C’è un momento in cui la commedia politica italiana, mentre percorre l’accidentato percorso tra l’intrattenimento, lo show e gli affari pubblici, smette di far sorridere. E’ il momento in cui le cose si fanno serie, diventano questioni internazionali, e l’arte politica diventa diplomazia, esperienza, saper stare al mondo, e poi anche Realpolitik, interesse nazionale, perfino l’immagine di un paese. Così, in un Parlamento abitato da cittadini eletti che credono alle sirene e negano l’allunaggio, nel luogo sacro della democrazia che ospita documentari sul complotto delle scie chimiche e dichiarazioni stenografate sull’inside job dell’11 settembre, insomma, in un contesto così, è difficile notare il peggio. Ma il peggio esiste: si nota quando l’attività parlamentare assume la forma dell’avanspettacolo, ed è proprio in quel momento che la popolarità diventa una maschera di Giano, con due facce. Da una parte fa ridere, dall’altra è grottesca, spaventosa, e più di ogni altra cosa: pericolosa.
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