La Bandiera
I migliori navigatori faticano a raccapezzarsi nel groviglio di stradine che circonda la Bandiera. E' la seconda volta che ci veniamo ma anche fosse la ventesima l'impressione di perdersi sarebbe la stessa. Marcello Spadone, cuoco e titolare ma soprattutto snob abruzzese, non fa nulla per aiutare il cliente in difficoltà. Non si degna nemmeno di rimettere a posto il cartello indicatore situato all'incrocio decisivo, caduto a terra da tempo. Però vale la pena perché la Bandiera pare sia il miglior ristorante della regione. Non per l'estetica dell'edificio: meglio l'interno, con travi a vista, camino, grandi vasi di ceramica… Non per le modalità di presentazione del cibo: alcune sono datate (i cucchiaini), altre sono scomode (piatti quadrangolari e senza bordi fatti apposta per sporcarsi i pantaloni). L'Abruzzo è regione di sostanza e alla Bandiera il cibo è di grande soddisfazione. Ingredienti ruspanti con tecnica sopraffina, raro connubio. Spadone sa distinguere la perfezione dal perfezionismo e così salva il sapore e l'anima. (Del Reale di Rivisondoli, altro rinomato ristorante abruzzese, ricordiamo invece una poco abruzzese tendenza all'evaporazione del gusto, ma è passato del tempo, magari adesso è migliorato come dicono.) La Bandiera primeggia nella cucina d'orto e di cortile e lo si capisce subito dalla deliziosa polpetta di formaggio, che arriva da sola, e dagli antipasti in carta, che invece vanno ordinati: la galantina di gallina coi sottoli, l'uovo in camicia sulla panzanella, la fracchiata, la strapazzata… Lessico adorabile. Siamo in quattro ma i primi invitanti sono ancora di più e non riusciamo ad assaggiarli tutti. Fra quelli sperimentati la palma va alla zuppa di cipollotti con caciocavallo subacqueo (anche i maccheroni carrati, tipo chitarra, suscitano entusiasmo). Vivo rimpianto per le sagnette ai funghi cardoncelli e per i raviolini di mozzarella con pomodoro e basilico, un'insalata caprese trasfigurata in pasta, chissà. A questo punto la Bandiera femmina lascia il posto alla Bandiera maschia, degna di un Re Pastore. E' il momento delle carni, del ferro e del fuoco, della griglia: il cosciotto di agnello con le patate al coppo (in cucina hanno la brace), i fegatini sempre di agnello (forse un po' troppo cotti), il vitellone alla pizzaiola, l'agnello mollicato, il gallo nostrano… Fra i dolci la crema all'Aurum (finalmente si è capito che il dannunziano liquore almeno un utilizzo ce l'ha) e un notevole zabaione col mosto cotto servito in bicchierino a parte. I massimi vignaioli abruzzesi, Valentini e Cataldi Madonna, li conosciamo a memoria, perciò ordiniamo il Cerasuolo Terre dei Beati, fresco, eccellente, e un Montepulciano Col del Mondo, barricato, generico. Ottimo il servizio a cura di Spadone figlio, per nulla invadente (a noi piace mangiare senza essere guidati, mica siamo ciechi). (recensione del 28 giugno 2007)
Il Foglio sportivo - in corpore sano