Quark dei miracoli
La seconda vita di Piero Angela, principe dei divulgatori tv e paladino della scienza in tempi di antiscientismo e cretinismo del web
Le streghe son tornate, sotto forma di false verità e superstizioni varie che corrono per il web (argomenti principali: vaccini, olio di palma, malattie incurabili, malattie curabili, sostanze inquinanti, pianeti, strani animali, viaggi spaziali). Le streghe son tornate, ma per combatterle non basta scatenare on line un apprendista stregone uguale e contrario – così facendo, infatti, di solito finisce che le teorie e le controteorie, variamente fondate su questa o quella prova nascosta in siti che si perdono nella notte della rete, si fondano in un unico magma di mezze bugie verosimili o verità parziali con lunga scia di insulti tra internauti. Che sollievo dev’essere stato, dunque, nella parte del mondo politico alle prese con il tema “come placare le masse di potenziali elettori superstiziosi incollati a Facebook”, apprendere che le streghe hanno trovato un nemico che ci mette la faccia, e che faccia: quella di Piero Angela, divulgatore scientifico, giornalista e scrittore, uomo di eloquio garbato ed età autorevole (è nato nel 1928).
Soprattutto, uomo di serena e pacata combattività pro-scienza, ascoltato in tv da tempo immemorabile. Caratteristiche, queste, che hanno facilitato l’emergere di una speranza, nel tormentato universo renziano alla ricerca di icone per così dire “tecniche”, ma capaci di voto politico non oscillante e in prospettiva non superstizioso: e se si riuscisse a far diventare Piero Angela senatore a vita? Da mesi, infatti, se non da anni (l’ultima volta domenica scorsa a “In mezz’ora”), l’ottantanovenne padre di “Quark”, che nel 2015 aveva peraltro definito Matteo Renzi una speranza, combatte un’educata quanto persistente campagna contro il “pensiero magico”. L’ha spiegata lui stesso a Lucia Annunziata, su Rai 3, durante la suddetta trasmissione, a fianco del virologo Roberto Burioni, bestia nera delle truppe anti-vaccino. Pensiero magico, cioè: fede cieca nelle cure miracolose e non invasive rivolte “alla persona” e non “al sintomo” (esempio di Piero Angela: ma se poi ho male a un ginocchio?…); fede cieca nelle cure facili e miracolose per tutto, pure per il buco di bilancio, e grande facilità di diffusione internettiana di qualsiasi frase che alle cure miracolose inneggi, a opera di “gruppetti” che hanno grande visibilità ma non altrettanto radicamento nella realtà. “Fidatevi dei medici, sono persone serie, e non date retta a questi ciarlatani”, è sbottato Piero Angela, raccontando non soltanto di quando ebbe problemi per la sua diffidenza verso l’omeopatia, ma anche di quando, ai tempi del caso Di Bella (cure alternative per il tumore), recatosi a Milano per parlare con Umberto Veronesi, si trovò a confrontarsi all’andata e al ritorno con due tassisti, entrambi convinti che ci si trovasse all’alba di una nuova epoca, libera dal male incurabile grazie al verbo e all’azione del “Galileo” Di Bella, colui che era stato in grado di smascherare le “multinazionali” (in quel caso farmaceutiche).
Non che non si possano avere dubbi, ha detto Piero Angela a fine-trasmissione, e anzi la scienza sul dubbio si fonda, ma alcune verità provvisorie esistono, e “non è che la velocità della luce possa essere decisa per alzata di mano”. E già basterebbe questa frase, ad accendere i sogni dei suoi fan parlamentari, frase-culto del giornalista e conduttore che un giorno fu definito dal critico Aldo Grasso “l’unico presentatore al mondo che si presenta davanti alle telecamere esibendo impunemente, e con orgoglio, i calzini bianchi”. D’altronde è sempre sul web – nemico quando Angela smonta le teorie complottistiche anti-vaccino – che circolano le petizioni per “Piero Angela senatore a vita”, con introduzione di questo tenore: “– Al Presidente della Repubblica. L’articolo 59 della nostra Costituzione prevede che possano essere nominati senatori a vita i cittadini ‘che hanno illustrato la Patria per altissimi meriti nel campo sociale, scientifico, artistico e letterario’…Noi Le chiediamo di valutare la possibilità di conferire questa prestigiosa carica al giornalista e divulgatore scientifico Piero Angela, il cui lavoro ha attraversato l’Italia dagli anni Cinquanta ad oggi. I suoi programmi, ancora oggi premiati da ascolti altissimi, hanno avuto un ruolo importantissimo nell’avvicinamento di una grandissima parte di cittadini ai temi della scienza e della tecnica. Argomenti che, tra l’altro, in Italia hanno sempre avuto difficoltà di divulgazione e di diffusione, anche a causa di un pregiudizio antiscientifico dovuto a una molteplicità di ragioni storiche…Ma Piero Angela non è solo un eccezionale divulgatore scientifico, nonché scrittore di successo. Rappresenta forse l’ultima figura storica di una Rai veramente capace di essere servizio pubblico…” (cosa che certo non guasta in momenti di crisi in Viale Mazzini).
E se Piero Angela ha più di mezzo secolo di carriera televisiva alle spalle, sempre Piero Angela ormai vanta almeno un decennio di attività pubblica, via interviste e ospitate tv, come paladino anti-chiacchiericcio – un tempo almeno i chiacchieranti stavano al bar, è il concetto espresso sovente, con rammarico e cortesia, dal divulgatore che vede l’Italia “imbrigliata da mille lacci come il gigante Gulliver”. All’inizio, come ospite da talk-show, Angela passava quasi inosservato. Poi però, proprio per via della sua capacità di parlare di temi politici con il ritmo del documentario naturalistico e l’aplomb di un Sabino Cassese della scienza spiegata ai profani, è stato spesso invitato nei salotti da prima serata. Per esempio da Giovanni Floris a “diMartedì”, su La7, dove Angela è habitué delle puntate in cui si parli di “crisi”, “degrado” o crollo demografico. E in una sera del 2014, proprio parlando di “crisi” e “degrado”, Piero Angela ha spiegato che sì, la crisi “esiste da quando esistono gli animali”, e ha evocato il mondo delle grandi selezioni naturali (che applicate al mondo dell’industria possono spiegare il viale del tramonto di molti ex grandi colossi – esempio tipico di Angela: la Kodak). Motivo per cui, dice il divulgatore quando non divulga, bisogna eliminare i vincoli burocratici che impediscono a un imprenditore italiano di aprire aziende alla rapidità in cui le apre un imprenditore statunitense, ma bisogna anche evitare come la peste la discesa nel Maelström del pessimismo (“ci siamo intorcinati e depressi”, queste le parole di Piero, visibilmente non d’accordo con la linea allora disfattista che andava per la maggiore sulle prime pagine dei grandi quotidiani). “Stiamo dando troppa importanza a chi guida la macchina”, mentre anche “nelle società delle scimmie”, consigliava tra le righe il giornalista-conduttore-divulgatore, chi prendeva il potere poteva pure essere, in determinate situazioni, il “diplomatico”, il primate mediatore, e non il maschio dominante che picchia più forte. E poi Piero parlava della guerra di Piero, non nel senso della canzone di Fabrizio De André ma dei suoi ricordi di ragazzino sotto i bombardamenti. E quando c’era la guerra non si aveva “paura del nuovo”, non lo si vedeva come un pericolo, perché il pericolo vero arrivava tutte le sere dal cielo con la sirena a mezzanotte, e bisognava scendere nel rifugio, dove però ci si scopriva capaci di slanci e pensate fino ad allora impensabili.
Piero Angela la guerra l’aveva vissuta da un’angolazione particolare, quando suo padre Carlo, psichiatra (“uomo dell’Ottocento, contemporaneo di Garibaldi”), aveva nascosto nella sua clinica, tra i pazienti “agitati” e “non agitati”, molti cittadini ebrei che rischiavano il campo di concentramento e che spesso affidavano al giovane Angela lettere o messaggi per i propri cari (e una volta il giovane Angela si trovò nell’ufficio di un amico di amici di un uomo nascosto nella clinica paterna, a pochi passi da un soldato SS che per fortuna in quel momento era girato di spalle). Ma del Carlo Angela benefattore non si sarebbe saputo nulla – suo figlio dice sempre che le buone azioni non si esibiscono – non fosse stato per il diario scritto dalla figlia di un “salvato” . D’altronde quella di Angela (Piero) è anche una storia di padri (Carlo, appunto) e di figli (Alberto, noto divulgatore dallo stile vagamente più pop del genitore).
Non era “Quark”, ma era lo stesso Piero Angela di “Quark” a dire dritto per dritto, nel salotto di Floris, che non ci si improvvisa politici e che la politica “deve saper gestire l’innovazione” (lui i politici e pure i capitani d’industria li vorrebbe vedere uscire tutti da scuole apposite, tipo Ena francese, e per lui la beata inesperienza non è un valore, anzi, tantopiù che in Asia c’è tutto un mondo di giovani “che studiano come pazzi” e si preparano a sbarcare in occidente). E, nell’affastellarsi di ricordi, Angela tirava fuori l’aneddoto che più di ogni altro insegna qualcosa sulla crisi: e cioè che tutte le volte in cui Angela si era recato in un museo della scienza e, di fronte allo scheletro gigante del tirannosauro, aveva pensato con sgomento allo sterminio della specie via caduta dell’asteroide, poi si era anche ricordato della vittoria insospettabile dello “scheletrino”, l’essere minuscolo che, vivendo sottoterra, aveva potuto salvarsi e adattarsi al cambiamento. E dunque il programma del Piero pre-politico si configurava come un insieme di insegnamenti di buon senso e buona cultura, passando per la massima di quando Piero – che è anche pianista – studiava musica: si suona con tocco forte ma cortese.
Tuttavia è impossibile staccare il Piero politico dal Piero dell’archeologia televisiva: quello che in una sera del 1981 aveva attirato, incuriositi da quella prima puntata di “Quark”, gli spettatori fino ad allora incollati alla serie “Dallas”, forse attirati dal quel drastico cambio di colori, ritmi e modi: dalle efferatezze dell’intrigo texano all’aplomb torinese, ma quasi anglosassone, di quel signore che era stato giornalista radiofonico e televisivo passando per la porta laterale (da giovane pianista, si era inizialmente occupato di musiche per documentari). E così “Quark”, avevano poi spiegato genitori curiosi di tv a figli piccoli tenuti fino a quel momento lontani dal teleschermo su cui imperversavano J.R., Sue Ellen e tutte le altre signore con capelli molto alti sulla testa, si era subito imposta come trasmissione non soltanto permessa ma utile da guardare, anche per via del sincretismo scientifico-culturale nella scelta degli argomenti: dal dinosauro all’Antico Egitto all’animale estinto, su modello Bbc ma con cartone animato esplicativo, e con predilezione per il tema spazio (galassie, pianeti e affini: narra la leggenda che Piero Angela, da un lato pragmatico – l’aveva affascinato l’ascesa politica del generale De Gaulle in Francia, fosse anche per altro verso attratto dalle missioni extraterrestri, da lui raccontate con interviste e filmati fin dal 1968).
Chi è Piero Angela? si erano domandati i telespettatori alla prima apparizione di Piero Angela in qualità di divulgatore scientifico che dà sempre ragione al pubblico (“quando un telespettatore non capisce non è colpa sua, ma di chi non ha saputo comunicare. Cioè dell’autore. Quando sono in moviola, se ho dei dubbi sulla chiarezza di una sequenza chiamo il primo che passa nel corridoio… mostro la sequenza e chiedo il loro parere. Se vedo un’ombra di dubbio nei loro occhi, rismonto e ricomincio da capo perché vuol dire che avevo sbagliato io”). Tanto era in simbiosi con il pubblico, l’Angela scientifico, che per molti anni è stato considerato un tutt’uno con i suoi programmi, anche se c’era già un Angela politico che emergeva (amico di Enzo Tortora, era rimasto molto colpito dalla sua vicenda, sia dal punto di vista personale sia da quello del giusto processo: “… lo conoscevo bene, Enzo, sapevo che tipo di uomo per bene fosse, ho avuto paura che accadesse lo stesso a me. Da quel giorno ho iniziato a tenere un diario dettagliato di tutto quello che facevo durante il giorno, ora per ora, minuto per minuto. Così, se mi avessero arrestato, sarei stato in grado di dimostrare nero su bianco la mia giornata”).
Chi è Piero Angela? si sono domandati, ma in senso lato, gli spettatori di “In mezz’ora”, nel vederlo discettare su vaccini, dicerie e superstizioni: era il padre di “Quark”, quello che interveniva con sguardo scanzonato sul pensiero magico (e cretino?) del web? E chissà quanti, nei partiti per così dire non populistici, avrebbero voluto avere, nello staff, uno che al web non la manda a dire: “… la rete non è solo un consorzio di illuminati, un’accademia di liberi pensatori. Ci trovi di tutto. Gente aggressiva, frustrata, credulona. Si sono formati in rete gruppi di persone convinti che il pianeta sia stato invaso da forme rettiliane e che Obama e la Regina d’Inghilterra ne siano gli emissari”.
Il Foglio sportivo - in corpore sano