Un miliziano dell'Isis distrugge un'antica statua custodita al museo di Ninive

Tabula rasa

Giulio Meotti

Sarà pure una “squadra di riserve”, ma il Califfato ha inghiottito civiltà millenarie. E dopo il suo crollo ci lascerà un medio oriente più islamico

Nel 1986 Federico Zeri scrisse sulla New York Review of Books: “Delle quattro grandi metropoli del mondo romano (Roma, Cartagine, Alessandria, Antiochia) soltanto la prima appartiene ancora all’occidente; di Antiochia, dei suoi famosi monumenti, non resta che qualche pavimento e mosaico, di Alessandria (celebre per la sua Biblioteca, per il suo Faro, una delle Sette Meraviglie del mondo, per le sue strade lunghe e diritte) qualche rottame indica il suo incomparabile splendore; e dell’immensa Cartagine i miseri resti dell’Anfiteatro, paragonabile al Colosseo, provocano, nel visitatore, un vero e proprio trauma. L’islam ha cancellato tutto”.

 

Qualcosa di simile potrà e dovrà essere scritto dopo il crollo dello Stato islamico.

 

Il Califfato si sta sgretolando, anche se troppo lentamente. Sono passati due anni e mezzo, infatti, da quando la Francia di Hollande promise, dopo le stragi di Parigi: “Bombarderemo Raqqa”. E’ probabile che prima o poi il Califfato venga ridotto a una énclave e che il suo capo, il califfo Abu Bakr al Baghdadi, venga dronato dagli Stati Uniti. Ma se lo Stato islamico sta “perdendo” fra Mosul e Raqqa, non si può negare che abbia “vinto” su molti fronti.

 

Lo Stato islamico avrà lasciato dietro di sé una infrastruttura del terrore senza precedenti (ha ucciso 277 europei solo in Europa in due anni). L’Europa occidentale è sotto assedio: nel 2017 c’è stato un attentato riuscito o tentato ogni nove giorni da parte degli affiliati allo Stato slamico. Il Califfato è stato un richiamo senza precedenti per la umma, la comunità mondiale dei fedeli islamici: dalle 27 alle 30 mila persone in tutto il mondo hanno lasciato le proprie case per combattere sotto la bandiera nera del califfo, e fra questi ci sono seimila europei. E non c’è soltanto chi è partito. Un sondaggio Icm parla di un francese su sei che simpatizza per l’Isis. Il 16 per cento dei musulmani di Francia. La percentuale sale al 27 per cento fra i giovani di diciotto-ventiquattro anni. Nel Regno Unito, un musulmano su cinque si dice favorevole all’Isis e si sale a uno su quattro fra i 18 e i 34 anni. In undici paesi islamici, una media del 14 per cento giudica con favore lo Stato islamico. Un bacino di consensi di 63 milioni di cittadini musulmani nel mondo schierati con la pratica e l’ideologia dell’Isis.

 

Ha raccolto 30 mila fedeli da tutto il mondo, atterrito l'Europa e sgominato l'esercito iracheno, su cui gli Usa hanno investito 25 miliardi

L’Isis ha reso il male virale. Il mondo rimaneva a guardare, esterreffatto, mentre l’Isis sdoganava le esecuzioni pubbliche degli ostaggi occidentali, i massacri delle truppe nemiche, la creazione di mercati delle donne a scopo di schiavitù sessuale, la lapidazione a morte dei gay e delle adultere, il ripristino della pena tramite crocifissione, i roghi umani, diffusi nel mondo attraverso diffusi video ad alta definizione e riviste online. In poche settimane, lo Stato islamico ha cancellato lo storico confine coloniale di Sykes-Picot, ha conquistato mezza Siria, lambito la periferia di Baghdad e scacciato con la coda fra le gambe l’esercito iracheno, nella cui formazione gli Stati Uniti avevano investito 25 miliardi di dollari.

 

Niente male per quello che Barack Obama aveva definito un “jv team”, una squadra di riserve. Ma l’Isis lascia soprattutto un’ampia eredità di distruzione culturale e di vite devastante, che si estende da Aleppo a Ramadi. L’Isis ha avuto successo nel realizzare una grande tabula rasa, una specie di anno zero musulmano. E’ questa la grande novità dello Stato islamico. Dopo la sua caduta, il Califfato avrà reso il medio oriente sempre più islamico, non soltanto nel paesaggio, ma anche nella demografia.

 

L’Isis ha spazzato via intere comunità che non torneranno mai più. Molti villaggi e città di yazidi all’interno della sua orbita sono destinati a rimanere permanentemente vuoti a causa della macellazione e della scomparsa dei sopravvissuti. I jihadisti sono riusciti a distruggere l’antica comunità cristiana di Mosul. E il vero livello del genocidio inflitto agli yazidi forse non verrà mai davvero quantificato. Un nuovo studio pubblicato sulla rivista Plos Medicine ha concluso che circa 9.900 membri della minoranza etnica e religiosa sono stati uccisi in pochi giorni nell’agosto 2014. 3.100 sono stati uccisi, mentre il resto è morto per fame, disidratazione o lesioni durante l’assedio dell’Isis sul Monte Sinjar. I ricercatori hanno stimato che 6.800 altri yazidi sono stati rapiti, con oltre un terzo che ancora manca all’appello. Ovunque è passato, come a Bashiqa, l’Isis ha raso al suolo tutti i luoghi di culto yazidi.

 

Un grande tempio yazida è in costruzione in un piccolo villaggio armeno, ad Aknalich, vicino a Yerevan, la capitale armena. Sarà il più grande tempio yazida del mondo ed è finanziato da Mirza Sloian, un imprenditore yazida che vive a Mosca. L’esilio è il prezzo pagato dagli yazidi.

 

Secondo Paul Veyne, l'Isis ha distrutto Palmira perché era una attrazione per gli occidentali. Poi ha continuato il lavoro in Europa

“Il cristianesimo in Iraq è finito”, ha detto il mese scorso Canon Andrew White, vicario anglicano di Baghdad. Come ha detto Louis Sako, a capo della più grande congregazione cattolica irachena, “questo non era mai successo nella storia cristiana e islamica. Neppure Gengis Khan arrivò a tanto”. Secondo un nuovo rapporto di Open Doors, a tre anni dal giorno in cui lo Stato islamico ha assunto il controllo della città irachena di Mosul, fino all’80 per cento della popolazione cristiana dell’Iraq e della Siria è emigrata. L’Isis è riuscito per la prima volta in duemila anni a non far celebrare la comunione cristiana a Ninive.

 

“Una cultura non ci sarà più”, ha affermato Amal Marogy, ricercatrice irachena, a una conferenza all’Hudson Institute. Mentre le infrastrutture, come la diga di Mosul, possono e saranno riprese dalle mani dell’Isis, “lo sradicamento della presenza cristiana” in Iraq significa “la fine di una civiltà pacifica” che “era lì da millenni”. I jihadisti nei giorni scorsi si sono accaniti sulle statue e i manufatti di epoca romana provenienti dal sito archeologico siriano di al Salhiye, conosciuto come Dura Europos, un’antica città della Mesopotamia, un importante centro economico e commerciale, grazie alla vicinanza con il fiume Eufrate e alla sua posizione privilegiata che la vedeva collocata lungo la Via della Seta. La città, nota come “la Pompei del deserto”, conteneva la più antica chiesa del mondo, nonché una sinagoga. Gli esperti hanno utilizzato immagini satellitari per contare 3.750 fori lasciati dagli islamisti.

 

L’Isis ha devastato le più note capitali della Mesopotamia antica, da Nimrud ad Hatra (ma evidentemente manca un nuovo Federico Zeri a constatarne il decesso). “Questa distruzione è senza precedenti nella storia recente”, ha appena dichiarato Marina Gabriel dell’American Schools of Oriental Research Cultural Heritage Initiatives, un istituto che segue la distruzione nelle aree detenute dell’Isis. Alla fine di aprile, le forze irachene hanno ripreso l’antica città di Hatra, scoprendo i danni da parte del Califfato. Nuove immagini satellitari di siti archeologici intorno alla città irachena del centro di Mosul hanno rivelato una distruzione senza uguali.

 

La ziggurat di Nimrud, costruita quasi 2,900 anni fa, è stata livellata dallo Stato islamico. Quando l’archeologo Austen Henry Layard la rinvenne, quella ziggurat fu considerata “la più spettacolare struttura sacra conosciuta dall’antica Mesopotamia”.

 

I terroristi dell’Isis hanno devastato la Mosul Public Library, dove 10 mila manoscritti sarebbero stati dati alle fiamme o rubati. Hanno lasciato intatti soltanto i testi islamici. “I libri che promuovono l’infedeltà e invocano la disobbedienza a Allah saranno bruciati”, avevano riferito ai residenti. E’ stato il più grande “libricidio” della storia recente.

 

L’Isis è riuscito a fare tabula rasa della storia ebraica di Mosul, bombardando le tombe di Giona, Seth e Daniele, i profeti della Bibbia. Il Califfato ha distrutto la prima città assira, Khorsabad, la capitale di Sargon II. Nel 1993, a duecento anni esatti dalla creazione del museo parigino del Louvre, il presidente francese François Mitterrand inaugurò l’ala Richelieu del museo con una grande mostra sugli Assiri, dal titolo “Da Khorsabad a Parigi”. L’Isis ha pensato bene di raderla al suolo.

 

Ha ucciso 10 mila yazidi e svuotato la piana di Ninive dei suoi abitanti cristiani. "Una cultura che non tornerà mai più"

Ma la devastazione più grande resta a Palmira, il più grande gioiello archeologico del medio oriente. Per capire cosa l’Isis ha distrutto in quel tesoro culturale basta guardare “L’eredità dell’antica Palmira”, una nuova mostra digitale sul sito Internet getty.edu e organizzata da Frances Terpak. Palmira delenda est. Nuove immagini sconvolgenti hanno rivelato come lo Stato islamico ha eliminato migliaia di anni di storia siriana, cancellando i tesori antichi del paese. Mentre i militanti disperati vengono espulsi dalle città, dai villaggi e dalle città in cui hanno governato, i terroristi hanno assicurato che i nuovi occupanti non trovino nulla. Il tempio di Bal è stato distrutto. Era la struttura di duemila anni dedicata al dio fenico, fatta saltare in aria con la dinamite. La replica dell’Arco di Palmira, distrutto dall’Isis a Palmira, in Siria, adesso è a New York. Ci siamo accontentati di farne una copia in cartapesta anziché andare a salvare l’originale. Un altro pezzo di architettura persa per sempre è il Leone di al-Lat, una statua di calcare che era stata coperta da sacchi di sabbia per cercare di proteggerla dal combattimento, ma non ha impedito ai terroristi di trovarla e farla a pezzi. Nel gennaio di quest’anno, il museo d’arte tradizionale Ajakbach è stato distrutto dall’Isis. L’Unesco era andato in missione per salvare quello che rimaneva dall’edificio, ma il viaggio di tre giorni è stato inutile. Gli islamisti avevano ridotto tutto in macerie. Anche la grande moschea di Al Sultania è stata ridotta in macerie.

 

Mentre l’Isis travolgeva tutto sul suo cammino, in Europa si pensava che fosse una storia che non ci riguardava, confinata in un esotico turistico. Ma gli islamisti stavano già pensando di ripetere in occidente un programma che avevano rodato così bene a oriente.

 

Scrive il professor Paul Veyne nel suo libro su Palmira: “Perché, nell’agosto del 2015, l’Isis ha avuto bisogno di far saltare in aria e distruggere il tempio di Baalshamin? Perché era un tempio dove i pagani prima dell’Islam venivano ad adorare idoli mendaci? No, perché quel monumento è stato venerato dagli occidentali contemporanei, la cui cultura comprende un amore per i ‘monumenti storici’ e una grande curiosità per le credenze di altre persone. E gli islamisti vogliono dimostrare che i musulmani hanno una cultura diversa dalla nostra, una cultura che è unica secondo loro. Hanno sparato a quel tempio a Palmyra e hanno saccheggiato diversi siti archeologici nel vicino oriente per dimostrare che sono diversi da noi e che non rispettano quelli che ammirano la cultura occidentale”.

 

Per questo, dopo Palmyra, gli uomini del Califfato hanno colpito in occidente musei ebraici, parlamenti, caffè, fabbriche, spiagge, treni, centri sociali, metrò, aeroporti, poliziotti, festival musicali, teatri, ristoranti, arene sportive, chiese, mercati di Natale, centri commerciali, supermercati. Fino all’assalto al London Bridge. I servi del califfo sembrano aver preso più seriamente di noi i simboli della cultura occidentale. Che vogliono trasformare, dopo la piana di Ninive, in una terra desolata.

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  • Giulio Meotti
  • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.