Foto Ap, via LaPresse

Magazine

La politica di cani e gatti, dal Terzo Reich alle presidenziali americane

Siegmund Ginzberg

Spietati con gli esseri umani, i nazisti erano compassionevoli verso gli animali, tanto da approvare la prima legge al mondo per punirne i maltrattamenti: la contraddizione dei proclami alla sacralità della natura cavalcando la paura del diverso, tra propaganda e fake news (fino a oggi)

"Ero disperato. Il porco che aveva rubato il mio cane non si rende conto del male che mi ha fatto”. Chi parla non è Donald Trump, né il suo candidato a vice, Vance. E’ Adolf Hitler, nelle Conversazioni a tavola registrate, durante il secondo conflitto mondiale, dal suo segretario Martin Bormann. Racconta con toni accorati della perdita di Fuchsl, il volpino randagio che il futuro Führer aveva trovato e adottato nelle trincee della Prima guerra mondiale. Il cagnolino gli si era affezionato. Lui lo aveva addestrato a fare numeri da circo. “Con grande pazienza”, perché il cane “non capiva una parola in tedesco”. Lo nutriva a biscotti al cioccolato. “Aveva preso l’abitudine con gli inglesi, che erano nutriti meglio di noi [tedeschi]”, spiega ai suoi commensali. Legatolo in trincea, durate una missione in prima linea, al ritorno non l’aveva più trovato. Fuchsl aveva fatto una brutta fine. Era stato probabilmente mangiato dai commilitoni, in cerca permanente di supplementi proteici alla magra dieta (mangiavano anche topi, o ritagli dalle carcasse di cavalli, come lo stesso Führer racconta in altri passaggi). 

   

Foto Getty
    
Spietati con gli esseri umani, i nazisti erano compassionevoli verso gli animali. Tra le primissime leggi approvate con Hitler cancelliere, dopo quella che prevedeva l’espulsione immediata dai territori del Reich degli immigrati clandestini (quasi tutti ebrei, in fuga dalla miseria, dalla guerra e dai pogrom all’est), ci fu una legge contro “la crudeltà verso gli animali”, promulgata nell’aprile 1933 (Hitler era diventato cancelliere a fine gennaio). Era la prima e la più avanzata al mondo. Proibiva la vivisezione, il loro utilizzo in esperimenti medici, e ogni forma di “tormento e maltrattamento”, il procurare agli animali ogni forma di “dolore e sofferenza non necessari” (così suona il primo articolo). In particolare proibiva la macellazione rituale praticata dagli ebrei, che prevede il dissanguamento. Con grandissima attenzione ai dettagli, articolo dopo articolo, pagina dopo pagina, proibiva l’eutanasia degli animali domestici malati (a meno che fosse praticata da un veterinario), di accorciare le orecchie o la coda di cani di età superiore ai due mesi, a meno che fosse fatta sotto anestesia, proibiva l’accorciamento della coda dei cavalli. Proibiva la caccia alla selvaggina con mute di cani, e in particolare la barbarie, tutta britannica, della caccia alla volpe. Ingiungeva di tramortire o anestetizzare gli animali prima di macellarli. Persino di cuocere le aragoste e i granchi in acqua che non fosse stata prima portata a ebollizione. Non era un’improvvisazione. La questione era stata intensamente discussa tra i funzionari del ministero dell’Interno incaricati della preparazione del testo. Due di loro avevano addirittura steso un trattato scientifico su tema.


Il dottor Mengele, assolutamente ligio alle leggi, come i suoi colleghi medici ad Auschwitz, non vivisezionava animali. I suoi orribili e sadici esperimenti, senza anestesia, li conduceva su esseri che per lui erano subumani, molto meno che animali. Poi tornava a casa a coccolare il suo cane. Ma prima ancora dei loro proprietari ebrei, erano stati sterminati i cani e i gatti degli ebrei.

 

                                  


Le pene previste per i trasgressori erano pesantissime. Prima ancora che la legge fosse approvata, il vice cancelliere del Reich, Hermann Göring, aveva minacciato di far richiudere i perpetratori in campo di concentramento (attenzione: prima ancora che il nuovo regime ne riconoscesse l’esistenza). “Il popolo tedesco ha sempre mostrato grande amore per gli animali e la questione della protezione degli animali gli è sempre stata a cuore”, aveva spiegato. Finché la compassione si era persa “sotto l’influenza di concezioni straniere della giustizia, e una strana comprensione della legge, dovuta al fatto che l’esercizio della giustizia era in mano a gente aliena alla nazione” (cioè in mano agli ebrei, immigrati per antonomasia). 


Göring notoriamente era un grande cacciatore. Cercava di difendersi sostenendo che uccideva solo animali malati o in soprannumero. Le sue amate tenute di caccia venivano definite come un “paradiso degli animali”. Ma la sua passione non era approvata dal suo capo Hitler, anzi l’aveva spesso messo in rotta di collisione con lui. “Come può mai un uomo entusiasmarsi per una cosa simile?! Uccidere animali quando non è necessario è roba da macellai. Ma spenderci, per giunta, un sacco di quattrini! Potrei magari capire la caccia se implicasse ancora un pericolo, come ai tempi in cui si affrontavano gli animali selvaggi con la lancia. Ma oggi, che un qualsiasi pancione – riferendosi a Göring – può sparare su un animale a distanza di sicurezza…”, avrebbe affermato in varie occasioni il Führer in presenza del suo architetto preferito (e poi responsabile degli approvvigionamenti militari), Albert Speer, che lo riporta nelle sue memorie. 


Hitler era rigorosamente vegetariano. Ebbe e si affezionò a numerosi cani, fino all’ultimo, la femmina di pastore tedesco Blondi, che volle con sé anche nel bunker di Berlino e avvelenò amorevolmente prima di suicidarsi. Considerava gli ebrei immondi “mangiatori di carne”. Come carogne che si nutrivano di carogne. Per giunta torturando le loro vittime secondo le loro crudeli prescrizioni religiose. Se vogliamo credere a Speer, si trattenne dell’imporre il vegetarianismo a tutti i tedeschi solo perché avrebbe suscitato una sollevazione ed era impraticabile in tempo di guerra, ma si riproponeva di farlo a guerra finita. Vegetariano era stato il suo idolo musicale Richard Wagner. Vegetariani erano pure il suo delfino Rudolf Hess, il suo ministro della Propaganda Goebbels e il capo delle SS Himmler. Influenzato dal buddismo, proclamava rispetto per la vita di tutti gli esseri viventi e la sacralità della natura. Paradossi del fanatismo: non a caso il termine “ecologia” era stato inventato, a fine Ottocento, da uno scienziato tedesco, Ernst Haeckel, grande teorico dell’evoluzionismo e anticipatore del disprezzo verso le “razze inferiori”. Cosa che non impedì che alla fine del loro addestramento le reclute della unità cinofili delle SS fossero costrette a spezzare il collo del cane che avevano addestrato, di fronte al proprio ufficiale superiore, per dimostrare disciplina, obbedienza assoluta e necessaria spietatezza. Grande amante degli animali, e orgoglioso allevatore di cani era anche il comandante del campo di sterminio su scala industriale di Auschwitz, Rudolf Höss.


Alla compassione tedesca verso gli animali fa riscontro, nella propaganda nazista, l’orrore per la crudeltà atavica e genetica degli ebrei. Lo sterminio fu anticipato da campagne capillari, di massa. Lo schifoso, e diffusissimo giornale del Gauleiter nazista di Norimberga, Julius Streicher, pubblicava a ogni numero articoli e vignette in cui si deprecavano gli orrori della macellazione rituale da parte degli ebrei. Immancabile la rappresentazione di scene in cui torvi individui con fattezze caricaturali semitiche sgozzano con un ghigno compiaciuto e demoniaco una povera vacca da loro immobilizzata, versando il sangue dell’animale. In altre vignette, a essere sgozzati, sempre da crudelissimi ebrei, sono ragazzini innocenti o ragazze nude sottoposte alle loro voglie. Le vittime sacrificali, si tratti di bovini dallo sguardo tenero o di vergini, sono naturalmente bianchissime, le ragazze sempre bionde, mentre i loro assassini e tormentatori hanno tratti africani, nasi adunchi e labbroni, e sono vestiti di scuro. Il male è nero, la vittima nordica.


Un numero speciale del Der Stürmer era interamente dedicato all’atroce fandonia medievale che gli ebrei sgozzassero bambini cristiani rapiti per condire col loro sangue le azzime di Pesach. Era un po’ troppo anche per i nazisti. Hitler fece proibire quel numero della pubblicazione. Non si sa bene se perché troppo sanguinolenta e antisemita, o perché troppo pornografica, con tutte quelle ragazze nude. Nel frattempo però era andato a ruba, ne avevano già venduto oltre due milioni di copie. Der Stürmer, che aveva iniziato le pubblicazioni nel 1923, continuò a uscire quasi fino alla fine della guerra. Ogni più sperduto paesello della Germania aveva una apposita bacheca in cui veniva esposto, con le illustrazioni morbose in bella vista.


La storia degli immigrati clandestini haitiani che in Ohio ruberebbero dalle case cani e gatti per mangiarseli, tirata fuori da Trump, sarà ricordata come l’argomento che caratterizza questa campagna presidenziale americana. Non sappiamo ancora se togliendo voti a Trump, o portandogliene da parte di terrorizzati padroni di pet. Prima degli haitiani, mangiagatti per eccellenza venivano considerati gli immigrati italiani. Alla pari degli asiatici, che mangerebbero di tutto, compresi, a quanto disse in epoca Covid il governatore del Veneto Zaia (il più moderato dei politici leghisti), i cinesi che notoriamente mangiano “topi vivi”.  La celebre frase di Goebbels per cui una menzogna ripetuta in continuazione diviene verità, non la dice tutta. Una menzogna non vale per quanto sia vera o verosimile, vale per l’emozione che suscita. La differenza tra allora e oggi è che quella dei giorni nostri non è suffragata da un minimo di prove. Mentre i propagandisti nazisti facevano finta di documentarsi. A sostegno del sue orrende invenzioni Streicher aveva messo in piedi un centro di documentazione e una biblioteca fornitissima, con tutte le prove “inconfutabili” di antiche leggende medievali e ritagli di giornali, specie cronache giudiziarie. L’ebreo violentatore, l’ebreo ladro e imbroglione, l’ebreo assatanato, l’ebreo assassino, e così via. Vi lavoravano decine di “specialisti”, tanto di professoroni e grandi giornalisti. Qanon e la Bestia di Salvini non hanno scoperto nulla.

 

                                


Trump e Vance non sono stupidi. Sanno benissimo quello che stanno facendo. Vance è stato scelto come candidato alla vice presidenza per aiutare Trump a consolidare il consenso dalle  piccole cittadine nel cuore dell’America profonda, tipo Springfield in Ohio. E’ lì che si concentra la base della constituency repubblicana. E’ lì che si deciderà il 5 novembre. Non importa che la grande stampa americana li abbia coperti di ridicolo. Come hanno fatto i media di tutto il mondo, ma di questi ultimi non glie ne può importare di meno. Né che il sindaco repubblicano di Springfield e il governatore repubblicano dell’Ohio abbiano definito l’intera faccenda “spazzatura che semplicemente non è vera”. Trump continua a insistere sull’argomento. Anche più che sugli attentati che ha subito, il cosiddetto complotto degli avversari per assassinarlo, toglierlo di mezzo fisicamente visto che non ci sono riusciti per via giudiziaria. In un comizio in Arizona (altro battle State dell’America profonda) ha rincarato la dose: “Ventimila immigranti clandestini haitiani sono calati su una città di 58.000 persone, distruggendo il loro modo di vita. I residenti riferiscono che questi immigrati stano facendo fuori tutte le oche. Sì le oche nei parchi della città. Le portano via, e portano via gli animali domestici. Springfield era una così bella cittadina. E ora è diventata l’inferno…”. 


E’ falso pure che gli immigrati haitiani siano clandestini. Sono profughi, godono del Temporary Protected Status che gli consente di essere regolarmente assunti. Sono arrivati in massa in Ohio, non attratti dalle oche nei parchi, men che meno dai gatti e dai cani altrui, ma perché le nuove fabbriche locali hanno bisogno di manodopera, e la vita costa un po’ meno che altrove. Springfield ha avuto la popolazione dimezzata rispetto agli anni Sessanta perché le vecchie fabbriche “arrugginite” avevano chiuso. Ora sono gli haitiani a volersene andare perché sono spaventati. L’unica cosa vera è che l’Ohio, middle America per eccellenza, media statistica quasi perfetta, vota da sempre più o meno come vota mediamente il resto dell’America


Hitler aveva costruito la fortuna politica del suo movimento nella Germania profonda, rurale, periferica. Spaventando la gente con la prospettiva di un’invasione di ebrei e migranti dall’est. Soprattutto dove di migranti ed ebrei non avevano mai visto l’ombra. Berlino era stato l’ultimo caposaldo a cadere in mano ai nazisti. Così come gli eredi dichiarati dei nazisti, l’AfD, e i cugini dell’estrema sinistra rosso-bruna prosperano nell’est, divenuto il Mezzogiorno della Germania grazie anche a decenni di dominio comunista e poliziesco. In America, come in Europa, estrema sinistra ed estrema destra, populismo di destra e di sinistra, ce l’hanno ultimamente con gli immigrati quasi allo stesso modo. L’eterna dannazione è che i più poveri bevono più favole dei più ricchi, e che i vecchi poveri odiano di tutto cuore i nuovi poveri, i vecchi immigrati odiano i nuovi immigrati. Un’altra terribile costante è che i più ricchi raccontano più favole dei più poveri, e hanno più mezzi per raccontarle. La massa critica si raggiunge quando gli uni e gli altri sono arrabbiati, non importa se per ragioni analoghe o opposte. 

 

                                


Tra i “capolavori” della propaganda nazista c’erano i libri per bambini. Der Giftpiltz (Il fungo velenoso), un libro per l’infanzia magnificamente illustrato a colori, pubblicato nel 1938, è più tossico ancora dello Stürmer. Il fungo ha ovviamente fattezze giudaiche. I protagonisti, due bambini di nome Otto e Kurt, assistono inorriditi a una macellazione kosher, e concludono che gli ebrei sono la peggiore e più malvagia razza sulla faccia della Terra. Uno dei due spiega all’altro che gli ebrei uccidono con la stessa ferocia sia gli animali sia gli uomini, specie i bambini e le bambine. Gli ebrei sono macellai perversi per vocazione e per natura. Il mondo sarà un posto sicuro solo quando saranno eliminati, concludono. Hitler gli diceva già da anni che sono loro all’origine di tutte le guerre, il loro obiettivo irreprimibile è sterminare il popolo tedesco, contaminarne la purezza etnica e culturale, il sangue con matrimoni interrazziali. Gli spiegavano che gli ebrei sono popoli inferiori, anzi, parassiti, ratti, vermi, batteri, portatori di malattie e corruzione, un cancro da estirpare col bisturi dal corpo della Germania sana. Peggio degli slavi, razza di schiavi, buona solo per lavorare sotto la frusta dei padroni di razza superiore. L’argomento con cui si volle convincere i tedeschi a non cedere, fino all’ultimo, fu che gli alleati, istigati dagli ebrei, volevano sterminare il popolo tedesco. La cosa buffa è che, tra le moltissime perverse malefatte attribuite agli ebrei c’era l’accusa di disprezzare l’animale sacro per la cultura culinaria tedesca, il maiale
Quasi tutto quello che non sapevate ancora su nazisti e animali in Animals in the Third Reich di Boria Sax (Yogh & Thorn Press, seconda edizione 2017).