Si può cavalcare a due andature anche sulla groppa del cavallo di viale Mazzini, dunque accade che mentre quotidiani e riviste aspirano voluttuosi qualunque rigurgito di polemica affiori dalle prese d’aria antistanti l’ingresso della sede Rai, Francesco Vezzoli, artista di rilevanza mediatica prediletto di Miuccia Prada che di lui cura anche il look, si sia ricordato dei pomeriggi della propria infanzia trascorsa davanti ai programmi della tv nazionale e al momento stia apportando gli ultimi tocchi a un grande progetto espositivo che aprirà ai primi di maggio alla Fondazione Prada: “Tv 70: Francesco Vezzoli guarda la Rai”. Per chiunque abbia superato i quarant’anni, si tratta di un compendio gioioso, ma anche riflessivo, sui meccanismi che regolavano la più potente macchina di produzione culturale e identitaria del paese in anni difficili. Anni in cui la Rai, smesso il ruolo prettamente pedagogico degli esordi, investiva in cultura visiva e politica. Per tutti gli altri la visita, che alterna video a opere d’arte di Burri, Schifano, Fontana, Boetti, Fabio Mauri con il Televisore che piange, cioè i primi grandi artisti arrivati nelle case degli italiani grazie al piccolo schermo, sarà la scoperta di una programmazione che si riteneva abbastanza forte da non aver bisogno di ricorrere ad attricette di mezza età per ballare malamente il tango perché le professioniste facevano la fila per esserci, insieme con registi da Oscar.
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