Uno scorcio della baia di Chia, nella Sardegna del sud, una zona che ha sviluppato una forte offerta alberghiera

Sardinia felix, o quasi

Giuseppe De Filippi

Anche quest’anno i numeri dell’estate sono da record. Ma l’isola non può vivere di solo turismo

A settembre finiscono gli stipendi e poi bisogna aspettare maggio”: contabilità semplice, un bilancio secco e chiaro sul funzionamento dell’economia turistica. Un punto d’arrivo se non ci piacesse raccontare un po’ di più, e provare a vedere cosa c’è nella costruzione di quei cinque mesi con stipendio, che restano un pezzo del pil italiano, senza andarci a cercare miracoli e senza sminuirne l’importanza. In una stagione che presenta comunque numeri da record. La Cna, attraverso i suoi balneatori, ha contato 90 milioni di presenze sulle spiagge italiane, con aumenti del 16 per cento rispetto a un anno già abbastanza buono come il 2016. Gli esercenti dicono di aver recuperato tutti i danni della crisi appunto l’anno scorso e di aver cominciato a guadagnare sul serio, cioè ad accumulare capitale (come si direbbe con terminologia un po’ datata), quest’anno. Secondo logica economica dovrebbero quindi arrivare nuovi investimenti e miglioramenti dell’offerta, aumentando la capacità ricettiva e stabilizzando, come minimo, la quota di mercato (che dipende anche da un intreccio di cause nientemeno che geopolitiche, con alcuni paesi concorrenti in difficoltà). Ma per quanto possano impegnarsi gli imprenditori del settore, e investire, sono altre decisioni (e altri investimenti) a fissare le condizioni in cui il turismo può o non può funzionare. Franco Tatò ha passato l’estate twittando quasi ogni giorno dalla Puglia natìa in cui era in vacanza (una delle regioni con maggiori aumenti di presenze, e nella quale si è appena svolto il super matrimonio in grado da solo di fare il fatturato di una stagione intera per un’impresa turistica media) lamentando tutte le carenze infrastrutturali e i danni che provocano all’industria turistica, dall’acqua che manca – e Tatò se la prendeva con i mancati interventi per rafforzare l’acquedotto pugliese – alla quasi totale assenza di wi-fi disponibile per i turisti, mentre la rete normale spesso non offre copertura, alle inefficienze nei trasporti.

 

"A settembre finiscono gli stipendi e poi bisogna aspettare maggio". Cinque mesi che restano comunque un pezzo del pil italiano

Per inquadrare la questione prendiamo un microcosmo che, lo vedremo via via, rappresenta pregi, difetti, rischi e opportunità di una qualsiasi provincia italiana e che però ne permette una lettura semplificata, schematica. Siamo in una zona che fu molto povera, o per la precisione più che povera quasi disabitata. Nella parte occidentale e costiera della provincia di Cagliari. Lungo la strada nazionale che, prima di rientrare nell’interno tra curve e gole che ne sconsigliano l’utilizzo e passato lo storico abitato di Pula, collega Cagliari con Teulada. Un pezzo di costa, visto con gli occhi solo turistici di oggi, qualcosa di ben diverso in tempi neppure tanto lontani. Le tracce di intervento umano, che saranno rilevanti anche per la nostra analisi, cominciano negli anni 30 del Novecento con la pena dei condannati, messi a piantare pini nella duna costiera di Santa Margherita e a tentare di bonificare una zona altrimenti invivibile per molti mesi all’anno. Il lascito di quelle sofferenze è la splendida pineta che appena uscendo da Pula riempie tutta la fascia costiera fino alla punta che separa dalla zona della baia di Chia e del territorio di Domus. Allora la fatica fu tanta ma i risultati non sufficienti nella lotta contro la malaria. La zona restava a latifondo, tranne qualche piccola enclave di orti, e adibita quasi solo alla caccia. Le poche case di campagna servivano per qualche giorno di permanenza dei cacciatori, ovviamente solo dalla fine dell’autunno all’inizio della primavera. Dopo era meglio starsene alla larga. Il secondo grosso intervento umano fu una drastica spruzzata di Ddt, assieme a ulteriori interventi per insediamenti produttivi agricoli. Non proprio l’attuale osservanza ambientalista, ma la questione venne risolta. Poi a ripopolare ci pensarono anche un po’ di famiglie italiane fuggite da Libia e Tunisia in momenti non proprio rassicuranti per quei due paesi e di speciale ostilità verso gli stranieri, famiglie esperte nella coltivazione di terreni difficili. L’idea era di puntare interamente sull’agricoltura. Il turismo arriva molto dopo, prima nella forma di case di proprietà della borghesia cagliaritana (tutte rigorosamente dentro la pineta, con chiusura dei fondi e limitazione degli accessi al mare), poi i primi alberghi e le strutture più complesse comprensive di case private, albergo, campo da golf, come quella di Is Molas, che data alla fine degli anni Sessanta (e perciò aveva una sua visionarietà, precedente alle massicce iniziative della Spagna nel turismo golfistico), e ancora Forte Village con tanti altri servizi e un’idea abbastanza originale per l’epoca di sviluppo in orizzontale anziché in verticale. Alberghi di lusso (o anche di più del lusso, come nelle poche stanze del faro di capo Spartivento), villaggi e villaggetti, piccole speculazioni e decenti insediamenti sorgono velocemente, alcuni vengono proprio maluccio, altri un po’ meglio. Un’area è adibita a campeggio. Il paese di Pula piano piano si dota di alberghi non più solo per commessi viaggiatori ma per turisti. Ristoranti e club aprono e chiudono (ultimamente chiudono), secondo le mode, prima più dancing, poi moda discotecara, ora si parla di lounge (vabbè, per capirci). La baia di Chia sviluppa a sua volta una forte offerta alberghiera e vede aumentare il numero delle case private. Oltre al golf arrivano altri impianti sportivi (da ultimo c’è una specializzazione locale nel Triathlon), mentre non viene realizzato il porto turistico.

 

Il sindaco di Pula: "Qui da noi la continuità del reddito di una consistente parte dei residenti viene dalla Saras"

C’è una sola strada, come si diceva, a collegare con Cagliari, e quindi col suo aeroporto e il suo terminal dei traghetti. Ora i lavori procedono per migliorarla, dopo che già una serie di rotatorie è servita almeno a evitare i rischi da attraversamenti e i tempi lunghi dei semafori. Il presidente cinese Xi Jinping, contrario all’uso dell’elicottero (per il quale invece avrebbe trovato in zona una perfetta area di atterraggio) l’ha percorsa col suo seguito per raggiungere Santa Margherita di Pula e lì incontrare Matteo Renzi (allora presidente del Consiglio) e Paolo Gentiloni (allora ministro degli Esteri), e si tremava per il giudizio che avrebbe dato su certe sconnessioni, particolarmente nel primo tratto. Ora la strada sta migliorando e alla prossima visita forse Xi potrà saltare il paese di Villa San Pietro e i suoi incroci (pur da lui non rilevati grazie al blocco totale del traffico imposto dal suo passaggio) e arrivare direttamente nell’abitato di Pula. Ma è perfettamente chiaro che il rubinetto a monte di qualunque economia del turismo è quello delle infrastrutture. Banalmente: le presenze dipendono dalla capacità di trasporto degli aerei e delle navi. E mentre l’aeroporto di Cagliari (ah, grazie ai mondiali di calcio del ’90, va ricordato a quelli che ogni tanto ripropongono calcoli disastrosi sugli effetti a lungo termine delle grandi manifestazioni sportive) e le linee che arrivano sulla città fanno decentemente il loro lavoro, si percepisce il ritardo con cui la Tirrenia privatizzata sta cercando di adeguare la sua nuova offerta, tra liti e polemiche sui costi della continuità del servizio.

 

Restiamo nel nostro microcosmo. A Pula il sindaco è Carla Medau, che è combattiva, e si vede, e si dichiara tale, con una specie di sottolineatura didascalica, fin dal braccialetto in gomma su cui si legge che non ha paura delle sfide. E di sfide ne ha vinta una politica, prendendo un sacco di voti con una lista civica di area Pd dopo che la giunta precedente, sempre guidata da lei, era stata messa in difficoltà da scontri interni tra varie anime del partito (vedete che il nostro microcosmo rappresenta alla perfezione la situazione nazionale). Dimissioni, nuovo voto con le componenti del Partito democratico finalmente opposte elettoralmente, e netta affermazione di Medau. Non succede spesso che dopo scontri interni ci sia poi una scelta così marcata da parte degli elettori e soprattutto che non ci siano terzi incomodi ad approfittarne. Probabilmente nel mandato politico forte e chiaro ricevuto con la rielezione c’è anche la base del piglio fattivo e concreto con cui Medau manda avanti il suo comune. “Non si tratta di realizzare opere o avviare progetti che sarebbero fuori dalla nostra portata – ci racconta – ma con i nostri mezzi abbiano migliorato la qualità delle spiagge e la loro sicurezza”. Lungo l’unica e perciò principale statale della zona Medau ha piazzato quotidianamente quattro operai con due mezzi per la raccolta per recuperare buste e altri oggetti lanciati dalle auto di passaggio. “E’ una questione di decoro – ci dice – ed è importante non solo per evitare che poi spazzatura e plastiche si diffondano nelle vicine aziende agricole ma anche perché la strada è il primo colpo d’occhio del turista che arriva e che altrimenti sarebbe accolto nel modo peggiore”.

 

Non manca niente a rappresentare l’offerta turistica nazionale nel nostro microcosmo. E quindi ecco gli scavi archeologici. Perché i primi ad arrivare da fuori, e probabilmente a scambiarsi un po’ di botte e anche un po’ di merci con le antiche comunità sarde (che però dalla costa malarica si tenevano saggiamente a distanza), sono stati i fenici, fondatori di Nora, che corrisponde al primo sbocco costiero di Pula, tra una laguna e il mare, in un’ottima insenatura naturale. Sistemata Cartagine, la città da punica diventa romana, e arrivano il foro, le ville, il mercato e il teatro. Gli scavi sono stati appena risistemati e sono visitabili e il teatro, con la quinta sul mare, ospita concerti e spettacoli. Esattamente come succede in altre zone d’Italia, ma forse non proprio in molte altre zone del mondo, per capire l’unicità della offerta turistica italiana e le caratteristiche che però non ne fanno un’industria attiva a tempo pieno e le complicazioni della gestione di una tale ricchezza di beni. Per essere chiari: uno spiaggione, dove fa caldo tutto l’anno, senza particolari vestigia antiche né eccessiva cura della skyline del litorale, un po’ di impianti sportivi, un grande aeroporto vicino e una strada a quattro corsie che lo collega, è il luogo giusto per mettere su l’industria turistica che fa utili e lo stipendio ai dipendenti lo paga per 12 mesi. Ma non è roba per l’Italia. I beni storici e artistici certamente attirano visitatori e generano ricavi, ma la loro manutenzione costa quasi altrettanto. E quindi Nora, per tornare al nostro piccolo, è certamente una parte essenziale della proposta turistica locale, ma allo stesso tempo rappresenta una gestione complessa per il comune e la soprintendenza. Siamo felici di averla, e di avere mille altre Nore in Italia, ma non dobbiamo giudicare i nostri flussi economici legati al turismo comparandoli con quelli del modello spiaggione.

 

Come è cresciuta Pula e come ha cambiato vocazione economica. Le infrastrutture, il rubinetto a monte di qualunque attività turistica

“Non raccontiamoci cose false – ci dice Medau – qui da noi la continuità del reddito di una consistente parte dei residenti viene dalla Saras, dal lavoro nel vicino impianto di raffinazione e stoccaggio di carburanti”. E’ proprio quel grande stabilimento petrolchimico che si vede arrivando da Cagliari, nel territorio del comune di Sarroch, fondato dal tostissimo Angelo Moratti e per molti anni della famiglia prima della cessione a un gruppo russo. Per molti è il mostro che deturpa, il nemico, il distruttore della bellezza perduta, opinione nient’affatto condivisa dalla nostra combattiva Medau. Regole stringenti, rese negli anni sempre più rigorose, e anche una buona dose di autoregolamentazione, tengono a bada gli effetti sull’ambiente. Ma l’impianto lavora a pieno regime, in questi giorni una decina di navi per il trasporto del carburante e di petroliere stazionavano quotidianamente davanti alla raffineria. La domanda è forte e il lavoro è stabile. Pula, senza la Saras, certamente avrebbe meno popolazione, meno vita, meno presidio, meno ricchezza e meno opere pubbliche. E, contrariamente a tutte le vulgate sul tema, avrebbe anche meno turismo. “Vivere di solo turismo, anche per la Sardegna, sarebbe semplicemente impossibile”, scandisce il sindaco di Pula, è sua la considerazione sugli stipendi del turismo che apriva la pagina, mentre ci fa notare che la zona ha comunque vissuto un agosto con record di presenze, seppure non tutti di grandi spenditori. E ci fa capire che l’economia del turismo in Italia funziona solo come parte di un sistema complesso, si potrebbe dire di un equilibrio più avanzato, di cui fanno parte anche industria, servizi e agricoltura. Anche i redditi agricoli, però, almeno da queste parti, sono un po’ ballerini. Ci sono le serre e una storica produzione di pomodori, tipicamente da esportazione. Ma si deve fare i conti con la concorrenza di Spagna e Nordafrica, e i margini di ricavo si comprimono. Con sempre minore attrattività del settore per i giovani. I servizi sono nella media nazionale, mentre nel territorio del comune (andando verso le montagne, addentrandosi appena nella più grande foresta antica europea) ci sono, come caduti da un’astronave, gli edifici del parco tecnologico di Sardegna Ricerche, inaugurati 25 anni fa da Carlo Rubbia e destinati a successi non ancora raggiunti. Anzi, l’uso ora non supera il 25 per cento della potenzialità, e si attende o il possibile interesse di un’azienda farmaceutica o quello dei maggiori produttori cinesi di elettronica intelligente, per avere nuovi e forti investimenti.

 

Il quadro, anche dopo aver visto le componenti base dell’economia locale, assomiglia a tanti altri piccoli pezzi d’Italia. Il turismo, di cui stiamo celebrando in questi giorni i buoni risultati stagionali nazionali, fa la sua parte, ma non basta. Ci ha guidato fin qui il sindaco Medau e ci parla del progetto, cui lei è favorevole, di un porto turistico nel suo comune. In una zona adatta, già selezionata al momento dei primi investimenti per Is Molas. “Se l’avessero fatto allora – di dice – non ci sarebbero state difficoltà, ora le regole sono diventate più strette, ma resta un progetto che cambierebbe, completerebbe, la nostra capacità di attrarre turisti”. E generare reddito, possiamo aggiungere. Di barche alla fonda nelle baie della zona ce ne sono state tante quest’anno, ma sempre esposte, fuori da un porto vero e proprio, al cambio di vento. Mentre le super barche – compresa quella, fotografatissima e segnalata in mezza Italia, disegnata da Philippe Starck (che non usa nemmeno l’àncora, stabilizzandosi con mini motori guidati da un localizzatore satellitare) – se ne stavano davanti alla spiaggia di Santa Margherita. Per loro il porto non serve neanche, e chissà se portano domanda di lavoro e servizi o se hanno tutto ma proprio tutto già a bordo. Le altre, più piccole, certamente di lavoro ne portano, come ne porterebbe stabilmente l’approdo turistico. Un piccolo comune ci proverà a realizzarlo, per fare in modo che quegli stipendi non finiscano sempre e comunque a settembre.

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