In Olanda Wilders ha perso, ma i caterpillar delle elezioni sono stati i Verdi
Wilders è arrivato al voto consumato dal suo messaggio negativo, Rutte lo ha abilmente arginato a destra, fino al colpo di teatro della crisi diplomatica con la Turchia, il platinato anti-islamico comunque non avrebbe mai governato
San Giuliano
Il gioco delle banche centrali. Mercati al galoppo. La Federal Reserve ha aumentato i tassi, l’Olanda è ancora in Europa (lo sarebbe stata lo stesso), le Borse del Vecchio Continente sono positive e i dati di pre-apertura di Wall Street dicono che sarà ancora Toro. L’unico gioco che conta alla fine è quello delle banche centrali; in 48 ore si sono riunite la Fed, la Banca del Giappone, quelle della Norvegia e della Svizzera, la Banca centrale cinese e la Bank of England. La politica è nel forziere, la storia da un’altra parte.
L’Olanda, la diga e la realtà. La storia dei tulipani pazzi è tutta qui: il nazionalista Wilders in Olanda perde ma guadagna seggi, il partito liberale di Rutte vince ma perde seggi, la sinistra laburista fa patatrac, quella Verde fa boom. Rimescolando il cocktail psichedelico si arriva questo quadro: Rutte ha vinto (poco), Wilders ha perso (poco), la sinistra ci ha rimesso le penne (tante), i Verdi hanno vinto (molto). Quando si sarà posata la polvere di stelle della diga eretta contro il populismo, emergerà come sempre la realtà: Wilders è arrivato al voto consumato dal suo messaggio negativo, Rutte lo ha abilmente arginato a destra, fino al colpo di teatro della crisi diplomatica con la Turchia, il platinato anti-islamico comunque non avrebbe mai governato, la vittoria dei liberali lascia sul terreno un patchwork politico che in fondo è lo specchio di un paese con l’identità frammentata. Il caterpillar delle elezioni non è stato Wilders, ma Jesse Klaver, il trentenne leader dei Verdi di sinistra che sono passati dal 4 al 14 per cento e hanno festeggiato con le giravolte di Kermitt, l’indimenticabile rana del Muppet Show, il meritato successo di un partito non-mainstream, con idee europeiste e radicali. In Italia non poteva mancare il grande dibattito a fini interni: non esistendo i liberali, è la sinistra renziana a prendere la bandiera ed esultare, solo che alla fine della fiera agli amici del trolley qualcuno dovrà pur dirglielo che cosa è successo: Rutte farà un governo di centrodestra.
Liberali No voucher. Il loro banco di prova è il voucher, il buono per le prestazioni di lavoro occasionali. Se quello che si dice in Parlamento è vero, allora i liberali autodichiarati tali hanno fallito. Il Pd sta pensando non di riformarli, ma di abolirli del tutto per evitare il referendum. Sarebbe la vittoria totale della Cgil di Susanna Camusso. La linea dell’abolizione totale, giusto per dare un’idea della linea politica, è quello di Giorgio Airaudo, di Sinistra Italiana: “Abolirli del tutto”. Sarebbe questo il partito nuovo e riformista, trolleyzzato, presentato da Renzi al Lingotto? Tanti auguri.
Fassino e il debito. L’ex segretario del Pd, Piero Fassino, intervistato dalla Stampa: “La priorità del governo Gentiloni deve essere l’abbattimento del debito”. Fassino è ottima persona, ma deve aver perso il contatto con la terra dopo la convention del Lingotto. L’ultimo consiglio dei ministri è durato 7 minuti, l’ordine del giorno era il seguente: “Varie ed eventuali”.
16 marzo. Nel 1978 in via Fani a Roma il segretario della Dc Aldo Moro viene rapito dalle Brigate Rosse che uccidono i cinque uomini della sua scorta.
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