Bellezze in bianco e nero
Le attrici messe alla prova dell’età nel nuovo calendario Pirelli presentato a Parigi. (E se lo vendessi?)
La signora con il vestito frusciante e le gambe nude sotto il cappotto morbido sta tremando perché stasera a Parigi è rimasto solo un grado a scaldare le donne vestite per la cena di gala, e anche quell’ultimo grado sta fuggendo via veloce. Ma la signora e le amiche non si lamentano, fa parte delle regole: mai lamentarsi, mai mangiare ai buffet, né altrove, mai accettare una stanza d’albergo senza prima aver fatto cambiare il piumino del letto con una coperta di lana, più salutare, e tutte ricordano allegre quella volta in cui il calendario Pirelli si celebrava a Mosca, con meno venti gradi: erano anni di grande audacia e le signore avevano cercato di attraversare la Piazza Rossa a piedi, sui tacchi, con un cappellino di pelliccia soltanto appoggiato sulla testa, per non rovinare le acconciature: a metà della piazza alla più bionda di tutte si sono rotti i capillari degli occhi per il gelo e per la nudità elegante, quindi sono tornate indietro, una nuvola di grigio perla che sfiorava il ghiaccio con i sandali alti, in una combinazione di saltelli e passettini, sorreggendosi l’un l’altra per i gomiti, e hanno sorriso al concierge con le labbra prima rosse e adesso quasi blu: un’auto riscaldata per questi pochi metri, sia gentile, siamo assiderate. Il calendario Pirelli è una conquista, un premio, la necessità di uno smoking, la possibilità di dire una sera a cena: ero alla Cité du Cinema di Luc Besson e sinceramente ho trovato Uma Thurman invecchiata e con i capelli rovinati, un po’ da spazzacamino, poverina, invece Helen Mirren è sempre irresistibile ed è così originale, a me ha detto “Bonsoir” strizzandomi l’occhio e facendo una smorfia, non è incredibile?
La regola di quest’anno, e quindi del prossimo, è andare pazzi per la personalità e per la bellezza messa alla prova dall’età: si deve ripetere senza mai stancarsi che la più bella di tutte è sempre Charlotte Rampling, ed è facile perché lei toglie davvero il fiato, ma bisogna dirlo con la convinzione di una battaglia, perché il tema è la bellezza reale, la ribellione ai modelli di perfezione: il compito delle grandi stelle del cinema è insegnare alle giovani donne ad accettarsi per quello che sono, e allora il grande fotografo Peter Lindbergh (che alle intervistatrici ha fatto dono di una foto scattata con il telefono, per le quali sono tutte arrabbiate perché sono venute “dei cessi”, e la grandezza di Peter Lindbergh come fotografo adesso viene pericolosamente messa in discussione: le giornaliste lo guardano con un misto di repulsione e diffidenza), ha lasciato le lentiggini sulle gambe e sulle braccia di Julianne Moore. Ha avvolto Helen Mirren dentro una coperta ruvida. Ha mostrato le palpebre affaticate nel meraviglioso sguardo di Charlotte Rampling. Ha esaltato la bellezza forte e viva di Robin Wright e di Kate Winslet. Le gambe, le cosce, le mani (un diciassettenne ha telefonato alla madre a Parigi, quel giorno, lei l’ha messo in viva voce perché sapeva che cosa stava per dire: “Mamma è inutile che porti il calendario a casa se non c’è neanche una tetta”. Non c’è neanche una tetta infatti, solo Jessica Chastain è un po’ scollata). E Peter Lindbergh, in nome di questo titolo, “Emotional”, ha aggiunto qualche piccolo segno di vita che scorre al volto di Nicole Kidman, che occupa i primi tre mesi del calendario e ha dichiarato che è stata “un’esperienza sensazionale essere fotografata così, mai nessuno mi aveva fotografata così, mai nessuno ha visto questa parte di me ed è bellissimo”.
Nicole Kidman. “E’ stato elettrizzante mettere a nudo l’anima in questo modo così naturale”
Nicole Kidman ha ripetuto durante la conferenza stampa quanto sia stato pazzesco, elettrizzante, meraviglioso, mettere a nudo l’anima in questo modo così naturale e privo di artifici, e Lindbergh ripeteva indicando lei e Uma Thurman e HelenMirren: “Che cosa c’è di più sexy di questi volti?”, mentre tutti alzavamo commossi verso il cielo i telefoni solo per ri-fotografare Nicole Kidman, felici di inoltrarla agli amici e dire: se lei è naturale io sono la regina d’Inghilterra. Tutti gli uomini presenti al gran galà di Pirelli, dentro gli smoking affittati o ereditati o acquistati online o ordinati al sarto, erano costretti a dire che no, Nicole Kidman vestita d’argento non è per niente bella, è troppo di marmo, è anche un po’ gonfia, e poi sì, è vero, è troppo alta, e con la vita troppo stretta, e con i capelli di un colore così finto, stopposi: è così poco umana amore mio, tu sei mille volte meglio, ripeteva in inglese, per farsi capire da tutti i compagni di tavolo, un signore egiziano alla moglie, era così sincero che la moglie si è commossa nonostante il carico di ciglia finte che le bloccava gli occhi, e ha sorriso così tanto che io ho avuto paura che le saltasse qualche importante collegamento fra le guance e il naso proprio lì, sulle orchidee bianche al centro della tavola, proprio adesso che al Cairo, aveva appena detto, è tutto “under control”. Ma è andata benissimo invece, perché Parigi è perfetta per tutta questa bellezza da conservare per sempre, e perché il freddo che faceva fuori, sulle navette che portavano gli ospiti a Saint Denis, e sotto i tendoni durante i controlli di sicurezza nelle borsette e dentro i cappotti, con la sensazione di essere sempre e comunque degli imbucati anche se con il braccialetto di invito al polso, con la paura, anzi la certezza, di non avere un vestito abbastanza elegante, abbastanza “black tie”, con tutte le inquietudini e le inadeguatezze e anche quel senso del ridicolo che affiora quando ci si accorge dei camerieri immobili in file di venti, con i vassoi degli aperitivi pronti, che guardano gli ospiti avanzare con gli sguardi rapaci, ogni disagio possibile insomma viene spazzato via dalla scoperta che tutti, ovunque si trovino, a qualunque titolo siano lì, qualunque grado di confidenza abbiano con Helen Mirren e Afef Tronchetti Provera, stanno solo aspettando di farsi un selfie. Stanno scrutando l’immensità della sala alla ricerca dell’angolo migliore, dello sfondo più importante, della compagnia più esaltante.
Anche Lindbergh sul palco si è fatto un selfie con le protagoniste del calendario, per dirci che era giusto, che non dobbiamo vergognarci. Possiamo fotografare le tovaglie, i centrotavola, anche se non siamo ospiti giapponesi, possiamo fotografarci perfino accanto ai pneumatici dorati al centro di uno dei saloni, possiamo cercare di catturare la risata di Uma Thurman, e anche questa invenzione importante della mollettina da aperitivo: la mollettina è infilata sul piccolo boccone appoggiato sul vassoio, mettiamo che sia un involtino di formaggio, o di patè, della dimensione perfetta per essere ingoiato intero e per non riempire la bocca in presenza di fotografi. Si prende il boccone dal vassoio con la mollettina, lo si infila in bocca, si sfila velocemente la mollettina e la si appoggia nella ciotola con cui il cameriere insegue chiunque stia masticando, e che subito farà scomparire con un gioco di prestigio, forse in una tasca o forse nelle mani di un altro cameriere, forse c’è un’apposita catena umana per far scomparire tutte le mollettine della festa del calendario Pirelli, e c’è un deposito di mollettine nelle cantine della Cité du Cinema. In questo modo la dignità di un uomo in smoking che non sa resistere alla fame è salva, la bellezza di una signora in abito lungo da sera che ha bisogno di una porzione singola di roquefort non verrà intaccata dalla difficoltà di maneggiare contemporaneamente bicchiere e piattino, a nessuno cadrà il bicchiere, nessuna si rovinerà il rossetto, nessuno si farà male. Si potrà chiacchierare. Del “secondo guardarobino”, di solito di emergenza, tenuto nelle città in cui si scende per lavoro di tanto in tanto, e della estrema difficoltà, quest’anno di portare a casa il calendario Pirelli, grande almeno il doppio di un bagaglio a mano, perché imballato nel cartone con un’unica maniglia che sega le mani. Nessuno, per nessuno motivo, ha intenzione di rinunciare al calendario. Molti anzi cercando di ottenerne almeno due, i più audaci tre. Una giornalista, come me alla sua prima volta alle celebrazioni per il calendario, mi chiede se forse non sarebbe doveroso offrire il calendario al direttore del suo giornale, io le dico che se lo farà io perderò completamente la stima che ho di lei. Il calendario è il trofeo, e viene consegnato agli ospiti solo al momento di riprendere i cappotti per tornare in albergo, e però dopo pochissime ore spuntano già i primi calendari Pirelli 2017 su Ebay, e un marito telefona alla moglie, che è ancora in taxi di ritorno dalla festa, per comunicarle da Milano le quotazioni, lo capisco perché lei dice: “No! Ti ho detto che lo voglio tenere! Non mi importa se sale!”.
E anche io lo voglio tenere, e non mi importa se sale, lo voglio appendere da qualche parte e lasciarlo anche quando il 2017 sarà finito, voglio lasciarlo sopra Maggio che è il mese che ha la faccia stupenda di Léa Seydoux, e per farlo sono disposta a farmi segare le mani dal cartone in aeroporto, e a implorare la hostess di lasciarmelo portare come bagaglio a mano (non tutti ci riusciranno). Chi ha più coraggio, e abitudine al lusso, ha già dato disposizioni perché il calendario venga spedito a domicilio, ma io in ogni caso non voglio separarmene, e appena arrivo a casa, dove mia figlia mi aspetta in lacrime perché deve preparare la verifica di matematica, cerco di consolarla mostrandole con entusiasmo il calendario Pirelli. Sfoglio i mesi, le dico: guarda, Kate Winslet, guarda quanto è bella, ti piace?, guarda Penelope Cruz, massì guarda anche Nicole Kidman, e lei mi dice, perplessa: ma che cos’è? Come che cos’è, è un calendario. E a che cosa serve? Serve a controllare i giorni, i mesi, l’anno, ma questo serve soprattutto a guardare le fotografie, ti piacciono? Mia figlia scuote la testa e ricomincia a piangere per la verifica di matematica, mio figlio rovescia la Coca Cola sul tavolo, la Coca Cola rovesciata si avvicina molto velocemente al calendario, ma io urlo, mi getto sul tavolo e lo salvo. I miei figli si guardano e ridono, lui dice a lei, che ha smesso di piangere: la mamma a Parigi è diventata pazza.
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