Il nuovo mondo
“Ideal”, il romanzo postumo di Ayn Rand, dove l’uomo ideale è simbolo dell’individuo libero in una società libera e capitalistica
Nell’introduzione del 1968 al suo primo lavoro letterario, la pièce teatrale “Night of January 16th”, pubblicato nel 1934 (e finalmente in Italia nel 2005 per Liberilibri), Ayn Rand scrive che il suo manifesto letterario-filosofico era già presente in quella sua prima opera: “Il motivo che mi ha spinto a scrivere è sempre stato il desiderio di dipingere un uomo ideale. (…) Ero pronta a scrivere sui sentimenti di una donna per un uomo ideale”. Quella donna era Ayn Rand. O forse era lei stessa l’uomo ideale? Tutta la sua opera, sia letteraria, sia filosofica, fu dedicata a disegnare la potenza titanica dell’individuo, che trova nella realizzazione di se stesso, per il tramite del denaro, il significato stesso della sua vita. Il denaro è libertà e soltanto l’economia capitalistica è in grado di realizzare questo binomio e, quindi, garantire la realizzazione di se stessi, “il controllo (…) sul mondo”, afferma uno dei personaggi di “Night of January 16th”. Nello stesso 1934 Rand scriveva “Ideal”, pubblicato negli Stati Uniti solo nel 2015 e quest’anno in Italia da Corbaccio sia nella versione romanzesca sia in quella teatrale. Questo romanzo, trovato tra le sue carte, si pone in stretta consonanza con quanto Rand scrisse a proposito di “Night of January 16th”. In quest’opera, la protagonista, Kay Gonda, attrice di Hollywood, ricca, famosissima, ammiratissima, per uno straordinario equivoco ritiene erroneamente di essere ricercata dalla polizia per aver commesso un omicidio. Fugge nella notte e cerca ospitalità, di volta in volta, presso alcuni dei suoi ammiratori, di cui conserva le lettere con l’indirizzo in calce. Invano. Alla fine, l’equivoco si scioglie e Kay Gonda ritorna alla sua vita precedente.
Ma, come per “Night of January 16th”, la donna è in cerca dell’uomo ideale, e l’ultimo dei suoi ammiratori, presso il quale cerca rifugio, un giovanotto alto e snello, sembra esserlo. Egli ha una personalità vincente per i canoni di Gonda, quando all’affermazione di lei – “Sai che la gente paga milioni per vedermi?” – egli risponde brutalmente: “Non siete importante per nessuno di loro. Lo sapete”. E allora, Kay Gonda ravvisa finalmente in Johnnie l’uomo ideale per lei: “Voglio vedere concreta, reale, nella quotidianità della mia vita, quella gloria che creo come illusione. La voglio vedere nella realtà! Voglio sapere che c’è qualcuno, da qualche parte, che lo vuole anche lui!”. Tutta la storia di Ayn Rand è una ricerca continua dell’uomo ideale, che nella sua successiva narrativa s’incarna in personaggi a tutto tondo, titanici. Ma l’uomo ideale è la rappresentazione simbolica dell’individuo libero, in una società libera, in un’economia libera, quella capitalistica. Non vi possono essere veri uomini o vere donne se non in una società liberale e capitalistica: questo è il lascito filosofico di Ayn Rand. La conclusione di “Anthem”, pubblicato nel 1938, è senza appello: “Ho chiuso col mostro del ‘Noi’, la parola di servitù, di saccheggio, di miseria, falsità e vergogna. (…) E adesso vedo il volto di dio. Questo dio, questa singola parola: ‘Io’” (“Antifona”, Liberilibri, 2003).
Chi era Ayn Rand? Ebrea russa, di famiglia borghese, Alisa Zinov’yevna Rosenbaum (1905-1982) – questo era il suo nome d’origine – si trasferì ventunenne nel 1926 negli Stati Uniti per sfuggire all’orrore della cultura comunista e per mettere a frutto in un paese libero ciò che aveva appreso all’Università russa. Lavora per alcuni anni a Hollywood negli studios della RKO. Scrive Anne Heller in “Ayn Rand and the World She Made” che, quando Ayn vide Manhattan, versò “tears of splendor”. L’America divenne il significato della sua esistenza come donna e come scrittrice. “We the Living”, pubblicato nel 1936, fu il primo, vero esordio di Ayn come narratrice e il primo grande successo. I lettori americani furono messi dinanzi alla narrazione della vita di Kira nell’Unione Sovietica e della sua aspirazione a liberarsi di un mondo che ormai le era insopportabile e a raggiungere la libertà. E’ da considerare che il libro apparve in America nel 1936, mentre il New Deal sviluppava la sua politica interventista sul piano economico. Kira non ottiene il passaporto, il libro si chiude con la sua morte, ma l’ultimo suo pensiero è un inno alla libertà: “La vita era esistita anche solo perché lei aveva saputo quale sarebbe dovuta essere”.
Ayn Rand
La narrativa di Ayn ha uno sviluppo lineare: dalla schiavitù dell’Io all’aspirazione alla liberazione e infine alla libertà vera, pur tra contrasti drammatici e lotte titaniche. “The Fountainhead”, pubblicato con enorme successo nel 1943 negli Stati Uniti, e in Italia da Corbaccio (“La fonte meravigliosa”) nel 1996, in una nuova traduzione, rappresenta l’ultimo stadio dell’itinerario artistico di Rand: la conquista della libertà, il trionfo dell’Io. Così, mentre il mondo ostile simbolicamente sprofonda nell’oceano insieme alla donna che aveva imbrigliato e ostacolato il suo uomo nella sua ricerca spasmodica dell’auto-affermazione, egli emerge in tutta la sua potenza esistenziale: “Lo vide, sopra di sé, sulla piattaforma più alta dell’edificio. (…) Poi non ci fu più nulla, tranne l’oceano, il cielo, e la figura di Howard Roark”. Roark, finalmente, aveva raggiunto la “piattaforma più alta dell’edificio”, quel “controllo sul mondo” che era sfuggito ai protagonisti delle opere precedenti di Ayn Rand. “Atlas Shrugged”, del 1957 (l’ultima edizione italiana, “La rivolta di Atlante”, è del 2007, da Corbaccio) chiude il cerchio narrativo di Rand. E’ un romanzo che ancor oggi riscuote un successo internazionale. I milioni di lettori americani hanno ravvisato nella lotta spasmodica di John Galt contro una società conformista e livellante la lotta stessa dell’America per l’auto-affermazione e per la diffusione della libertà nel mondo di fronte al pericolo costituito dalle ideologie disumanizzanti e, poiché il libro fu pubblicato nel 1957, in piena Guerra fredda, dal mostro comunista. Il finale è altamente simbolico: “‘La strada è libera’, disse Galt. ‘Torniamo nel mondo’. Alzò la mano e sopra la terra desolata tracciò nello spazio il segno del dollaro”.
Il denaro è libertà. Senza il denaro l’auto-realizzazione dell’individuo è impossibile. Sia in “Fountainhaed”, sia in “Atlas Shrugged”, l’itinerario, iniziato con “Night of January 16th” e con “Ideal”, ambedue del 1934, è compiuto. Lotta, impegno, trionfo. Dall’anonimato al successo, dalla povertà alla ricchezza, cioè all’auto-realizzazione in una società libera. Proprio grazie alla sua esperienza come narratrice, agli inizi degli anni ’60 Rand mette a frutto le sue intuizioni sul piano filosofico. In “For the New Intellectual” (1961), Rand, già nel titolo, allude alla necessità del superamento dei vecchi schemi filosofici, riproponendo il cuore di ciò che aveva narrato nei suoi romanzi e nelle sue pièces teatrali: il nuovo intellettuale deve porre al centro della propria riflessione l’individuo nelle sue immense capacità di auto-realizzazione. La ragione è lo strumento-principe di questo percorso. Viceversa – scrive Rand in “The Virtue of Selfishness: A New Concept of Egoism” del 1964 (“La virtù dell’egoismo”, Liberilibri, 1999) – gli intellettuali odierni ragionano in termini opposti: “Alla radice di tutte le loro mutazioni concettuali se ne trova una più profonda: si tratta della mutazione del concetto di diritti, da individuali a collettivi; questo significa la sostituzione de ‘I Diritti dell’Uomo’ con i ‘Diritti della Folla’”. “In ‘Atlas Shrugged’ – scrivono Donna Greiner e Theodore B. Kinni in “Ayn Rand and Business” – Rand descrive la razionalità come una forza inesorabile e lo strumento più potente nell’arsenale di chi combatte”. (…) Pensare razionalmente significa agire razionalmente. Per Rand, non v’è alcuna separazione tra la mente e il corpo e, di conseguenza, non v’è alcuna separazione tra conoscere la giusta cosa e farla”.
Ma ciò è possibile esclusivamente in una società libera, con un’economia libera, quella capitalistica. Perciò, scrive Rand in “The Virtue of Selfishness”, “i soli sostenitori dei diritti umani sono coloro i quali sostengono il capitalismo del laissez-faire”, mentre i diritti collettivizzati, sostenuti dai liberals, producono discriminazioni fra i vari gruppi sociali, che si contendono i favori dello stato, e, alla fine, la negazione stessa dei diritti individuali: “Quando lo stato è privo di limiti e non è tenuto a freno dai diritti individuali, un governo è il più mortale nemico degli uomini. Il Bill of Rights non è stato scritto come protezione dalle azioni private, ma dalle azioni statali”. La protezione dei diritti individuali rappresenta la base di una società libera. Sulla base di tutte queste considerazioni, l’egoismo, di cui parla Rand, è un concetto ben diverso da quello in uso, ma consiste nella capacità razionale dell’individuo di perseguire la propria auto-realizzazione, senza per questo intaccare il diritto altrui a conseguire lo stesso scopo. Questa filosofia è da Ayn Rand definita “Oggettivismo”. Ma tutto questo può avvenire esclusivamente in un’economia capitalistica. “Se (…) si vogliono difendere i diritti individuali – scrive ancora Rand – occorre comprendere come il capitalismo sia l’unico sistema che possa sostenerli e proteggerli”.
Un sistema sociale fondato sulla limitazione del potere dello Stato e sulla protezione dell’individuo contro la prepotenza della collettività è un sistema morale. Da questo punto di vista, “gli Stati Uniti furono la prima società morale della storia. (…) Gli Stati Uniti consideravano l’uomo come un fine in sé e la società come un mezzo che permettesse la coesistenza pacifica, ordinata e volontaria degli individui”. Tuttavia, Rand osserva con amarezza come una buona parte di tutto ciò si sia perso nel corso della storia americana. Infatti, afferma che il capitalismo puro non è mai esistito, neppure negli Stati Uniti: “Il capitalismo non è il sistema del passato; è il sistema del futuro, se il genere umano vorrà avere un futuro”. Per questo motivo, nel 1966, Ayn Rand pubblica “Capitalism: The Unknown Ideal”, una raccolta di suoi saggi pubblicati in varie sedi. Qui Rand condensa le sue riflessioni sul concetto di capitalismo come fondamento di una società libera: “Il capitalismo è un sistema sociale basato sul riconoscimento dei diritti individuali, inclusi i diritti di proprietà, per i quali tutta la proprietà è posseduta in forma privata”. Sulla base di quest’assunto Rand dedica un significativo saggio alla rivolta studentesca nelle Università americane cui si stava assistendo in quegli anni. Secondo Rand, il Free Speech Movement ricorda da vicino i fronti comunisti degli anni ’30 per il suo tentativo di manipolazione della massa studentesca, con la differenza che i comunisti avevano agito in modo coordinato e disciplinato, secondo il metodo del partito, mentre i “ribelli” sono una setta eterogenea e insensata. Al di là di questo, essi dichiarano di combattere il “sistema”, essendone, però, “i docili pupilli”, come scrive Rand, in quanto reclamano esattamente ciò che i liberals degli anni ’30 avevano proposto e che oggi rappresenta le posizioni dell’establishment al potere.
Così, scrive Ayn Rand, “una ribellione che brandisce strumenti convenzionali e banali non è molto convincente né molto originale”. Come esito di questo distorto processo, l’obiettivo dello studente universitario oggi è “tenere a mente una serie di parole sconclusionate e cacofoniche sufficienti per superare il prossimo esame”. Rand approfondisce questi concetti in “The New Left: The Anti-Industrial Revolution” (1971), ravvisando nella Nuova Sinistra americana, erede della “ribellione” studentesca, un movimento contrario alla modernità capitalistica, collettivista, negatore dell’individualismo che è alla base della civiltà occidentale e soprattutto della cultura americana: fonte inesauribile, quest’ultima, dell’ispirazione artistica e del pensiero filosofico di Ayn Rand.
Il Foglio sportivo - in corpore sano