Storia, geografia, scienze: negli anni Sessanta e Settanta furoreggiavano tra gli scolari le collane tematiche “istruttive”

Un mondo di figurine

Maurizio Stefanini

Il primo a collezionarle fu il Re Sole, poi sono cresciute abbinate a dadi e detersivi. Trionfano con il calcio, e ora il colosso italiano che ne vende sei miliardi all’anno punta anche sul ciclismo

Panini: arriva la collezione di figurine sul Giro d’Italia”: 388 figurine adesive, che “potranno essere raccolte in un coloratissimo album da 64 pagine”, e 22 card, cui “è dedicato un astuccio-contenitore”. In copertina Vincenzo Nibali, vincitore della scorsa edizione del Giro, insieme ad altri campioni. Ogni team sono 16 figurine: 14 per i ciclisti e una per la squadra. E “nella raccolta è anche presente la figurina dedicata a Michele Scarponi, il capitano del team kazako Astana, deceduto nei giorni scorsi in un tragico incidente stradale al rientro da un allenamento”. Nella tradizione Panini, ogni figurina è una carta d’identità con nome, immagine nella maglia ufficiale del team, dati personali, informazioni sul curriculum atletico. Le card descrivono invece le singole tappe di questa edizione: sul fronte il profilo altimetrico; sul retro la planimetria, i dati e i commenti tecnici sulla frazione di gara. E poi, nell’album, varie sezione speciali: “Giro 100: I Numeri”; “Giro 100: il percorso” “Giro 100: il film”; “Maglia Rosa: la storia”; “Giro d’Italia Story”. Premi in palio, per estrazione, a coloro che spediranno a Panini 10 bustine vuote. E due eccellenze italiane che alla fine si incontrano, sfidando una cabala da cui proprio il Panini padre fondatore aveva messo in guardia!

 

La prima, e la più antica, è il Giro d’Italia. Lanciato il 24 agosto 1908 dalla Gazzetta dello Sport, con un annuncio in cui si promettevano 25.000 lire di premio al vincitore di quella che prima ancora di nascere veniva definita “una delle prove più ambite e maggiori del ciclismo internazionale”; partito da Milano alle 2:53 del 13 maggio 1909 con una primissima tappa vinta da Dario Beni sul traguardo di Bologna dopo 397 km percorsi a una media oraria di 28,090; assegnato il successivo 30 maggio nella sua prima edizione a Luigi Ganna dopo 8 tappe di complessivi 2.448 km; e ora arrivato alla sua edizione numero 100. Dopo 108 anni: ma bisogna considerare le interruzioni belliche del 1915-18 e del 1941-45. Un Giubileo ovviamente all’insegna di Scarponi, cui è stata intitolata la salita del Mortirolo. Ma che vede anche lo storico omaggio della Panini di Modena: più giovane del Giro di 53 anni, ma nel suo campo più eccellenza ancora. Con tutto il suo pedigree, il Giro d’Italia nell’aristocrazia dei trofei ciclistici resta ancora solo il numero due dopo il Tour de France: che era nato sei anni prima, e che gli aveva fatto da modello. Nel mondo delle figurine, invece, la Panini è la prima. Presente in 120 paesi, ha un organico di 1.000 dipendenti, 450 dei quali in Italia. E italiana è tornata dal 1998 la proprietà, dopo essere passata nel 1988 all’inglese Maxwell e nel 1994 all’americana Marvel. Anzi, dal settembre del 2013 è stata la Panini a rilevare il ramo periodici della Disney Italia: compreso il popolarissimo Topolino.

 

Il fatturato della Panini è di mezzo miliardo di euro negli anni dispari, di 600 in quelli degli Europei di calcio e di 700 in quelli dei Mondiali

Il fatturato del gigante di Modena è di mezzo miliardo di euro negli anni dispari, che salgono a 600 in quelli degli Europei di calcio e a 700 in quelli dei Mondiali, a dimostrare la particolare dipendenza della Panini dal mondo del football. A parte Topolino, il catalogo elenca però ben 1.842 album in varie lingue: su fumetti, manga, film della Disney, eroi per bambini, anche altri sport. Dall’Era glaciale a Batman e da Peppa Pig a Zagor passando per Geronimo Stilton, Capitan America, Violetta, il Re Leone, la Bella e la Bestia, le Principesse Disney, l’Nba di basket in italiano, rugby e handball in francese. “Celo!”, “manca!”. Walter Veltroni quando tra il 1992 e il ’95 fu direttore dell’Unità sdoganò gli album della Panini come fenomeno culturale dandoli in regalo assieme a libri e videocassette: oltre a rilanciare per un po’ il giornale, ed a farci decollare la sua stessa carriera politica. Ma già da prima lo stesso vocabolario italiano ha ripreso dai modi di dire dei bambini che si scambiano i cartoncini mancanti. Sono state pure le Edizioni Panini a coniane parole come “bisvalida” o “pentavalida”: la “quotazione” delle figurine per raggiungere un punteggio in cambio del quale si ottiene un premio. Ma fra tanti variegati aspetti in questo peculiare caleidoscopio il ciclismo non era mai entrato, per un motivo che lo stesso Giuseppe Panini aveva spiegato in un’intervista del 1996 fatta proprio 15 giorni prima di morire. “I nostri risultati li abbiamo ottenuti con un prodotto che può considerarsi non proprio stagionale, ma senz’altro legato a precise scadenze”, raccontò, citando proprio il caso della Gazzetta dello Sport “che sulla scorta delle mie chiacchierate fece uscire una raccolta sul ciclismo”. Ma “prestò poca attenzione al periodo e fu un flop. Il ciclismo è uno sport estivo e in estate le scuole sono chiuse. Se le scuole sono chiuse le figurine non si vendono perché in agosto, a Rimini, in spiaggia, le figurine non le vogliono neanche a spingerle”. Insomma, “le figurine hanno una loro stagione”: “io uscivo e distribuivo sempre le figurine tra Natale e l’Epifania di modo che, il giorno 7, quando riaprivano le scuole, tutta l’Italia fosse servita”. “Ci sono delle ragioni a sostegno di queste scadenze, perché una raccolta che esce nel mese di ottobre ha, al massimo, un mese di vita. Il Natale, con le sue vacanze scolastiche, interrompe tutte le iniziative anche da un punto di vista psicologico, e non bisogna dimenticare che si comincia a pensare al Natale dal 5 o 10 dicembre. Da quella data in poi si pensa solo al Natale e tutte le altre cose vanno nel dimenticatoio; è difficile che una raccolta uscita in ottobre riprenda le vendite in gennaio. Infatti, se si ricomincia a uscire in gennaio, i bambini, che tornano a scuola pervasi da un’ansia e da una voglia di qualcosa di nuovo, percepiscono la stessa raccolta di figurine uscita a ottobre o novembre come qualcosa di vecchio”.

 

L’analisi dimostra il particolarissimo fiuto di questo capitano d’industria venuto da una famiglia poverissima originaria della stesso Maranello della Ferrari, che poi finì tutta a lavorare nelle figurine. Quattro sorelle e quattro fratelli: uno che era stato operaio in Fiat; un altro che per seguire il successo dell’azienda si licenziò da una banca; un altro che tornò dal Venezuela. L’epopea la raccontò Nunzia Manicardi in un libro uscito nel 2000 per Guaraldi: “Figurine Panini. Storia di un impero industriale, di una famiglia italiana e di un fenomeno di costume”. Ma prima ancora di Giuseppe, un’intuizione l’aveva avuta la madre Olga: una sarta rimasta vedova che amava appassionatamente la lettura, e che pensò di comprare per un tozzo di pane a rate un’edicola: nel gennaio del 1945, in un momento di occupazione tedesca e fame in cui nessuno leggeva più giornali, che peraltro a Modena avevano perfino smesso di arrivare, ma ad appena quattro mesi da quella Liberazione che avrebbe invece di nuovo scatenato negli italiani la febbre per informarsi. Moglie di un fascista in buona fede e madre di un partigiano, in una città rossa la signora Olga aveva avuto anche il fegato di essere l’unica a offrire in vendita l’Uomo Qualunque e Candido, sfidando le minacce delle squadracce comuniste. In seguito l’edicola si sarebbe caratterizzata per altre “trovate”: in particolare, l’offerta a prezzo stracciato di buste con dentro “gialli” o fotoromanzi usati, o francobolli per collezionisti staccati dalle buste della corrispondenza domestica. Cromosomi di un nonno che era stato un originalissimo inventore di macchine per l’agricoltura, appassionato di fisarmonica, cultore di enigmistica con un nome d’arte di “Paladino” che ha poi dato spunto al disegno del cavaliere in armatura che appare nel logo della ditta, abituato a riflettere per una malattia che lo aveva obbligato a stare per molto tempo a letto, Giuseppe provò la prima volta il business delle figurine con una serie di fiori che fu un flop tremendo. Pesantemente indebitato, tenne però duro, e quando nel 1961-’62 ci riprovò con un album di calciatori, vendette tre milioni di figurine, che divennero 15 milioni nel 1962-’63, e 29 milioni nel 1963-’64. Adesso, la Panini piazza 6 miliardi di figurine ogni anno.

L'introvabile Feroce Saladino degli anni Trenta. La caccia a Pizzaballa nel '63-'64. Una clientela che non è solo di bambini

Le figurine, in realtà, esistevano già. Proprio per conoscere bene il tema su cui lavorava, Giuseppe Panini aveva creato una ricchissima collezione che dal 1986 era esposta all’intero dell’azienda, nel 1992 fu donata al comune e dal 15 dicembre del 2006 è andata a costituire il primo museo pubblico della figurina al mondo. Appunto grazie a questo materiale sappiamo che la paternità della figurina è contesa tra il Re Sole e i grandi magazzini parigini “Au bon marché”. Il primo ha evidentemente la precedenza cronologica, con una collezione di immagini di corte e delle più famose regine d’Europa che nel 1644 si era fatto realizzare dal tipografo fiorentino Stefano della Bella. Fu però “Au bon marché” nel 1866 ad avere l’idea di regalare cartoncini abbinati ai vari prodotti, da dare ai figli dei compratori che accompagnavano i genitori: soprattutto il giovedì, giorno allora di vacanza scolastica. Nel frattempo, già nel 1847 era nato l’estratto di carne del barone Justus von Liebig: un aristocratico tedesco che aveva inventato quel prodotto per salvare un’amica della figlia malata di tifo, e che poi ne aveva fatto a sua volta un impero economico e un’icona di progresso. Per promuoverlo, von Liebig nel 1872 ebbe l’ulteriore idea di mettere nelle confezioni figurine a colori: emissioni che andranno avanti fino al 1974, con ben 1.866 serie.

 

Tra il 1879 e il 1888 anche varie ditte di sigarette in Inghilterra e negli Stati Uniti iniziano a mettere figurine nei pacchetti: anche in questo caso, più per i figli dei compratori che per i compratori stessi. E qui i soggetti iniziano già ad assomigliare a quel tipo di collane tematiche “istruttive” che negli anni 60 e 70 furoreggiavano tra gli scolari come ausilio per le ricerche: Storia, Geografia, Scienze. La consuetudine si interruppe durante la Prima guerra mondiale, come conseguenza del razionamento della carta. Dagli anni 50 negli Stati Uniti le figurine vengono distribuite soprattutto assieme alle gomme da masticare, su idea della Topps Chewing Gum. Dopo serie su programmi televisivi, film sui cowboy, caccia grossa in Africa e football americano, nel 1952 nasce il primo album sul baseball completo di dati statistici e risultati sportivi. Solo dal 1981, però, la Topps si metterà a vendere le figurine direttamente senza chewing gum.

 

Adorate dai bambini, le figurine ogni tanto scatenano anche i grandi. Ad esempio nell’Italia del 1934, quando la Eiar abbinò al popolare programma radiofonico “I quattro moschettieri” un album di figurine con i personaggi della trasmissione, in vendita con le confezioni di dolciumi della Buitoni Perugina. Ben 200 italiani riceveranno l’utilitaria Topolino che si otteneva con 150 album completi, ma alcune figurine sembravano rarissime: in particolare, quella del “Feroce Saladino”. Perfino un film verrà dedicato a questa mania, finchè, dopo tre anni di follie, non intervenne lo stesso Mussolini a vietare il tutto per decreto; secondo i maligni, perché infastidito dalla massa di parenti e amici che gli chiedevano di intercedere per trovare le carte introvabili.

 

Tra il 1992 e il '95 Veltroni direttore dell'Unità sdoganò gli album come fenomeno culturale dandoli in regalo assieme ai libri

Tra il Feroce Saladino e la Panini, in Italia ci furono poi le figurine della Prodotti dolciari Venturini Antonio Verona: caricature, figurine Patriottiche durante la guerra, figurine pro-Alleati dopo, calcio, ciclismo, mondo dello spettacolo. Dal 1953 con album dotati di linguelle, come quelli per fotografie. Tra 1949 e 1969 si aggiunge la Lavazza, e tra 1954 e 1986 la Mira Lanza: figurine odorose dei detersivi in cui erano collocate, e spesso associate ai popolari Caroselli di Calimero o dell’Olandesina. Anch’essi davano diritto a premi. Sono gli “Animali di tutto il mondo” messi in vendita tra 1950 e 1969 dalle Edizioni Lampo a offrire per la prima volta in Italia figurine non abbinate a un prodotto, ma vendibili direttamente in edicola. E altre ditte che si cimentano nel settore sono anche la Nannina, la Cicogna, la Baggioli, la Bea, la Edis, la Imperia, la Folgore, la Movicolor… Ma su tutte si impone la Panini. Da esperienze come quella del “Feroce Saladino” il vecchio Giuseppe si era convinto che la politica di stampare apposta alcune figurine in numero più limitato, apposta per creare la caccia alla mancante, poteva, sì, forse pompare il mercato nel breve periodo. Ma nel lungo lo azzoppava, perché i ragazzini si frustravano, e i genitori gli vietavano di sprecare soldi in raccolte che non si riusciva a finire. Sì, nel 1963-’64 ci fu lo stesso la famosa caccia a Pier Luigi Pizzaballa. Ma sembra che sia stata in raltà una sorta di illusione ottica: come portiere dell’Atalanta era il primo giocatore della prima squadra, e dunque la sua assenza si notava di più. E’ invece vera la storia che Sergio Volpi e Paolo Poggi erano introvabili in un album del 1997-98. Ma lì a stampare apposta meno figurine non era stata la Panini ma la Topps, come fu confessato a un “Mi manda Lubrano”. E poco da stupirsi che si fosse mobilitata quella che allora era la trasmissione numero uno del consumierismo tv in Italia, quando si ricorda che oggi almeno la metà delle figurine Panini è comprata da adulti.

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