La situazione di Mps è peggiore di quello che si crede
L’aumento di capitale è salito a 8.8 miliardi, 6.3 miliardi li metterà lo Stato, il resto gli obbligazionisti attraverso la conversione dei titoli. Una sberla sui conti pubblici
San Giovanni, Apostolo ed Evangelista
Il Monte del buco. Sapete com’è fatto un iceberg? No? Eccolo:
Solo il 10 per cento è la parte emersa, il resto è sommerso. Il pericolo non è quello che si vede, ma quello che è sott’acqua. Il Monte dei Paschi è un iceberg. Il raggio del pericolo è più ampio di ciò che è visibile. Piano piano, cominciano a vedersi le dimensioni reali del problema. Ieri sera in un comunicato la banca ha certificato le crescenti difficoltà di liquidità, il bank run degli ultimi mesi è un fatto che ha delle conseguenze:
la posizione di liquidità della Banca ha subito un rapido deterioramento tra il 30 novembre 2016 e il 21 dicembre 2016, come evidenziato dal calo significativo della counterbalancing capacity (da EUR 14,6 miliardi a EUR 8,1 miliardi) e della liquidità netta a 1 mese (da EUR 12,1 miliardi, pari al 7,6% del totale delle attività, a EUR 7,7 miliardi, pari al 4,78% del totale delle attività).
Non è affatto sorprendente la decisione della Banca centrale europea che con una lettera della Bce ha tracciato il perimetro reale dell’iceberg di Siena: l’aumento di capitale è salito a 8.8 miliardi, 6.3 miliardi li metterà lo Stato, il resto gli obbligazionisti attraverso la conversione dei titoli. Una sberla sui conti pubblici (venti miliardi di debito da emettere) che dovrebbe condurre a qualche seria riflessione sulle modalità di ricapitalizzazione, sui tempi (in gravissimo ritardo), sui modi (sotto scrutinio Ue e non solo), sulle due fasi (quella privata fallita e quella pubblica sulla quale si addensano nubi) e i protagonisti di ieri, di oggi e di domani. Il denaro va maneggiato con cura, quello del contribuente ancora di più. Sul radar del titolare di List nei giorni scorsi erano comparsi alcuni oggetti volanti decollati dalla Germania, ma quasi nessuno ci ha fatto caso. Poi è arrivata la lettera della Bce con un conto quasi raddoppiato e infine l’intervista del presidente della Bundesbank, Jens Weidmann, al quotidiano Bild, cinque milioni di copie, il più venduto della Germania. Scelta non casuale. Cosa ha detto il capo della Buba? “Il denaro pubblico deve essere contemplato solo come l'ultima risorsa, per questo l'asticella è posta molto in alto. Ci sono molte questioni aperte. Deve essere valutato attentamente se il nucleo della banca è economicamente sano e vigilare che il denaro iniettato non venga utilizzato per coprire delle perdite prevedibili". E’ il discorso che avrebbero dovuto fare gli esponenti del governo italiano. Se inietto soldi dei contribuenti in una banca che ha liquidità per soli 4 mesi – questo dicono i documenti depositati in Consob prima dell’aumento di capitale fallito – bisogna esser sicuri che non vanno dispersi, che il beneficio è reale e che non si socializzano perdite private. Tutto questo è ancora lontano dall’esser chiarito.
Chi sta rimborsando il governo? Il decreto del governo pubblicato la sera del 23 dicembre nel tentativo di chiudere la porta di un contenzioso lascia aperto il cancello per altri conflitti (con gli operatori istituzionali, tanto per cominciare) e innesca una domanda: il governo chi sta rimborsando? Il titolare di List oggi sul Foglio ha tentato di dare una risposta sulla base delle indagini di Bankitalia sui possessori di obbligazioni bancarie e il risultato è opposto alla narrazione disseminata sui media: “Le famiglie più povere, appartenenti al primo quinto della ricchezza netta, nel 2014 detenevano quasi esclusivamente depositi, certificati e pronti contro termine. Le famiglie nelle classi centrali di ricchezza netta investivano una parte importante del proprio patrimonio anche in titoli di Stato, obbligazioni private e fondi comuni e gestioni patrimoniali. Il quinto più ricco possedeva un portafoglio finanziario più diversificato, per oltre un quarto gestito da operatori finanziari; queste famiglie detenevano i due terzi del valore complessivo dei titoli di Stato posseduti dalle famiglie, il 70 per cento delle obbligazioni private e oltre l’80 per cento delle azioni e degli investimenti gestiti”. Il possessore di obbligazioni bancarie non è un cliente della Caritas, tantomeno un pensionato al minimo o un esponente del ceto disagiato. Tutto lo storytelling politico su cui si basa il rimborso degli obbligazionisti subordinati non regge la prova dei fatti. Il Titanic Italia sta puntando dritto sulla parte sommersa dell’iceberg. E l’orchestrina sul ponte sta ancora suonando.
Giornali sul Monte. Sui quotidiani il caso Mps è esploso come un petardo delle feste di fine anno. Il primo caffè se ne va con il Corriere della Sera: “Sale il conto per salvare Mps”. Toh, che sorpresa. Repubblica ha il miglior pezzo del giorno sul caso, lo firma Marcello Esposito e la conclusione è questa: “Dopo il salvataggio italiano di Mps invece non è più chiaro se anche le obbligazioni subordinate siano escluse dal principio del burden sharing. Non è un problema da poco, anche per la strutturazione di soluzioni di mercato a problemi di carenza di capitale. Quale detentore di obbligazioni subordinate parteciperà più a un’offerta di scambio se può contare su termini così favorevoli in caso di fallimento e conseguente salvataggio pubblico?”. Risposta: nessuno. A questo si sommano coloro che hanno comprato le obbligazioni subordinate a prezzi rasoterra e se le ritroveranno rimborsate al 100 per cento o al 75 per cento. Un grande affare. Andiamo avanti. Sulla Stampa leggiamo un ottimo Alberto Mingardi ricorda a tutti che c’era un’alternativa: “Esiste un meccanismo europeo, l’Esm, per la ricapitalizzazione degli istituti di credito. Il suo intervento è coerente con quell’«unione bancaria» fatta di regole e impegni comuni di cui i nostri governi sono stati sponsor entusiasti. Perché non si è scelto quella via, per il salvataggio Mps?”. Semplice: ci avrebbero imposto obblighi che il ciclo elettorale non consente. I partiti sono a caccia di voti. E li pagano con i fondi della finanza pubblica. Un disastro.
Amri d’Italia. C’è altro da leggere sui giornali? Un rapido giro di titoli, un caffè ar vetro e Il Messaggero: “Amri fuggiva verso la Sicilia”. Amri è l’attentatore di Berlino. Tutta questa storia dice che l’Italia è una comoda piattaforma di lancio per i terroristi. Tanto che sul Giornale il titolo di taglio è il seguente: “Amri aveva complici a Milano”. Il Mattino giunge a una conclusione investigativa: “In Sicilia la base dell’attentatore”. Il Gazzettino rimette insieme le tracce dell’attentatore: “Le tappe italiane del killer di Berlino”. Il Manifesto va in Francia: “Amri, prima di Milano, tappa a Lione”. Lezione dopo la lettura delle prime pagine: Amri andava in giro dove gli pareva. L’hanno beccato due poliziotti a Sesto San Giovanni con un pizzico di fortuna e grande capacità di reazione. Ma poteva anche andare peggio e oggi avremmo un’altra storia da raccontare, quella di un terrorista in giro nel nostro paese. Meglio non dimenticarla, la storia alternativa.
Israele, Obama, Trump e i tre Stati. Cosa succederà dopo il voto del Consiglio di sicurezza dell’Onu? I rapporti tra Israele e Stati Uniti sono al minimo storico. Per capire cosa succederà dopo l’insediamento di Trump alla Casa Bianca, leggere John Bolton sul Wall Street Journal: “Molto meglio provare la soluzione dei tre Stati”. Come? Gaza ritorna all’Egitto e parti della West Bank alla Giordania. Altre alternative alla soluzione dei due stati vanno prese in considerazione”. Tre Stati. E una mappa simile a quella dei confini del 1967. Possibile? Lo vedremo presto, Trump ha promesso un cambio totale della linea di politica estera con Israele rispetto a Obama. Visti i risultati in Medio Oriente, è urgente.
27 dicembre. Nel 1908 esce il primo periodico italiano a fumetti: il Corriere dei Piccoli, come supplemento del Corriere della Sera.
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