Un paese di nome Brigitte
Dalla bellissima Bardot, che fu icona cinematografica degli anni Sessanta, alla potente moglie del presidente Macron. Perché un nome, di origine celtica, segna ormai la storia di Francia
Parigi. Se si dà un’occhiata alle statistiche dei primi del Novecento, in Francia il nome Brigitte è praticamente inesistente. È a partire dagli anni Venti che questo prénom esotico venuto dal nord comincia timidamente ad apparire nei registri anagrafici. Ogni anno, centinaia di petites filles vengono chiamate Brigitte, e alla fine degli anni ‘50, il nome che ha origine dalla dea celtica Brigid, protettrice dei poeti e dei combattenti, raggiunge il suo apogeo: nel 1959, secondo i dati dell’Insee, l’Istat d’oltralpe, è tra i dieci più popolari di Francia, con 18.166 bambine battezzate. Ma perché questo picco nella decade dei Cinquanta? Anzitutto perché nel 1956, un certo Roger Vadim, che all’epoca era un regista parigino pressoché sconosciuto, decide di scendere a Saint-Tropez, pacifico villaggio di pescatori, e girare una pellicola attorno a una giovane ragazza bionda, intraprendente e maliziosa, che con le sue forme irresistibili, sotto il sole torrido della Costa Azzurra, dinamita la quotidianità degli abitanti locali. Quella ragazza, che aveva appena 22 anni, era Brigitte Bardot, e quel film, “Et Dieu créa la femme” (in italiano, “Piace a troppi”), la catapultò a livello internazionale come nuovo sex-symbol alla francese.
Le neomamme di Francia, per celebrare la Liberazione, dalla guerra e della donna, decidono così di chiamare le loro figlie Brigitte, in onore della Bardot, che già nel 1949, sulla copertina di Elle, a soli 15 anni, aveva messo le basi della donna moderna. Ma non solo. L’impennata delle Brigitte combacia anche con i riccioli biondi di Brigitte Fossey, che nel 1952 ha appena cinque anni e commuove la Francia intera nel film “Giochi proibiti” di René Clement. I suoi occhi blu simboleggiano la fine della guerra, l’innocenza miracolosamente ritrovata, il candore di una nuova epoca per la Francia, dove l’esodo, i sacrifici e il dolore sembrano alle spalle. Un anno dopo l’uscita del film di Clément, vincitore del Leone d’oro alla Mostra del cinema di Venezia, a Amiens, nella Piccardia, nasce l’ultima dei sei figli di Jean Trogneux e Simone Pujol, i cioccolatai più famosi della città per la loro produzione di macarons: si chiama Brigitte, Brigitte Trogneux, che diventerà cinquantatré anni dopo la sposa del futuro presidente della Repubblica francese, Emmanuel Macron. Il settimanale Marianne, in quest’estate monopolizzata dai primi mesi della nuova presidenza macronista, ha consacrato un intero dossier alla “folle storia” del nome Brigitte, attraverso il quale raccontare la Francia del Novecento e i suoi cambiamenti, un nome “erotico, avvolgente, popolare”, ma anche e soprattutto una “fantasia francese”.
La Bardot, già nel 1949, a soli quindici anni, sulla copertina di Elle aveva messo le basi della donna moderna
La nuova première dame ha riportato al centro della scena quello che molti definiscono un “fenomeno”, perché ritrarre la storia delle Brigitte significa addentrarsi nell’immaginario francese. Un immaginario erotico, anzitutto, che tocca il suo apice con il mito Bardot, tra gli anni Cinquanta e gli anni Sessanta – indimenticabile quando, all’inizio del film “Le Mépris” (1963), di Jean-Luc Godard, chiede a Michel Piccoli: “Et mes fesses? Tu les aimes, mes fesses?”, e il mio sedere? Ti piace il mio sedere? –, ma anche con la trasgressiva Brigitte Lahaie, star del cinema a luci rosse d’oltralpe negli anni Settanta. Quest’ultima, certamente meno conosciuta della Bardot oltre i confini nazionali, è stata comunque un’icona per molti suoi concittadini, l’incarnazione, negli anni Settanta, della french touch sexy, issandosi con i suoi film al firmamento dell’erotismo post-sessantottino. “Gli anni Settanta erano talmente underground che i nostri nomi restavano totalmente sconosciuti nelle sale confidenziali”, dice oggi Brigitte Lahaie, che a differenza delle sue colleghe non ha mai utilizzato pseudonimi nelle pellicole X in cui era protagonista. Il nome Brigitte garantiva già un alto tasso erotico, perché c’era stata BB, il suo corpo esplosivo e concupito da tutta la Francia. “Se non ci fossimo state io e la Bardot, Brigitte sarebbe rimasto un nome desueto alla Jacqueline. Non posso non riconoscere che contiene in sé una parte di fantasie che non mi lasciano indifferente”, spiega la Lahaie, che oggi, lontano dalle luci di Parigi, distilla consigli sessuali ai francesi su Sud Radio, con la sua voce grave e il suo interminabile bagaglio di esperienze. Affiancata da psicologi, ginecologi e sessuologi, prima alla radio Rmc con “Lahaie, l’amour et vous”, e ora a Sud Radio, cerca di risvegliare la libido dei suoi concittadini senza bla bla moralizzatori, definendosi “levatrice degli animi”. Agli inizi degli anni Ottanta, la bella e ribelle Lahaie aveva tentato un’incursione nella settima arte: “Ho avuto dei piccoli ruoli in grandi film e dei grandi ruoli in piccoli film”, riassume oggi con un filo di amarezza. Poi nel 1987, in occasione dell’uscita della sua biografia “Moi, la scandaleuse”, avviene l’impensabile per un’ex attrice di film porno: Bernard Pivot, animatore di “Apostrophes”, la trasmissione letteraria di riferimento della televisione francese, la invita come ospite. “Scandale!”, gridano gli intellettuali di Saint-Germain-dès-Près e il Tout-Paris arriccia il naso, giudicando indegna la sua presenza nel programma che ha ospitato Marguerite Duras e André Glucksmann. La Lahaie si presenta con un tailleur che non lascia indifferente Pivot. Quest’ultimo, ad un tratto, le chiede se prova piacere a fare l’amore davanti alle telecamere. Risposta immediata: “Sono qui, perché non provate”. “All’epoca dei film X, le persone non volevano stringermi la mano, e i miei genitori ricevevano lettere anonime. Oggi le coppie mi fotografano con il loro bebè in braccio. È incredibile questo cambiamento, perché sono rimasta la stessa. Ho sempre rivendicato il mio passato. Ero la puttana ed eccomi madonna. Sono diventata santa Brigitte!”, racconta Brigitte Lahaie. Come scrive Marianne, Brigitte, in Francia, “è l’appellazione di origine controllata di egerie dell’immaginario erotico, la mamma e la puttana”.
Non c'è scelta del capo dell'Eliseo che non passi sotto la lente della moglie, al punto che i consiglieri la considerano troppo ingombrante
Ma quel prénom che negli anni Cinquanta tutte le ragazze volevano avere, oggi è caduto un po’ in desuetudine. Sono poche le mamme a scegliere di chiamare le proprie figlie Brigitte. E però, ancora oggi, evoca irresistibilmente una Francia prospera, gaudente, disinibita, ottimista, le Trente Glorieuses e la liberazione sessuale, il periodo yéyé e la Nouvelle Vague, le spiagge di Saint-Tropez quando non era ancora invasa dai turisti e i primi bikini alla piscina Molitor, a Parigi, la “bomba anatomica”, secondo il suo creatore Louis Réard. “Per i giovani e meno giovani, il tempo delle Brigitte è oramai quello di un’età dell’oro rimembrata in maniera indefinita e sapientemente messa in scena”, osserva Marianne. Il tempo in cui soltanto Brigitte Bardot poteva rivaleggiare in termini di notorietà con l’allora presidente Charles de Gaulle. Il tempo in cui BB ispirava melodie in ogni angolo del mondo. Come in Brasile, nel 1960, quando il musicista Michel Gustavo lancia una samba irresistibile intitolata “Brigitte Bardot”, che sarà ripresa in Francia dal cantante di origini turche Dario Moreno. “Brigitte Bardot, brava! Nessuna ragazza al mondo è simpatica come te!”, cantava. Poi, il celebre Henri Salvador, nato nella Guyana francese, ispiratore della bossa nova brasiliana, riprese una canzone di due artisti, Jean Yanne e Norman Maine, intitolata “Allô Brigitte?”. Nel corso del brano diversi personaggi si succedono al telefono per tentare di parlare con una certe Brigitte al numero Babylone 21-29. La versione originale ebbe un successo contenuto, quella di Salvador, invece, un successo clamoroso. Al punto che numerosi francesi, quando uscì il 45 giri, iniziarono realmente a sommergere di chiamate il numero Babylone 21-29, con la speranza di sentire all’altro capo del telefono la voce della vera BB. Con la Bardot, la “Marilyn Monroe esagonale”, scoppia la Brigittemania sulle copertine dei giornali, ma anche nei ministeri e nei municipi: BB è la nuova Marianne di Francia, scolpita nel 1969 da Aslan. Tre anni prima, alla vigilia del Maggio francese, il regista Luc Moullet, esponente della Nouvelle Vague, mette in scena la “francese media” nel film “Brigitte et Brigitte”, attraverso il ritratto di due ragazze nate nel dopoguerra che vivono in due paeselli di provincia. Si chiamano entrambe Brigitte, si vestono allo stesso modo e utilizzano il medesimo linguaggio: sono le figlie della speranza di una Francia che vuole voltare pagina. In quelle due ragazze di provincia che sognano ad occhi aperti, si sarà riconosciuta anche Brigitte Trogneux, che quando uscì il film nelle sale aveva sedici anni, e nonostante la tranquillità della vita a Amiens, piacevole e rassicurante, si immaginava già a Parigi. Lì dove, oggi, è la più popolare. “All’estero, dai tempi di Brigitte Bardot, niente è più popolare in Francia di Brigitte Macron!”, ha detto a Paris Match Karl Lagerfield, il kaiser della moda, esaltando le commentatissime gambe della première dame, “le più belle di Parigi”.
"Se non ci fossimo state io e la Bardot, Brigitte sarebbe rimasto un nome desueto alla Jacqueline", dice sicura la Lahaie
E come Lagerfield, che già nel gennaio 2017 tesseva le lodi della Brigitte nazionale, “brillantissima” e “divertente” causeuse dalla silhouette “incantevole”, è tutta la stampa rosa e nazional-popolare francese e europea a celebrare il look impeccabile della nuova inquilina dell’Eliseo. “Le gambe da capogiro di Brigitte Macron”, scrive Vogue, “Brigitte ha reso la minigonna uno stile senza età”, cinguetta il Telegraph, e Grazia France le dedica un dossier speciale intitolato “Passion Brigitte”, dove ci si chiede come, a 64 anni, riesca a indossare con disarmante naturalezza e eleganza qualsiasi capo d’abbigliamento, dalla t-shirt bianca per le passeggiate in spiaggia al Touquet al tailleur color lavanda di Louis Vitton per le cerimonie all’Eliseo. Soltanto la stampa politica pizzica la donna, oggi, più popolare di Francia, ma per ragioni estranee al suo stile e al suo aspetto estetico. Perché dentro alla République en marche (Lrem), il partito di Macron, c’è un po’ di maretta in questi giorni, attorno alla volontà del presidente di codificare lo statuto di première dame della consorte, dotandola pure di un tesoretto. Molti deputati macronisti si chiedono infatti per quale motivo debbano sottostare alle regole della nuova legge sulla moralizzazione della vita pubblica che proibisce l’assunzione di familiari, mentre il capo dello stato può tranquillamente trasformare la moglie in una “collaboratrice” con cinque persone alle sue dipendenze pagate per aprire le duecento lettere che arrivano ogni giorno al 55, rue du Faubourg Saint-Honoré. All’Eliseo si difendono dicendo che si tratta soltanto di ufficializzare un budget che finora non era mai stato sottoposto ad alcuna regola di trasparenza (Valérie Trierweiler, secondo la Corte dei conti era costata 481.900 euro allo Stato nel 2013, soldi presi dai fondi dell’Eliseo per stipendiare i suoi cinque collaboratori diretti – 396.900 euro – e i suoi viaggi nel quadro di “attività di rappresentazione e di sostegno a delle operazioni di carattare umanitario” – 85.000) e in più era una promessa di campagna di Macron: “Quando un domani saremo eletti, Brigitte avrà questo ruolo, questo posto, questa esigenza, non dissimulata dietro un tuìt o una reticenza ma al mio fianco”, aveva dichiarato a marzo l’allora candidato di En Marche! Di certo, è l’unica vera polemica che coinvolge Brigitte in prima persona. Nessuno, invece, nega l’immensa influenza che esercita nel presidente. Il settimanale della destra sovranista parigina, Valeurs Actuelles, ha messo di recente il suo volto in copertina, sotto il titolo: “L’hyperprésidente”. Perché non c’è scelta del capo dell’Eliseo che non passi sotto la lente critica della moglie, al punto che i consiglieri di Macron nel palazzo presidenziale considerano Brigitte una figura troppo ingombrante. Lei si lascia scivolare addosso le critiche perché sa che se Macron è lì in alto è anche e soprattutto per merito suo. “Vedrete. Riuscirò a riabilitare il nome Brigitte!”, dice in privato ai suoi amici. Consapevole, in cuor suo, di esserci già riuscita.
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