Ciacco
In via Rizzoli, quasi angolo via Indipendenza, andiamo letteralmente a sbattere in Giorgio Guazzaloca, giacca blu e Foglio sottobraccio. Vista l'ora e il luogo è molto probabile che stia andando verso il suo amato Diana. A noi invece tocca sperimentare e quindi, esauriti i convenevoli, ci dirigiamo verso il ristorante Ciacco, via San Simone, quasi angolo via Oberdan. A parte che oggi piove la distesina è ancora in fase di allestimento, sarà pronta a giorni e sarà un sollievo perché all'interno non si respira nemmeno sotto la finestra aperta (la famosa cappa bolognese). L'accoglienza cordiale e la sanseveria lussureggiante pareggiano il pavimento ambulatoriale e il sottofondo di canzoni poco aperitive (De Andrè, per dire). Le proposte spaziano da Bologna al mare, con qualche tentativo sincretista uno dei quali, il tortino di alici con lo squacquerone, non può considerarsi riuscito. C'è di meglio da fare, nei tempi moderni, che sposare un pesce semigrasso con un formaggio ben lontano dall'essere magro. Le tagliatelle al ragù sono buone ma purtroppo per il Ciacco non abbiamo ancora dimenticato quelle del Caminetto d'Oro, irraggiungibili per il profumo così intimo fornito dalle rigaglie di pollo. Le lasagne no, proprio non ci siamo: per tentare di svecchiarle le servono su lastra quadratoide, patetico, bisognava invece lavorare sugli ingredienti e magari cercare di mandare in tavola qualcosa di meno rinsecchito. In parte è anche colpa nostra, ci sono tradizioni morenti sulle quali è inutile accanirsi: le lasagne alla bolognese possono essere fatte bene o fatte male, sempre un mattone restano. La ricetta originale prevede uova, lonza di maiale, fegatini di pollo, prosciutto, burro, parmigiano, pancetta, panna, besciamella… Ma siamo matti? A quanti anni morì l'inventore di questa leccornìa omicida? Avere in carta il polpettone è davvero un bel gesto ma ci aspettavamo delle fette fredde e compatte, non un montarozzo di briciole calde destinato a disintegrarsi al primo colpo di forchetta. Dobbiamo però confessare che non siamo esperti di polpettone alla bolognese, bisognerà studiare meglio la faccenda. Il coniglio è salato e ossuto: se vogliamo dare un futuro gastronomico alla simpatica bestiola crediamo sia indispensabile presentarla disossata, altrimenti non bisogna lamentarsi se tutti ordinano tonno o filetto. Verso la fine di un simile pranzo è impensabile affrontare la pur invitante, e tanto sentimentale, torta di riso con spuma di nocino, così concludiamo con la mousse di yogurt e salsa di fragola: finalmente qualcosa di fresco. Assieme al nome dantesco, la carta dei vini è l'elemento più notabile del Ciacco: purtroppo manca un buon lambrusco (per le lasagne ci voleva un Sorbara) ma in compenso ci sono alcuni rosati e curiosità austriache introvabili altrove. (recensione del 15 giugno)
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