Le Lampare
Il ristorante Le Lampare si definisce “ristorante sul mare” perché gli andriesi che costituiscono il grosso della sua clientela hanno un concetto di mare molto vago (non è colpa loro, vengono dall'interno). Se la strada è trafficatissima, rumorosissima e inquinatissima non importa, basta che si chiami lungomare e agli amici andriesi sembrerà di stare in spiaggia, fra il salmastro e lo sciacquio. Gli andriesi, esperti di broccoli e burrate, sono convinti che i frutti di mare serviti alle Lampare siano formidabili ma noi siamo sfortunati, o forse il problema è che non veniamo da Andria, quindi l'ostrica è rattrappita, il cannolicchio anoressico e il canestrello albino (non solo il colore, anche il sapore sembra dilavato). Il piatto a forma di capasanta, kitsch da collezione, è sbrecciato, il piatto della parmigiana di melanzane ha un design ancora più spinto, a onde altissime, perché gli andriesi confondono il modesto Adriatico con le acque tempestose di Capo Horn. Solo a guardarlo viene il mal di mare e cadono le posate dalle mani. Le sedie simil-Thonet sembrano provenire da un film anni Settanta di Lino Banfi, gloria e vanto della città di Andria. Anche le tovaglie, più o meno dallo stesso set. Purtroppo non vi è traccia di Edwige Fenech. Il tartufo bianco esibito all'ingresso, proposto con insistenza dal cameriere, è del tutto incongruo in un ristorante che si vorrebbe marinaresco, rimanda invece al filone della andriesità chiattilla, capello voluminoso e pullover in cachemire pastello, il cui più noto esponente è Francesco Giorgino. La parola “tempura” è penetrata in tutti i tinelli di Andria grazie al programma di Antonella Clerici, perciò alle Lampare furoreggia una “tempura di calamari con aceto balsamico e cioccolato”, siete avvisati. Mezze maniche e spaghetti sono serviti su piatti piani, pianissimi, ed essendo abbondanti si presentano come montarozzi precipitanti sulla tovaglia. Le orecchiette di grano saraceno sono invece servite in scodella come fossero in brodo. Non può essere vero, forse siamo su “Scherzi a parte”. Lo scorfano gratinato ha una bella faccia: ovvio, mica possono averlo pescato a Castel del Monte. Buone le natalizie cartellate e i dolci a base di mandorle, saranno opera di qualche signora tranese. Niente carta dei vini ma solo bottiglie declamate a voce, anche queste sul filone chiattillo, Chardonnay e Tormaresca a spiovere, e noi che non indossiamo né abbiamo mai posseduto pullover di cachemire pastello tentiamo una Falanghina foggiana di cui ci sfugge il nome ed è meglio così, merita la damnatio memoriae. Infine spunta a sorpresa il Fiano Radici di Mastroberardino, uno dei bianchi migliori degli ultimi tempi, infatti non è di Andria ma di Avellino. (recensione del 19 gennaio 2007)
Il Foglio sportivo - in corpore sano