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il vuoto e la pazienza

Così il Nobel Gao Xingjian è sopravvissuto alla Rivoluzione culturale in Cina e all'esilio

Cettina Caliò

Nel 2000 è stato il primo autore cinese a ricevere il premio per la lettatura. Ogni suo lavoro ha sempre destato scalpore in patria. Ha scelto l'arte come difesa da una società asfissiante

"A parte te / cosa rimane di me?”. Sono sempre le domande più piccole a contenere gli universi più grandi. Per noi – che l’infinito ce lo portiamo solo nell’animo, che arriviamo nudi in questo mondo e ce ne andiamo soltanto con un vestito, che altri hanno scelto per noi – il bisogno di restare in qualche modo, di lasciare un segno, quale che sia, del nostro breve passaggio, è forse il desiderio più grande. Lo sappiamo, e lo sanno i poeti che di questo desiderio fanno scrittura. Lo sa anche Gao Xingjian, premio Nobel per la Letteratura nel 2000, il primo a un autore cinese. “Un’andatura leggera / una traccia furtiva”. I versi citati sono suoi. L’Accademia di Svezia ha così motivato: “Per un’opera di validità universale, intuizioni amare e ingegno linguistico che hanno aperto nuove strade al teatro e al romanzo cinese”.

 

Gao Xingjian incede fra pensieri vagabondi che si fanno senso della poesia. “Una nenia in lontananza / una cascina vuota / un granaio scalcinato”. La sua è una scrittura canticchiata che richiama il linguaggio parlato. Pare che scrivendo si ispiri alla musica per conferire un ritmo e una certa melodia al verso. “Nella prateria che cresce follemente / passa il vento”. Come lui stesso ha dichiarato, c’è nei suoi versi il tentativo di ricercare la poesia che oggi pare quasi del tutto scomparsa. “Un aereo / atterra nel / sogno di un bambino”.

Di recente la Nave di Teseo ha pubblicato la sua opera poetica. Il libro, con testo francese e cinese a fronte, è corredato dalle tavole dell’autore. “Come il vento sei senza forma / come l’ombra sei silenzioso”. La traduzione è di Simona Polvani.

Figlio di un funzionario di banca che legge i classici cinesi e di un’attrice che lo indirizza all’arte e traduce in cinese i testi della letteratura occidentale, Gao Xingjian, classe 1940, nasce nel tempo di Mao, in una provincia sud-orientale cinese, proprio quando il Giappone invade il paese. “Il vento / respira senza rumore / sale dalla pianta dei piedi fino al midollo”. Sin da ragazzino viaggia molto attraverso la lettura dei classici d’oriente e d’occidente. “All’angolo della via un raggio di sole obliquo / su un balcone un aquilone”. Naturalizzato francese, vive a Parigi dagli anni Ottanta. “In capo al mondo, una fiaba, / innocente nell’ignoranza, / come un uovo che non sapeva rompersi”. Figura poliedrica e pluripremiata: scrive e traduce, ha tradotto, fra gli altri, Ionesco e scritto diversi saggi sulla cultura francese ed europea del Novecento. “Le onde di notte battono l’argine”. Dipinge con la tecnica del monocromo nero. E’ drammaturgo e cineasta. Nel 1992, il governo francese lo ha insignito del titolo di Cavaliere dell’Ordine delle Arti e delle Lettere. 

“Inseguiamo la moda / temendo di essere superati”. Uomo libero e insofferente alle gabbie del pensiero, sempre controcorrente, “la vita dell’artista è una sfida alle convenzioni”, Gao Xingjian anela al volo dell’uccello che guarda dall’alto col suo occhio tondo, “nell’oscurità guardi quaggiù questo gran mondo / oltre la palude delle noie / in volo di notte senza meta precisa / in ascolto del sibilo dell’aria e col cuore palpitante”.
Laureato a Pechino in letteratura francese, durante la Rivoluzione culturale viene mandato in un campo di rieducazione per cinque anni. “Il tempo non è altro che un’occasione”. Da rieducato lavora come traduttore alla sezione Affari esteri dell’Associazione degli scrittori cinesi. “Perché non imitare Buddha / fare una smorfia / con volto ilare”.

In quel periodo, come altri artisti, brucia molti dei suoi manoscritti per evitare la repressione. “Il pantano si estende / senza limiti… / ti morde saldamente / a ogni passo / non ti molla”. L’esperienza riabilitativa gli fa comprendere che “in politica c’è sempre una massa cieca che opprime l’individuo, che bisogna cercare una Cina vera, non inquinata dalla politica, e che si dovrebbe vivere senza gli ismi”. 

Le sue prime pubblicazioni risalgono agli anni Settanta. Ogni suo lavoro ha sempre destato scalpore in patria. “Nella vita di ogni giorno / non c’è alcuno spettacolo da vedere, / e se qualcosa c’è, / è la solitudine di ognuno”. I suoi testi teatrali hanno introdotto il teatro d’avanguardia in Cina. Negli anni Ottanta, la sua opera “L’altra riva” fu vietata, e da allora i suoi testi sono banditi nel territorio cinese. “Svegliamoci dall’insonnia / dall’ignoranza sventata / la nostra natura continui a essere bella”. Il movimento politico “Contro l’inquinamento spirituale” ne fa un bersaglio di attacchi. Rassegna le dimissioni da membro del Partito comunista cinese, nel 1989, dopo le proteste di piazza Tienanmen. “In questo istante, adesso, / come se non rimanesse nient’altro che questo silenzio, / sempre intatto, e che pare eterno”. Diventa un oppositore del regime. “E’ tutto semplice / ci si diverte”. In seguito alla pubblicazione di “La Fuga”, ispirato ai fatti della piazza, è costretto all’esilio e viene dichiarato “persona non grata” nel territorio cinese. La seconda parte della sua vita inizia con l’esilio in Francia. “Cammino in nessun luogo / per ricominciare / dunque io chi sono?”.

Secondo il quotidiano Libération, la maggioranza dei cinesi non conosceva Xingjian prima del Nobel, e nessuno, nella madrepatria dell’autore, ha mai potuto avere accesso alle sue opere. Pare che il Partito comunista, all’epoca del premio, non abbia espresso nessuna soddisfazione in merito, ma abbia invece criticato l’Accademia svedese, colpevole di dietrologia politica e mancanza di credibilità intellettuale.  “Seminare pettegolezzi / che il mondo rumini / e con la giustizia / sempre in bocca / far scoppiare una guerra”.

C’è nei versi di questo autore il vuoto e la pienezza, l’eterno e l’istante. “Il fracasso di tutti i giorni non ti risparmia”. Il sottotesto è permeato da un’amara ironia. C’è un dio silenzioso che ascolta, seduto dentro a un pozzo a occhi chiusi, un dio rana con gli occhi spalancati e un diavolo incline alla conversazione che ride a squarciagola e parla in modo “esatto” della bellezza e della bruttezza dell’uomo. “In questo paradiso in assenza di gravità… / parlare o tacere porta allo stesso silenzio”. E naturalmente c’è la vita, così miracolosa e labile e così ignara di tutto che, come lui scrive, pare spuma in balia della fortuna. “Passerai l’inverno? / lo sa il cielo / invece / la prossima primavera / quest’erba / ondeggerà sempre nell’aria”.

Xingjian ha vissuto e vive in una sorta di eremitaggio consacrato alla creazione che lui intende come una narrazione distaccata dall’io, un “terzo occhio” che consente di vedere la realtà in maniera più chiara e consapevole. “Dipingere un cerchio / e indietreggiare di un passo / per mutare la tua esistenza in osservazione / aprire così un altro occhio di saggezza”. Vuole essere un testimone perché – ha dichiarato – “è necessario per salvare se stessi e gli altri, per vedere come un individuo si pone di fronte alla società, come può reagire e resistere alle difficoltà, come battersi”. 

“Niente miracoli / solo incontri”. In questo viaggio poetico non manca una lucida analisi della società di oggi, che l’autore osserva con l’amarezza del passante che non riesce a staccare gli occhi dalla strada. “Tutto è soltanto clamore politico… / tutto è gossip e inonda il mondo”. Pagina dopo pagina le sue parole compongono lo spettacolo che noi tutti recitiamo, alla stregua di saltimbanchi. “Sono tempi senza soccorso né redenzione… / neppure musica / solo rumori”. 

Xingjian trova nell’arte la ragione della sua esistenza, e la ritiene un patrimonio dell’umanità. “Il mondo umano è sempre più rumoroso / ma il cuore degli uomini è deserto”. Non crede nella letteratura utilitaristica, e dice di essere consapevole che la letteratura non può cambiare il mondo, tuttavia sostiene che gli artisti possono lasciare, attraverso la loro opera, una traccia da seguire per il cambiamento personale e sociale. “La vita è un filo sospeso / l’istante prima è visibile / l’istante dopo scompare”. Gao Xingjian considera la letteratura una via di fuga per la propria vita, uno strumento di autodifesa spirituale per evitare di essere soffocati dalla società. “La letteratura ha un grande ruolo: risvegliare la coscienza umana, mostrarci come leggere il nostro io interiore, altrimenti siamo nel buio, in un incubo. La letteratura non ha alcuno scopo materiale, ma è grazie alla letteratura che oggi io mi sento libero, forte, pronto a resistere a tutte le forme di oppressione e pressione sociale e politica, pronto a vivere con coscienza”.

Nei suoi testi, Xingjian dice la bellezza perduta o dimenticata, quella dei luoghi e quella degli uomini. Una bellezza asfissiata da devastazioni che vanno dalle logiche di mercato alla politica. “Sputa / è sempre la cosa più semplice”. In qualità di individuo e artista desidera un ritorno alla bellezza ma anche a un pensiero libero da costrizioni ideologiche. “Non tutto è così assurdo e delirante / così deformato”. Valuta la possibilità di una consapevolezza che renda meno fragile l’individuo. “Riconciliarsi con il mondo / vivere con gli altri / la via della vita”. Auspica che gli artisti si sgancino dagli interessi a breve termine, per riflettere sulla profondità della natura umana e scrivere opere di valore che possano eternarsi. “Il Diavolo ha gli zoccoli / Dio fluttua tra le nuvole / tu sei il solo a piedi nudi”.

Il romanzo autobiografico “La montagna dell’anima”, del 1989, è forse la sua opera più nota, da molti considerata il suo capolavoro. Racconta il viaggio nella Cina sudoccidentale di uno scrittore perseguitato dal regime. “Chiudi gli occhi / vai sempre dritto… / poiché hai ancora una vita”. All’io narrante è stato diagnosticato per errore un cancro. Il viaggio diventa, come sempre accade, l’opportunità per un bilancio esistenziale oltre che per nuove esperienze, nella Cina della Rivoluzione culturale di Mao. “Attraverso nessun luogo / fugge la mente”. E’ una storia multiforme, in cui si alternano un Io e un Tu. Un po’ romanzo e un po’ saggio politico, filosofico e antropologico, dove in mezzo alle avventure picaresche fra briganti e sciamani e ai tragici suicidi di fanciulle tristi per amore, si inserisce il racconto sugli usi e costumi delle popolazioni tribali, sul mondo della foresta animata da piante e animali, e – non ultime – le riflessioni politiche sulla Cina comunista. “Sin dall’inizio si sa già la fine”.

 

La terra della Grande Muraglia possiede una lunga tradizione letteraria. E’ la patria di figure come Ba Jin, l’autore di “Trilogia del torrente”, una delle opere più importanti della letteratura cinese moderna, e Cao Xueqin, l’autore di “Il sogno della camera rossa”, uno dei quattro grandi romanzi della letteratura cinese classica. “Lui / mormora / racconta una storia interminabile”. Sono molte le opere di Gao Xingjian che hanno come sfondo questa terra così vasta e millenaria, nel tempo della Rivoluzione culturale, quello in cui tutti spiavano tutti e tutti denunciavano tutti. “Il mondo / frantumato in mille pezzi / impossibili da raccogliere”. Per citare ancora un altro testo, “Il libro di un uomo solo” racconta l’amore sensuale e tormentato di un maturo intellettuale cinese in esilio e di una “ebrea fornita di un cervello tedesco e che parla in cinese”. Sono sempre storie che ci mettono di fronte alla realtà senza mezzi termini. Storie che diventano luoghi della mente, e aprono squarci sulla vita quotidiana, sulle frustrazioni e le speranze della gente comune. “Ciò che facciamo in questo istante / è davvero necessario?”.

Indugiare sul pensiero di Gao Xingjian – un uomo del Rinascimento, che desidera un nuovo Rinascimento (ne disquisisce in un saggio edito dalla Nave di Teseo), e sostiene di essere giunto alla sua quarta vita – è qualcosa che può tornarci utile, perché le sue considerazioni sono un invito alla libertà mentale prima ancora che fisica: “La letteratura, solo la letteratura, è in grado di rendere manifesto ciò che la politica tace e che l’ideologia non può esprimere, ossia la voce e gli autentici sentimenti di questo individuo fragile. In ogni epoca, la creazione letteraria ha origine dall’esperienza individuale di ciascuno scrittore e prosegue con la sua ricerca del senso ultimo della vita. E’ un percorso interminabile, un’indagine infinita che ha origine dalla necessità dell’uomo di affermare la sua esistenza, e la letteratura ne è espressione. Ognuno si pone domande differenti per cui esistono risposte di ogni sorta, domande del passato come dei nostri giorni, ma la loro attualità non è importante, come non lo sono le etichette apposte dall’epoca”.

Gao Xingjian, è consapevole della pochezza dell’uomo, che spesso dimostra di essere l’unica cosa brutta in natura. Capace, come scrive l’autore, di giurare di fronte al cielo, giudicare ogni cosa e commettere azioni che “fanno cadere gli occhiali alla gente”. Xingjian auspica la ri-creazione di “un giardino dell’Eden dentro al cuore”. Non vuole salvare nessuno, vuole soltanto salvare la sua integrità. E’ plausibile pensare che se ognuno di noi tentasse di salvare la propria integrità, alla fine, tutti salveremmo tutti.

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