Trump), poi hanno premuto l’acceleratore sulla russofobia e lo spionaggio, poi l’amministrazione Obama ha scoperto che esistono le fake news (c’erano anche prima di Trump, ma non ci facevano caso perché vincevano loro) infine ora mettono in discussione il meccanismo del voto nel collegio elettorale, il pilastro della Costituzione americana, la firma dei Padri fondatori. Il capofila di questa battaglia a perdere è il New York Times che pubblica un editoriale suicida: “Time to end the electoral college”. Con queste premesse, i democratici si stanno mettendo sul binario di un altro affondamento della flotta dei candidati nella battaglia navale delle elezioni di medio-termine. Un sondaggio del Wall Street Journal fotografa il momento favorevole di Trump dopo il voto:
La prima analisi del voto dei Grandi Elettori e di questo sondaggio mostra come il partito repubblicano si sia riunito con la presidenza Trump, mentre i democratici sono spaccati e sono sprofondati in una grave crisi d’identità che non è un buon segnale per l’America. Un paese diviso è meno forte e la costruzione di un nuovo ordine mondiale, più che mai necessario, ha bisogno degli Stati Uniti e non Disuniti.
Il futuro del Fondo Monetario. Christine Lagarde è stata dichiarata colpevole per l’affaire Bernard Tapie (una storia davvero opaca, finanziamenti concessi quando lei era ministro del governo francese) ma la corte speciale che ha giudicato il caso l’ha dichiarata negligente senza applicare nessuna sanzione. Dopo la sentenza, Lagarde ha ricevuto il pieno sostegno del board del Fondo monetario e resterà lo stesso al vertice dell’istituzione, ma anche qui si allunga l’ombra dell’arrivo di Trump. Bloomberg ricorda che John Bolton qualche settimana fa ha scritto un commento per il Times di Londra in cui l’ex ambasciatore degli Stati Uniti all’Onu auspica una riforma della strategia di tutti i forum di cooperazione internazionale, dalla Nato alle Nazioni Unite, dalla Banca Mondiale al Fondo monetario internazionale. L’articolo di Bolton è molto interessante e va osservato senza pre-giudizio (“è un falco”, “signora mia, è un neocon”) perché le idee espresse sono sofisticate, vengono non da un teorico delle relazioni internazionali ma da una figura che ha esperienza diretta sul campo, e in parte saranno l’agenda di The Donald quando in gennaio entrerà alla Casa Bianca. Bolton fa un’analisi originale dello stato delle relazioni transatlantiche dopo la Brexit e l’elezione di Trump, riscoprendo quel luogo geopolitico che Obama aveva abbandonato per guardare all’Asia: l’Anglosfera. Special relation. E altri guai in vista per l’Europa in cerca d’autore.
E l’Italia? Alla cassa. E’ sempre alle prese con il solito problema: la cassa. Non c’è molto da dire, servono soldi per coprire buchi, socializzare perdite, mettere al riparo da disastri maggiori risparmiatori e contribuenti. Ecco la prima pagina del Sole 24Ore, basta questa:
La ricapitalizzazione per via privata del Monte dei Paschi appare una chimera, altre banche annaspano, il governo Gentiloni nel giro di un paio di giorni varerà un decreto con venti miliardi di dotazione per salvare la barca finanziaria che acqua da tutte le parti. Copertura a debito. E’ la foto impietosa di un paese senza leadership, con una borghesia che guarda alla politica con orrore, ma dimentica che senza un impegno diretto, in prima persona, nel governo si finisce per dare le chiavi di casa ai peggiori. E’ così che di solito sparisce l’argenteria.
20 dicembre. Nel 1924, dopo nove mesi, Adolf Hitler lascia la prigione di Landsberg. Era stato processato e condannato per il tentato putsch della birreria di Monaco di Baviera dell’8 novembre del 1923. In prigione Hitler scrisse il Mein Kampf. Quando fu rilasciato il New York Times ne diede una breve notizia dicendo che le autorità erano sicure che Hitler e il suo movimento politico non costituivano più un problema e lui sarebbe tornato in Austria per ritirarsi a vita privata.
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