L'altra Gioconda
Isabella d’Este, forse la vera Monna Lisa: è la tela di Leonardo che si contendono Italia e Svizzera. Tra dubbi e colpi di scena
Non solo la Gioconda. Un’altra dama di Leonardo da Vinci – o almeno che viene da più parti attribuita a lui – è al centro di un contenzioso internazionale che disputa sulla legittima collocazione dell’opera. Svizzera e Italia si contendono il ritratto di Isabella d’Este, ritrovato dopo cinquecento anni nel caveau di una banca svizzera. La storia di questo dipinto è tanto affascinante quanto intricata: un filo rosso lo lega a un celebre disegno preparatorio di Leonardo e addirittura al ritratto della Monna Lisa, snodandosi attraverso varie fasi della vita dell’artista, misteriose sparizioni e insperati ritrovamenti. Il quadro è un olio su tela di 61x46,5 cm. Ritrae una figura femminile con la testa cinta da una corona e un ramo di palma stretto in una mano che appoggia su una ruota dentata. La donna, come indicano i suoi attributi, è santa Caterina (la ruota è quella del suo martirio), ma il quadro ricorda in maniera lampante un disegno preparatorio raffigurante Isabella d’Este, realizzato da Leonardo e oggi esposto al Louvre. La tela appartiene a una famiglia svizzera che l’ha ereditata insieme ad altri quattrocento quadri, acquisiti nel tempo dalle varie generazioni. Ma in base a quali elementi alcuni studiosi sostengono che quella santa Caterina sia in realtà Isabella d’Este e che sia opera del genio toscano?
Per sciogliere la matassa, bisogna risalire all’inizio del 1500, durante un soggiorno di Leonardo a Mantova. Nel 1499 infatti l’artista aveva abbandonato Milano, dove aveva lavorato per Ludovico il Moro, dopo che la città era stata presa d’assalto dall’esercito francese. Deciso a tornare a Firenze, durante il viaggio Leonardo fece tappa a Mantova, poi a Venezia e Bologna. Nella città lombarda fu ospite presso Isabella d’Este, moglie del marchese Francesco II Gonzaga, signore di Mantova. La marchesa fu una delle figure più influenti di Rinascimento, donna di cultura e generosa mecenate, la cui vita emerge oggi dalla sua fitta corrispondenza con celebri artisti. Ospitò a Mantova pittori come Mantegna, Tiziano, Perugino, Raffaello, e promosse le discipline umanistiche dando ospitalità ad Ariosto, Baldassarre Castiglione e Pietro Bembo. Isabella aveva predisposto per se stessa un appartamento privato, soprannominato lo “studiolo”, in cui si dedicava alle sue predilette attività intellettuali, circondata da collezioni di quadri, statue e reperti archeologici. Isabella conosceva Leonardo già da prima del suo arrivo a Mantova: durante un viaggio a Milano, aveva ammirato il ritratto di Cecilia Gallerani, la celebre Dama con l’ermellino, che raffigura una nobile ragazza di quindici anni, divenuta amante di Ludovico il Moro. Isabella ne era rimasta talmente affascinata da chiedere al suo ospite Leonardo di realizzare un ritratto anche per lei, da poter aggiungere alla sua collezione di opere. Secondo le fonti, Leonardo avrebbe disegnato due schizzi preparatori: uno sarebbe stato consegnato ai Gonzaga e non si sarebbe più trovato, l’altro sarebbe rimasto in possesso di Leonardo, che lo avrebbe portato a Venezia. E’ quest’ultimo il disegno, realizzato su cartoncino con gessetto nero, sanguigna (un pastello rosso) e pastello giallo, che si trova oggi a Parigi. La figura è parzialmente bucherellata sul contorno, segno evidente che il pittore stava per trasporre il disegno in dipinto (con la tecnica dello spolvero si appoggia il foglio sulla superficie da dipingere e si tamponano i fori con il carboncino, in modo che il pittore abbia una linea guida sul nuovo supporto). Tutto era pronto per mettere mano al pennello. Eppure, l’esistenza di quel dipinto resta ancora oggi un mistero. Come si legge dalla corrispondenza di Isabella, la nobildonna insisteva che Leonardo portasse a compimento il lavoro, ma l’artista era già ripartito per il suo viaggio ed era impegnato su altre opere.
Non si sa se Leonardo abbia mai infine realizzato il dipinto. La svolta arriva però inaspettatamente secoli dopo e ci costringe a fare un ampio balzo temporale fino ai giorni nostri. Nel 2013 il settimanale Sette annuncia il ritrovamento del quadro di santa Caterina. Il tribunale di Pesaro riceve infatti una segnalazione secondo cui un avvocato del luogo è in possesso del mandato a vendere un dipinto custodito in una banca svizzera per una cifra non inferiore a 95 milioni di euro. Gli esperti d’arte riconoscono le somiglianze tra questo quadro e il disegno preparatorio realizzato da Leonardo a Mantova e ipotizzano subito che si tratti proprio di quel dipinto di Isabella d’Este che si credeva perduto o mai realizzato. Carlo Pedretti, massimo esperto di Leonardo da Vinci, analizza il quadro e avanza una teoria: il ritratto del caveau potrebbe facilmente essere una copia di un originale dipinto a olio, oggi andato perduto. Quindi, secondo Pedretti, sarebbero almeno tre le versioni del ritratto di Isabella d’Este: il disegno preparatorio oggi conservato al Louvre, il perduto dipinto a olio e questa copia. Il quadro rinvenuto in Svizzera (cioè la copia) sarebbe antico, ma avrebbe subìto in epoca posteriore delle aggiunte (la corona, la palma e la ruota) che avrebbero trasformato il ritratto di Isabella d’Este nell’immagine sacra di santa Caterina. Pedretti ipotizza che questo dipinto sia stato eseguito da Leonardo in collaborazione con un allievo nell’ultimo periodo della vita del maestro, quando Leonardo e Isabella si rincontrarono a Roma nel 1513, ospiti di Papa Leone X.
Tutto era pronto perché Leonardo mettesse mano al pennello. Eppure l'esistenza di quel dipinto resta un mistero
Che fine fa dunque il dipinto? Per il momento non tornerà nel suo paese d’origine, ma rimarrà sotto la confisca delle autorità elvetiche competenti, fino a quando la condanna a carico della proprietaria del quadro sarà passata in giudizio. L’Italia resta quindi in attesa di un dipinto il cui valore è stimato intorno ai 100 milioni di euro, ma dalla paternità ancora discussa.
Sul punto di essere venduto per 120 milioni. Ma per Sgarbi è "una crosta, opera di un peracottaro che l'ha dipinta cinquant'anni dopo"
Leonardo si rivela così anche un ottimo caricaturista: riempie i suoi taccuini di schizzi che esagerano i tratti caratteristici delle persone (il naso, il collo, le rughe, ecc.), quasi deformandoli in esseri mostruosi. Lo stesso disegno di Isabella d’Este non risparmia alla nobildonna un crudo realismo nella figura, come si nota dall’accenno di doppio mento e dallo sguardo freddo e distaccato che sembra suggerire un carattere duro. Ogni singola parte del corpo era oggetto di uno studio puntiglioso da parte di Leonardo. Il Libro di pittura, per esempio, contiene una specifica catalogazione di tutte le possibili forme del naso, ma un lavoro simile, scrive Leonardo, andrebbe fatto anche per occhi, bocca, orecchie, eccetera. Questa catalogazione serve al pittore per meglio memorizzare un volto e poterlo poi ritrarre in un secondo momento, a distanza. In base a questa tecnica teorizzata e utilizzata da Leonardo, gli studiosi non escludono che l’artista abbia realizzato anche la Gioconda e il ritratto di Isabella d’Este senza avere la modella davanti.
L'artista, scriveva Leonardo, deve "dimostrare quello che la figura ha nell'animo: altrimenti la tua arte non sarà laudabile"
Il mistero che circonda diversi lavori di Leonardo aleggia ancora ai nostri giorni e forse è proprio per questo che le opere del maestro continuano ad affascinarci, tanto da essere contese fra nazioni. Certo è emozionante poter immaginare che la donna del dipinto ritrovato nel caveau sia proprio la Monna Lisa, perché se le autorità svizzere acconsentiranno a consegnare l’opera, l’Italia potrà dire di aver ritrovato la propria Gioconda.
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