Piazze delle spie. Storie di "leggende" e servizi segreti
Il caso dell’agente russo pizzicato in Olanda svela le complicazioni delle identità multiple. L’occhio delle intelligence puntato sui tribunali
Io sono leggenda… Nell’immaginazione letteraria e cinematografica, era Robert Neville. Nella realtà potrebbero dirlo Viktor Muller Ferreira, Rudolf Ivanovich Abel, Teodoro Castro Bonnefil, Nicolai Mäki, Gordon Arnold Lonsdale, Frank Jackson, Adam Mikler. Con una differenza. Neville, eroe del romanzo di Richard Matheson portato per ben tre volte sullo schermo con i volti di Vincent Price, Charlton Heston e Will Smith, era “leggenda” perché era rimasto l’ultimo uomo normale in un mondo di vampiri. Gli altri citati sono “leggende”, perché così si definiva la “storia” inventata dai servizi segreti sovietici per dare un’altra identità a un loro agente. Roba dei tempi dell’Unione sovietica? A quanto è saltato fuori, anche i Servizi di Putin continuano a fare lo stesso.
L’uomo espulso dai Paesi Bassi mentre cercava informazioni sulle indagini della Corte penale internazionale a proposito di Georgia e Ucraina, infatti, era un ufficiale dell’intelligence militare russa. Ma aveva tentato di presentarsi come cittadino brasiliano. Nome fasullo Viktor Muller Ferreira, stando ai suoi documenti nato il 4 aprile 1989, era arrivato all’aeroporto Schiphol di Amsterdam ad aprile per iniziare un tirocinio presso la Cpi. A quanto si è scoperto, il suo vero nome è invece Sergey Vladimirovich Cherkasov, ed è nato l’11 settembre 1985. Non sappiamo se i quattro anni di ringiovanimento siano per confondere o mera civetteria, ma secondo quanto ha spiegato l’intelligence olandese comunque la sua “leggenda” era “ampia e complessa”. “Una di quelle che richiedono generalmente anni per essere completate”.
Sergey Vladimirovich Cherkasov: l’intelligence olandese dice che la sua leggenda è “di quelle che richiedono anni per essere completate”
Lo stesso Ferreira-Cherkasov si è raccontato in un documento, diffuso dalla stessa intelligence olandese, e scritto forse per memorizzare i dettagli della copertura. “Probabilmente creato intorno alla metà del 2010”: quattro pagine con una complicata storia familiare e dettagli banali su affitti in diverse città, cotte per le maestre, un locale notturno di musica a Brasilia. Gli account dei social media a lui legati raccontano di studi presso le migliori istituzioni accademiche in Europa e negli Stati Uniti, tra cui la Johns Hopkins University School of Advanced International Studies di Washington e il Trinity College di Dublino. Insomma, lo stage sarebbe stato un ulteriore passo logico di questo percorso. Ma così “avrebbe avuto accesso all’edificio e ai sistemi della Cpi”. “Avrebbe anche potuto influenzare i procedimenti penali della Cpi”.
Invece che processarlo in Olanda o espellerlo in Russia, lo hanno però subito rimandato in Brasile, considerato evidentemente pronto a riprendersi anche un cittadino fasullo. Dà l’idea di un’immagine dell’America Latina come luogo dove è più facile creare “leggende” da Kgb, ed in effetti di illustri esempi del passato non ne mancano.
Ad esempio, Ramón Mercader: durante la Guerra civile spagnola, ufficiale dell’esercito repubblicano. Era cugino di María Mercader: seconda moglie di Vittorio De Sica e madre di Christian. Sua madre Caridad, anche lei comunista, era amante di Naum Isaakovic Ejtingon: un agente della Nkvd che aveva aperto a New York una ditta di import-export per poter assumere lo stesso Ramón col nome di Frank Jackson, cittadino canadese. Falsa identità dopo l’altra di Jacques Mornard: uomo d’affari nato a Teheran da un inesistente diplomatico belga. Jackson iniziò a frequentare la Quarta internazionale; sedusse Sylvia Ageloff, sorella della segretaria di Trotzky; ed entrò infine in intimità con lo stesso leader esule in Messico, fino al punto da potergli dare il 20 agosto 1940 una letale picconata in testa. Fu condannato a 20 anni, ma solo dopo 13 di detenzione la sua vera identità fu scoperta.
Rilasciato nel 1960, tornò in Urss via Cuba, ebbe una pensione, visse con l’altro alias di Ramón Ivanovich López, tornò a Cuba negli anni 70 a fare il consigliere di Fidel Castro, e morì 74enne nel 1978. Di tumore: secondo il fratello, per via di un orologio da polso radioattivo che gli avevano regalato a Mosca.
Per l’America Latina passa anche Josef Romvoldovich Grigulevich, nato a Vilnius il 5 maggio 1913, da una famiglia di ebrei karaiti. Non è chiaro se tutta la sua famiglia emigra in Argentina o solo il padre, mentre lui e la madre in Polonia si uniscono al partito comunista locale. Nel 1933 è iscritto alla Sorbona, nel 1934 lo recluta l’Nkvd. In Spagna organizza l’uccisione del leader trotzkysta spagnolo Andrés Nin; in Messico col nome in codice Yuzec prepara l’attentato a Trotzky. Più tardi in Argentina col nome in codice Artur organizza sabotaggi anti nazisti, sposato a una messicana anche lei agente sovietica, poi va negli Stati Uniti. Nel 1949 Joaquín Gutiérrez, scrittore ed ex diplomatico del Costa Rica con simpatie comuniste, gli procura un falso passaporto che lo identifica come Teodoro Castro Bonnefil. Si trasferisce a Roma, finge di essere il figlio illegittimo di un ricco produttore di caffè costaricano, stabilisce una attività di import-export, ha successo, prende contatti personali con figure e prelati della Chiesa, conquista la fiducia dell’ex presidente del Costa Rica José Figueres Ferrer, nel 1951 diventa incaricato d’affari dell’ambasciata costaricana a Roma, e nel 1952 ambasciatore per Italia e Jugoslavia, allo stesso tempo in cui gli danno anche, in segreto, la cittadinanza sovietica e la tessera del Pcus. Assieme all’incarico di assassinare il leader jugoslavo Josip Broz Tito, ormai nemico di Stalin.
Josef Grigulevich, sotto falso nome di Teodoro Castro, nel 1952 diventa ambasciatore del Costa Rica in Italia, poi scompare misteriosamente
Per preparare il delitto si incontra varie volte col maresciallo, ma nel marzo del 1953 Stalin muore. Il piano è annullato, Grigulevich è richiamato a Mosca. L’ambasciatore del Costa Rica in Italia, la moglie e la figlia scompaiono così misteriosamente, e all’improvviso. Nessuno capisce cosa sia successo, si pensa a un crimine mafioso. Solo quando nel 1992 l’archivista del Kgb Vasili Mitrokhin va in occidente portandosi appresso un corposo archivio, sarà possibile capire che in realtà l’ex spia, diplomatico e killer è diventato un tranquillo storico, ammesso nel 1979 all’Accademia russa delle scienze come esperto in storia dell’America Latina e della Chiesa cattolica. Morirà il 2 giugno 1988.
Non tutti furono in realtà trattati altrettanto bene, in quella tombola di destini che era l’Urss staliniana. Ebreo polacco classe 1904, minatore e sindacalista dopo aver lasciato l’università alla morte del padre, nel 1926, dopo essere stato arrestato in Polonia come comunista, Leopold Trepper va in un kibbutz in Palestina. Nel 1930, dopo essere stato arrestato come comunista dagli inglesi, va in Francia, dove è arruolato dai Servizi sovietici. Addestrato a Mosca, nel 1938 è mandato a organizzare una rete di spie tra Francia e Belgio, con l’alias dell’uomo di affari canadese Adam Mikler. E dopo l’occupazione tedesca sviluppa questa rete in quella che i tedeschi chiameranno Orchestra rossa. Avvisa Stalin dell’attacco del giugno 1941: non gli credono. Poi dell’offensiva verso il Caucaso: e qui gli danno retta.
Leopold Trepper tra Francia e Belgio sviluppa la rete chiamata Orchestra rossa. Avvisa Stalin dell’attacco del giugno 1941: non gli credono
Entro il 1942 la rete è smantellata, ma lui si salva. Lo arrestano per caso, dal dentista. Lui finge di prestarsi al doppio gioco, si guadagna talmente la fiducia di un ufficiale tedesco che questi lo manda a prendere una medicina in farmacia. Mentre l’altro lo aspetta in auto, lui scappa da una porta secondaria. Ma a Mosca lo arrestano. Solo nel 1955 è riabilitato. Torna in Polonia, diventa presidente della comunità ebraica, ma dopo l’inizio di una campagna antisemita da parte del governo va in Israele, dove muore nel 1982.
A dimostrazione che anche il Canada era un posto facile per ambientare “leggende”, Konon Trofimovich Molody, classe 1922, figlio di uno scienziato, prende a sua volta l’alias dell’uomo d’affari canadese Gordon Arnold Lonsdale. Che era in realtà nato a Cobalt, in Ontario, il 27 agosto 1924. Padre minatore; madre una oriunda finlandese che torna in patria nel 1931, dopo la separazione. Come soldato finlandese il vero Gordon muore in combattimento contro i sovietici. I documenti trovati sul cadavere saranno usati da Molody, che a sua volta dopo essere rimasto orfano di padre tra 1934 e 1938 è stato mandato dall’Nkvd con la madre a vivere presso una zia in California, per familiarizzarsi con l’American Way of Life.
Ufficiale dell’Armata rossa, poi studente di cinese, nel 1951 viene addestrato come agente, e nel 1953 mandato in Canada, per poi andare a studiare ancora cinese a Londra nel 1954, usando come copertura una società produttrice di jukebox, gomme da masticare e macchine da gioco. Nel 1959 inizia a ricevere segreti militari britannici da un impiegato della Marina, ma il 7 gennaio 1961 è arrestato. Condannato a 25 anni, torna in Urss con uno scambio il 22 aprile 1964, a un checkpoint di Berlino. Scrive un libro di memorie in cui per depistare racconta ancora di essere canadese, ma muore di ictus nel 1970 a soli 48 anni, mentre raccoglie funghi.
Sia Grigulevich-Bonnefil che Molody-Lonsdale negli Stati Uniti collaborano con Rudolf Ivanovich Abel, che nel 1903 era nato William August Fisher. Membro della minoranza etnica tedesca della Russia, il padre come cospiratore rivoluzionario era andato esule in Inghilterra, dove William è nato. E in Inghilterra aveva iniziato una quantità di studi: disegno industriale, lingue, musica, scienza, matematica, arte, trovando anche il tempo per diventare un radioamatore provetto. Appunto per questa competenza in radio, dopo essere tornato nel 1921 con la famiglia nella Russia ormai bolscevica da militare lo mettono nel battaglione radiofonico, per poi arruolarlo nella Ogpu. Licenziato durante le purghe staliniane e riarruolato con la guerra, è protagonista di un colossale inganno radiofonico in cui fa credere ai tedeschi l’esistenza di un’intera loro armata fantasma che combatterebbe dietro le linee sovietiche.
Entusiasti di lui, i superiori lo destinano negli Stati Uniti. Parte dunque nell’ottobre del 1948 in treno da Mosca come Fisher con un passaporto sovietico, e a Varsavia cambia il suo nome in Andrew Kayotis: un lituano di nascita, che prima è emigrato negli Stati Uniti, di cui ha preso la cittadinanza; poi, messo male in salute, ha chiesto un visto per visitare un’ultima volta i suoi parenti. Le autorità sovietiche lo hanno concesso, ma quando Kayotis a Vilnius è morto gli hanno preso il passaporto. Con quello arriva negli Usa, dove Grigulevich che gli dà un autentico certificato di nascita, una carta provvisoria contraffatta e un certificato fiscale pure contraffatto a nome di Emil Robert Goldfus. Anch’egli è veramente esistito ma, nato a New York il 2 agosto 1902, è morto a 14 mesi. Il suo certificato di nascita è stato ottenuto dall’Nkvd alla fine della Guerra civile spagnola, attraverso le Brigate internazionali.
Usando come copertura un’attività di artista che gli dà anche una certa fama, Goldfus organizza una rete con cui collabora anche Molody, ma che purtroppo per lui ha dentro anche Reino Häyhänen. Appartenente a una minoranza etnica di finlandesi di Russia, durante la guerra ha svolto un eccellente lavoro come interprete, per cui lo hanno arruolato nei Servizi, e destinato anche lui agli Usa. Nel 1949 va dunque in Finlandia, come Eugene Nicolai Mäki: in realtà è il figlio di un finlandese emigrato negli Usa, poi in Urss, poi di nuovo voglioso di tornare negli Usa. Con questo alias in Finlandia si sposa, e nel 1951 va alla legazione Usa a Helsinki, dove racconta di essere nato nell’Idaho nel 1919 e di essersi trasferito nel 1927 in Estonia al seguito di sua madre. Gli danno non solo il passaporto, ma anche i soldi per viaggiare. Solo che inizia a bere, a litigare con la moglie, e a dilapidare i soldi che gli passa il “centro” in prostitute.
Un giorno, in uno dei punti dove riceve i messaggi gli arriva una monetina da cinque centesimi, che è stata scavata all’interno. La mette tra le altre monete, per controllarla con più sicurezza a casa. Ma, per distrazione, la spende: non sa neanche lui se comprandoci un giornale o un biglietto della metro. Per sette mesi la monetina continua a viaggiare tra i circuiti dell’economia di New York City, fino a quando non finisce in mano a uno strillone di tredici anni che la raccoglie per le consegne settimanali, ma la lascia cadere. Così si rompe, e rivela una microfotografia contenente una serie di numeri. Il ragazzino la dà subito a un poliziotto, che la passa all’Fbi.
Per quattro anni si cerca di decifrarla: invano. Ma intanto i rapporti tra Goldfus e Mäki si deteriorano sempre più. Quando da Mosca su richiesta del primo chiedono al secondo di rientrare, questi non fida della promessa di promozione a colonnello, anche perché ha la coscienza sporchissima. A metà del viaggio di ritorno, si presenta dunque all’ambasciata Usa a Parigi, spiegando che è un ufficiale del Kgb e che vuole chiedere asilo. Non gli credono, anche perché pure là arriva ubriaco. Ma lui tira fuori una monetina cava con microfilm, simile a quella ritrovata nel 1953. Bingo!
Fisher cerca di scappare, ma quale identità usare? Martin Collins? Emil Goldfus? Andrew Kayotis? Il Partito comunista del Canada cerca i procurargli due nuovi passaporti, a nome Robert Callan e Vasili Dzogol. Ma, prima che arrivino, il 21 giugno 1957 è arrestato. “Il mio vero nome è Rudolf Ivanovich Abel, sono cittadino sovietico, non intendo discutere delle mie attività”, dice. In realtà Abel è un suo amico, a sua volta colonnello del Kgb, e defunto nel 1955. La sua certezza è che al vedere il nome di Abel nelle prime pagine dei giornali Usa il Centro del Kgb capirà subito che a essere arrestato è lui, e che non sta collaborando.
Condannato il 25 ottobre 1957 a 30 anni, ne trascorre in realtà in carcere neanche cinque: dipingendo, giocando a scacchi, insegnando agli altri detenuti matematica e lingue, imparando la serigrafia. Il 10 febbraio 1962 è infatti scambiato con Gary Powers, pilota del famoso aereo U-2 che è stato abbattuto sul territorio sovietico, e da cui prenderà il nome il gruppo pop irlandese.
Nel frattempo, Häyhänen è morto il 17 febbraio 1961 sull’autostrada Pennsylvania Turnpike, in un incidente dalle caratteristiche misteriose. Vendetta del Kgb? Presumibile, ma mai dimostrato. Non si sa neanche se Fisher abbia ottenuto davvero grandi risultati, ma la guerra fredda è fatta anche di propaganda, e il Kgb decide di celebrarlo come eroe. Fa conferenze, appare in un film, gli danno un incarico di prestigio. Però, col nome di Abel. Quando muore il 15 novembre del 1971, per cancro da troppo fumo, ci vuole l’ostinazione della moglie per ottenere che sulla lapide siano scritte le sue vere generalità.