Circolo dei Lettori e Porta di Po
Dopo il pranzo al Circolo dei Lettori diciamo "mai più", a Porta di Po si mangia bene, conviene però andarci la sera
Al numero 9 di via Bogino (laterale via Po) non c’è nessuna insegna, strano, chiediamo lumi al vigilante di fronte al gran palazzo di rappresentanza che si sorprende della nostra sorpresa (lavoreranno solo con clienti abituali), schiaccia numeri misteriosi sulla pulsantiera e il portone magicamente si apre. Un ristorante iniziatico? Arrivati nel cortile aulico bisogna girare a sinistra e digitare altri numeri per varcare un’altra soglia. Un ristorante-caccia-al-tesoro? Uno scalone monumentale, un’ulteriore porta, un secondo vigilante. Un ristorante-caveau? Veniamo indirizzati a destra e poi giù e poi a sinistra, forse a destra, boh. Un ristorante-rompicapo? Arriviamo in quel che sembra un seminterrato, senza una finestra, caldo come un forno. Un ristorante-sauna? Chissà in piena estate: non si vede un condizionatore, non ci sono pale (il soffitto basso e irregolare non le consente) e il ventilatore spento appoggiato nell’angolo appare inadeguato come un ventaglio in un altoforno. Le lampade alogene fanno sudare solo a guardarle, il tavolo è circolare ma traballante e i camerieri multicolori faticano a comprendere che la Freisa vivace Cascina Gilli la vogliamo nel secchiello del ghiaccio (la temperatura ambiente non va per niente bene quando l’ambiente è un bagno turco). Il fassone tagliato al coltello potrebbe essere più saporito, sulle rischiose lumache (di Cherasco) nulla da obiettare. Gli agnolotti risultano un po’ bagnati (sarebbe stato impossibile servirli sul tovagliolo), i tajarin con gli asparagi sono giallissimi e ricchissimi di uova. Il gelato della gelateria Pepino è ghiacciato, nemmeno il clima rovente riesce ad averne ragione. Alla fine un altro vigilante (visto il conto esiguo con quali soldi pagano tutta questa gente?) indica un altro percorso, una labirintica uscita di servizio. In via Bogino finalmente respiriamo e diciamo: mai più.
Il giorno dopo al Porta di Po gli occhi godono, lo sguardo può spaziare, nonostante la pioggia impedisca di mangiare all’aperto nella splendida Piazza Vittorio. Purtroppo a pranzo, diversamente che a cena, l’apparecchiata è all’americana quindi con le tovagliette singole, anticonviviali. Ci si consola coi begli arredi (notevoli il pavimento, il lampadario, le tende, la credenza, gli specchi…), con la clientela stilosa (ma la signora più avvenente veste Burberry), con la Freisa di Voerzio altro pianeta rispetto alla Freisa della sera prima, con una carne cruda di consistenza superiore, con un rosbif la cui ratatouille di complemento è composta da verdure cotte a puntino. Golosi i ravioli con salsa novarese e ovviamente il bonet, l’unico appunto riguarda il semifreddo, troppo freddo. Un bell’esempio di ristorante piemontese moderno dove tornare di sera, con le tovaglie grandi.
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