La reconquista dell'Andalusia
Non solo attentati, anche denaro e moschee. Così i regimi mediorientali vogliono reislamizzare la Spagna meridionale. Parla Cembrero: “Sono eccitati e fanno a gara per investire qui”
Era lo scenario ideale. L’islam da cartolina, i profili delle architetture arabe che evaporano, l’emiro di Sharjah Jalid bin Sultán al Qassimi, la gioventù spagnola abbronzata e cresciuta nell’ottimismo panglossiano del tutto è possibile. E poi tutti quei giardini e fontane per ricordare che il bello doveva ancora venire. La cerimonia nel 2003 portò titoli solenni ed eclatanti: “Dopo cinquecento anni, i musulmani costruiscono una moschea all’ombra dell’Alhambra di Granada, che una volta fu il simbolo del potere islamico in Europa”. Nella leggenda della Spagna moresca, l’ultimo re musulmano di Granada, Boabdil, cedette le chiavi della sua città il 2 gennaio 1492, e su una delle colline si fermò per un ultimo sguardo al suo dominio perduto. Il luogo sarebbe diventato noto come “El Ultimo Suspiro del Moro”. L’ultimo sospiro del Moro.
Una troupe di al Jazeera fu mandata dal Qatar a seguire la cerimonia. Il muezzin salì in cima al minareto della Grande moschea per chiamare alla preghiera i fedeli. Non accadeva da cinquecento anni. Ancora oggi, nelle colline attorno a Granada, ci si battezza con la vecchia formula che recita: “Ecco tuo figlio, me lo hai dato che era un Moro, te lo riconsegno che è un cristiano”.
Da Osama bin Laden al califfo al Baghdadi, tutti i grandi capi dell’internazionale del terrore islamico hanno citato la Spagna fra gli obiettivi, generando una fantasia apocalittica di reconquista ad Allah. Ne era imbevuta anche la cellula che il 17 agosto ha ucciso 16 persone sulle Ramblas a Barcellona. A giugno, sulla tv egiziana, lo sceicco Ayman Khamis ha detto: “Riprendiamoci l’Andalusia dagli spagnoli e la Palestina dagli ebrei”.
Nel 1990 in Spagna c'erano 100 mila musulmani. Oggi sono quasi due milioni. Gli anni d'oro del "dialogo delle civiltà" di Zapatero"
Ma non c’è soltanto il jihad. Una re-islamizzazione strisciante e pacifica è in corso in Spagna, sostenuta da un fiume di denaro che proviene dal medio oriente e dal Golfo. Le autorità spagnole l’hanno spesso avallata, in nome della convivência, chiudendo più di un occhio. Come quando alla moschea di Cornella le autorità spagnole hanno consentito all’imam Saleh El Maghamsi di tenere un sermone. Si tratta del religioso che ha difeso la “santità” di Osama bin Laden dopo la morte del terrorista nel 2012.
La Spagna cristiano-islamica è diventata, dai discorsi di Barack Obama alle risoluzioni dell’Unesco, l’arcadia delle fedi, l’età dorata da riportare in vita con centri culturali, mega moschee, proselitismo, conversioni. Nonostante o forse propria a causa della crisi del settore del mattone, le grandi società arabe hanno trovato in Spagna terreno ideale di investimenti. Alcuni edifici emblematici di Madrid e Barcellona, per non parlare della Costa del Sol, sono già di proprietà di gruppi di investimenti arabi, dallo stadio Santiago Bernabeu di Madrid al celebre W Hotel di Barcellona. A Marbella, a pochi metri dalla moschea King Fahd, c’è l’hotel Alanda, che offre servizi halal per assecondare l’ortodossia musulmana. Il turismo halal è un settore in grande espansione in Spagna. Nel 2011 il fondo International Petroleum Investment Company, controllato da Abu Dhabi, ha raggiunto un accordo per l’acquisto di Cepsa, seconda società spagnola nel settore petrolifero.
Anche demograficamente sono numeri sempre più importanti. I musulmani in Spagna erano 100 mila nel 1990, un milione e mezzo nel 2010, quasi due milioni nel 2017. Oggi ci sono tredici mega moschee in Spagna e oltre mille moschee regolari. L’idea di costruire mega-moschee finanziate dai contribuenti spagnoli venne a Noureddine Ziani, un imam marocchino di Barcellona, che disse che la costruzione di grandi moschee era il modo migliore per combattere il fondamentalismo islamico in Spagna. “E’ più facile diffondere idee fondamentaliste in piccole moschee create in garage dove partecipano solo i membri della congregazione, che nelle grandi moschee aperte a tutti, con sale di preghiera, caffetterie e aree di riunione”, disse Ziani. E le autorità spagnole acconsentirono.
La più prolifica nel finanziare moschee in Spagna è l’Arabia Saudita. Nel 1992 aprì con i propri soldi il grande Centro culturale islamico di Madrid, la più grande moschea d’Europa, seguita dal Centro islamico di Malaga finanziato sempre dai sauditi al costo di ventidue milioni di euro (l’area di Madrid ha oggi ben 112 fra moschee e centri culturali islamici). Se i social network sono oggi in Europa il modo migliore per reclutare e attirare i giovani disposti a morire in Siria o in Iraq, a Madrid ci sono anche i locali della grande moschea voluta dai sauditi, secondo l’inchiesta del giudice dell’Audiencia Nacional Pablo Ruz. È l’unica moschea che non necessita di aiuti ufficiali perché finanziata direttamente dall’Arabia Saudita. I sauditi hanno costruito moschee ovunque in Spagna, da Marbella a Fuengirola. Soprattutto negli anni in cui i sauditi aderirono al cosiddetto “Dialogo delle civiltà” lanciato dal premier socialista José Luis Rodríguez Zapatero, che ignorò i rischi di un relativismo troppo spinto e senza ritorno.
Il proselitismo islamico intanto avveniva alla luce del sole. A Bilbao, i residenti si sono visti recapitare questo annuncio in spagnolo e arabo, in cui si chiedeva di contribuire alla nuova moschea con 550 mila euro: “Siamo stati espulsi dalla Spagna nel 1609. Ma siamo tornati, Inshallah”. La sinistra spagnola e i laicisti da anni cercano di riportare il culto islamico nella cattedrale di Cordoba, la basilica cristiana occupata dai musulmani e dopo settecento anni restituita al culto cattolico da re Ferdinando III nel 1523. Il Wall Street Journal l’ha definita “deconquista”, giocando con la parola reconquista, l’epoca in cui la Spagna abbandonò l’islam per abbracciare il cattolicesimo. Secondo Carlos Echevarría, esperto di jihadismo, in questo modo non solo si fa un assit al radicalismo islamico, ma la cattedrale di Cordoba “diverrebbe meta di pellegrinaggio per tutti quegli islamici che credono che l’Andalusia sia roba loro”.
Tantissimi si sono convertiti, tanti venivano dall'estrema sinistra. Molti pensano che l'islam sia l'alternativa al cattolicesimo
Un analista dell’Instituto Español de Estudios Estratégicos del ministero della Difesa, il colonnello Emilio Sánchez de Rojas, di recente ha tenuto una conferenza in cui ha spiegato che Cordoba è “un riferimento per l’islam”, un magnete, accusando il Qatar e l’Arabia di lanciare “campagne di influenza in occidente” e di essere “una fonte di finanziamento della campagna per la re-islamizzazione della cattedrale di Cordoba”. A Lleida, una città dove i musulmani sono il trenta per cento della popolazione, l’associazione Watani ha chiesto al re del Marocco il denaro necessario per costruire una nuova moschea. Spesso queste moschee diventano nidi di radicalismo islamico. Il quotidiano madrileno Abc ha scritto che “cento moschee in Spagna predicano oggi l’islam radicale”. Il quotidiano spagnolo La Razon ha dettagliato invece il fiume di denaro, che non arriva soltanto dalle grandi donazioni private, ma anche dai negozi halal e dai “portatori”, incaricati di far passare denaro illegalmente nella penisola iberica. In alcune énclave salafite spagnole è nata anche la “polizia della sharia”, autoproclamatosi gruppi di vigilantes per il rispetto dell’ortodossia islamica.
I sauditi hanno anche lanciato un nuovo canale, Córdoba TV, con cui trasmettono in Spagna. E c’era la “Cordoba Initiative” dietro la fallita e celeberrima “Moschea di Ground Zero”, che doveva sorgere vicino al cratere delle Torri Gemelle. L’emirato del Qatar ha in programma di aprire 150 moschee nei prossimi cinque anni, fino al 2020, secondo il magazine Gaceta. Piani che preoccupano molto l’intelligenza spagnola. Secondo i dati dell’Unione delle comunità islamiche di Spagna, a Valencia, Alicante e Castellón ci sono 202 moschee. Il dato non è lontano dalle 292 contate in Catalogna ed è quasi tre volte di più rispetto alle settanta delle città autonome di Ceuta e Melilla.
Mentre il numero delle chiese cattoliche in Spagna non ha subito variazioni da molti anni, quello delle moschee musulmani cresce il 20 per cento ogni anno. Questi dati sono inclusi nel libro “La España de Alá” (la Spagna di Allah) di Ignacio Cembrero, l’ex corrispondente del Pais dal Maghreb.
“Nelle grandi moschee si pensava che fosse tutto controllato, almeno fino al 17 agosto”, dice ora Ignacio Cembrero al Foglio. “Ma non era così. L’imam al centro della cellula jihadista faceva discorsi abbastanza moderati. Ma era una forma di taqiya, dissimulazione. C’è un flusso importante di denaro dal medio oriente, è denaro privato, saudita o qatariota. Per loro la Spagna ha una dimensione spirituale e storica. Sono eccitati a mandare denaro qui in Spagna. E’ il loro periodo d’oro, straordinario, splendido, quando l’islam illuminava il mondo, il Nord Africa, il sud dell’Europa. Questi soldi servono a finanziare libri, costruire moschee, aiutare le comunità. Noi abbiamo poche informazioni su quello che succede. Arrivano spesso con le valigie da Abu Dhabi, da Riad, parliamo di montagne di dollari. L’Arabia Saudita è il paese più attivo, seguito da Qatar ed Emirati Arabi. I sauditi hanno una fondazione che si chiama ‘Messaggio dell’islam’, hanno la loro televisione qui nella periferia di Madrid, che diffonde un messaggio ortodosso. Anche l’Iran ha una sua televisione spagnola. Questo periodo d’oro dell’immigrazione e del proselitismo islamici in Spagna è stato dal 2004 al 2006 sotto Zapatero”. La Spagna spicca inEuropa anche per numero di convertitim all’islam. “Il fenomeno più interesante sono le persone della mia età, presenti soprattutto in Andalusia, che si sono convertiti alla fine degli anni Settanta” ci dice Cembrero. “Sono persone di sinistra che volevano arrivare a Dio senza passare dalla chiesa cattolica, accusata di collusione col franchismo. E’ un fenomeno spagnolo, gente di estrema sinistra che ha oggi un ruolo chiave nel revival islamico in Spagna. Per loro, l’islam è la grande alternativa alla chiesa cattolica. Spesso controllano il settore halal, gestiscono i soldi, l’export, ma scrivono anche, sono gli intellettuali. Molti di questi convertiti sono donne”. Uno è Hajj Abdulhasib Castiñeira, uno dei capi della comunità islamica di Granada, che dice: “La conversione religiosa ha una lunga tradizione in Spagna. Durante 800 anni di dominio islamico, molti cristiani si sono convertiti all’islam. Dopo la riconquista cristiana, i musulmani sono stati costretti a convertirsi al cristianesimo. Tutto questo rende gli spagnoli più inclini ad accettare l’islam”. L’altro leader dei convertiti è Mansour Escudero, che vantava una “relazione personale” con il colonnello Gheddafi. Nel 1987 fu da una torre moresca spagnola, la Calahorra di Cordoba, che il filosofo marxista e convertito all’islam, Roger Garaudy, proclamò la necessità per l’Europa di abbracciare la religione di Maometto per ripudiare il “materialismo”.
"Mentre il numero delle chiese cattoliche è ormai invariato, quello delle moschee in Spagna cresce ogni anno del venti per cento"
El Pais ha definito la Spagna “il paradiso dei musulmani” per gli altissimi livelli di integrazione e accettazione. Lo sceicco del Qatar, Tamim bin Hamad al Thani, ha offerto di acquistare l’arena Monumental di Barcellona per farne una mega moschea per 40 mila fedeli. Un rapporto del Centro d’Intelligence Spagnolo, i cui estratti sono stati pubblicati da El Pais, parla di un forte timore delle autorità spagnole per il flusso di denaro che arriva dal medio oriente. Il Kuwait finanzia moschee a Reus e Torredembarra. La Grande moschea di Siviglia è sostenuta dagli Emirati Arabi Uniti. Il Qatar fa arrivare il denaro attraverso la Lega islamica per il dialogo in Spagna e controlla il Centro islamico della Catologna, pagato dal Qatar con 300 mila euro.
Gli Emirati Arabi Uniti hanno finanziato la costruzione della Grande moschea di Granada, che il portavoce, Abdel Haqq Salaberria, ha definito “un centro per il revival islamico in Europa”. Granada è parte fondamentale dell’immaginario collettivo di ogni musulmano. Fu l’ultima città della mitica Al Andalus che venne riconquislata dai re cattolici nel 1492 dopo una occupazione durata 781 anni.
“Per gli arabi, soprattutto quelli nati in medio oriente, al Andalus è il paradiso perduto ed anche il luogo di una sconfitta da cui non si sono mai ripresi”, ricordava El Pais dopo l’11 settembre. Sognano e lavorano per riprendersela. Alcuni lo fanno in maniera eclatante con le stragi jihadiste. Altri, più tranquillamente, con l’obolo, le barbe, i sermoni e tanta dissimulazione.
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