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La K. degli ebrei. Una rivista come nuova voce del giudaismo europeo

Mauro Zanon

Quant’è vitale la revue che racconta la presenza del giudaismo in Europa. “Umanista, liberale e sionista”, dice David Khalfa

Dal 7 ottobre 2023 nulla è più come prima. “L’attacco di Hamas ha riportato la questione ebraica al centro del dibattito. Volevamo fare una rivista contemporanea, ma non avremmo mai immaginato di essere raggiunti così rapidamente dall’attualità”. Bruno Karsenti, filosofo e direttore di studi all’École des hautes études en sciences sociales di Parigi, è uno dei fondatori di Revue K., success story del mondo dell’editoria francese. Immaginata come agorà per esplorare il fenomeno della presenza ebraica in Europa e la recrudescenza dell’antisemitismo nel continente, la rivista nata nel 2021 su iniziativa di un gruppo di filosofi e intellettuali si è affermata in soli quattro anni come la nuova voce del giudaismo europeo. E non solo.

“Non bisogna ridurre K. a una rivista destinata esclusivamente agli ebrei, o ai curiosi della storia del giudaismo: si rivolge a coloro che si interessano all’idea europea, che sono legati a una concezione umanistica della politica”, ha spiegato al Point il politologo Dominique Reynié, direttore generale della Fondation pour l’innovation politique (Fondapol). Assieme al ministero della Cultura francese e alla Fondation pour la Mémoire de la Shoah, la fondazione di Reynié figura tra i finanziatori della rivista, che oggi vanta tra i 20 e i 30 mila lettori al mese. Ogni settimana, vengono pubblicati tre testi inediti firmati da scrittori, ricercatori e giornalisti, cercando di mantenere un equilibrio tra i vari formati: grandi interviste, reportage, analisi. 

 

K. vanta tra i 20 e i 30 mila lettori al mese. Ogni settimana pubblica tre testi inediti firmati da scrittori, ricercatori e giornalisti

                
La scorsa settimana, Ruben Honigmann, direttore editoriale del magazine Akadem, ha pubblicato una riflessione sugli ultimi sopravvissuti di Auschwitz e sulla trasmissione della memoria della Shoah. Un altro testo dello studioso britannico Matthew Bolton analizza le querelle tra gli storici sull’antisemitismo post 7 ottobre, mentre l’editoriale affronta la questione della “permanenza delle tracce che dovrebbero agitare la coscienza europea”: quelle dei campi di concentramento, a ottant’anni dall’abbattimento dei cancelli di Auschwitz che svelarono al mondo gli orrori dell’Olocausto. “Abbiamo scommesso sul fatto che lo studio dell’ebraismo europeo ci avrebbe permesso di far luce sulla crisi politica che affligge l’Europa, affrontando questioni cruciali spesso taciute: l’integrazione delle minoranze e il ruolo della Shoah nell’identità europea”, racconta al Point Bruno Karsenti. 


Il nome della rivista è un omaggio a K., il personaggio enigmatico e in perpetua ricerca della propria identità del “Castello” di Kafka. “Per molto tempo, abbiamo chiamato la rivista ‘La Question Juive’. Ciò si riferiva alla maniera in cui la questione era stata formulata fin dalla fine del Diciottesimo secolo: sia l’ostinazione degli ebrei a rimanere tali, nonostante la loro assimilazione, sia il modo in cui le nazioni europee moderne consideravano la loro presenza. L’espressione è diventata canonica nella prima metà del Diciannovesimo secolo, ma il termine è diventato poco pratico perché oggi evoca immediatamente il ‘Commissariat général aux questions juives’ (organismo amministrativo creato sotto il regime di Vichy, incaricato di preparare e applicare la politica discriminatoria nei confronti degli ebrei di Francia, ndr) e il fatto che, con il nazismo, la ‘questione ebraica’ si è trasformata nel ‘problema ebraico’”, spiegarono nel 2021 al Grand Continent, al momento del lancio della rivista, i due direttori, il giornalista Stéphane Bou e il sociologo Danny Trom. E aggiunsero: “Pensando ad altri titoli, abbiamo cercato tra le grandi figure della letteratura ebraica moderna. E abbiamo pensato al Josef K. del ‘Processo’, al ‘K.’ del ‘Castello’. Il castello che K. cerca di raggiungere nel romanzo non potrebbe essere visto come una metafora dell’Europa per i suoi ebrei?”. 

 

Il castello che il personaggio di K. cerca di raggiungere nel romanzo di Kafka, forse “una metafora dell’Europa per i suoi ebrei”?

                          
Il progetto di Revue K. era nato per durare tre anni, ma il 7 ottobre 2023, giorno del pogrom antisemita di Hamas contro lo Stato ebraico, ha convinto i redattori a trasformarla in una rivista permanente e ad allargare il bacino dei lettori. Tradotta in inglese fin dal primo numero, e in spagnolo da un anno a questa parte, sarà presto disponibile anche in italiano e in tedesco. Perché l’unica scala pertinente è quella europea. “L’Europa, oggi, è attraversata da logiche centripete e rischia la frantumazione, ben oltre il senso istituzionale di disgregazione dell’Unione europea. E’ l’idea di destino comune di un collettivo politico con una storia condivisa che si sta sgretolando. Il nostro punto di partenza o ipotesi è che queste due crisi siano collegate. Che la divisione tra europei abbia cause proprie, ma anche cause comuni a quella tra ebrei ed europei”, secondo Stéphane Bou e Danny Trom. 

 

Il progetto nato nel 2021 doveva durare tre anni, ma il 7 ottobre ha cambiato tutto. La constatazione drammatica dell’esodo dall’Europa

                                   
Un’altra constatazione, drammatica, ha spinto questo gruppo di intellò a creare Revue K.: l’Europa è la regione del mondo in cui la presenza ebraica ha continuato a scendere vertiginosamente dal punto di vista demografico. Nel primo numero della rivista, lo storico e demografo italiano naturalizzato israeliano Sergio Della Pergola ha ricordato che gli ebrei europei rappresentavano il 90 per cento degli ebrei del mondo alla fine dell’Ottocento, contro il 9 per cento di oggi. “Oggi, i due principali attori della demografia ebraica sono Israele e gli Stati Uniti. L’Europa ha avuto un ruolo predominante per un lungo periodo storico, fino alla Seconda guerra mondiale, e anche oltre, fino alla fine dell’Unione sovietica. Ma ora la percentuale di ebrei in Europa è tornata ai livelli del Medioevo”, ha dichiarato a Revue K. Sergio Della Pergola, che lo scorso anno, per il Mulino, ha pubblicato “Essere ebrei oggi. Continuità e trasformazioni di un’identità”. “La Shoah ha costituito un elemento centrale di questo crollo demografico. Ma la decrescita relativa e assoluta della popolazione ebraica d’Europa è continuata anche dopo il 1945”, ha aggiunto Della Pergola. 

All’entusiasmo per i numeri della rivista che regna in redazione si mescola un sentimento di inquietudine per il futuro del giudaismo europeo. Anzitutto perché i massacri di Hamas del 7 ottobre hanno messo a dura prova la psiche ebraica, che concepiva Israele come un porto sicuro dopo il trauma della Shoah, e in seguito per l’ondata di antisemitismo che si è abbattuta in Europa, e in particolare in Francia, nell’ultimo anno e mezzo. Lo scorso novembre, l’istituto sondaggistico Ipsos ha pubblicato un’inchiesta spaventosa sullo stato dell’antisemitismo oltralpe, commissionata dal Crif, il massimo organo di rappresentanza della comunità ebraica francese. L’inchiesta ha certificato la recrudescenza degli atti antisemiti dal 7 ottobre 2023 (più 192 per cento nel primo semestre rispetto al 2023), evidenziando la diffusione delle idee antiebraiche tra i più giovani e dei pregiudizi antisemiti tra gli elettori della sinistra radicale di Jean-Luc Mélenchon, leader della France insoumise. “Oggi Revue K. offre uno spazio di dialogo come pochi altri”, ha dichiarato al Point Jonas Pardo, militante vicino all’ultragauche, che ha pubblicato per il magazine un’analisi del virus antisemita che sta contaminando il suo campo. 

Il contributo della rivista francese al dibattito delle idee europeo non si limita al sito. Lo scorso ottobre, Bruno Karsenti ha diretto un’opera collettiva, “La Fin d’une illusion” (Puf), che ha raggruppato diversi contributi di K. sul 7 ottobre e sulle sue conseguenze. Due mesi dopo, al Théâtre de la Concorde di Parigi, la redazione del magazine ha organizzato una serata in compagnia del fumettista Joann Sfar e di Noé Debré, regista del film “L’ultimo degli ebrei”, che racconta il fenomeno della “aliyah interna” in Francia, necessaria a causa dell’antisemitismo dilagante in molte città francesi dove un ebreo su due consiglia ai figli di nascondere la propria identità per evitare aggressioni. “Revue K. ha colmato un vuoto. Non esisteva una rivista di questo tipo che proponesse dei long form su temi che riguardano il mondo ebraico e allo stesso tempo su problematiche più generali che non coinvolgono solo gli ebrei”, dice al Foglio David Khalfa, condirettore dell’Osservatorio del medio oriente alla Fondation Jean-Jaurès che ha appena curato un’opera collettiva sullo choc post 7 ottobre nel mondo (“Israël-Palestine, année zéro. Le 7 octobre 2023, une onde de choc mondial”, Éditions du Bord de l’eau/Fondation Jean-Jaurès). Reuve K., sottolinea Khalfa, arriva nel dibattito delle idee “in un momento in cui gli ebrei europei, e soprattutto francesi, sono colpiti da un’ondata di antisemitismo senza precedenti, aggravatasi dopo il 7 ottobre 2023”.

L’altro elemento di novità della rivista è la linea editoriale. “Ha reso visibile una tendenza poco rappresentata nel dibattito intellettuale francese e ebraico, quella di una sinistra progressista, umanista, europeista e sionista ma allo stesso tempo critica delle derive illiberali dell’estrema destra israeliana. Revue K., a mio avviso, incarna intellettualmente questa linea”, spiega al Foglio Khalfa, prima di aggiungere: “Mette in luce l’esistenza di un giudaismo progressista in stretto contatto con i dibattiti che attraversano la società francese, e che sente il bisogno di riarmarsi intellettualmente dinanzi all’impennata dell’antisemitismo. Revue K. rappresenta una forma di rinnovamento delle élite intellettuali ebraiche francesi, e più in generale europee”. 

 

Ha reso visibile la tendenza poco rappresentata di una “sinistra sionista” ma anche “critica delle derive illiberali dell’estrema destra israeliana”

                             
Il condirettore dell’Osservatorio del medio oriente alla Fondation Jean-Jaurès condivide l’analisi dei fondatori della rivista su una doppia crisi dell’Europa e degli ebrei in Europa. “Gli ebrei europei stanno vivendo una crisi esistenziale. Quando guardiamo la storia ebraica del Ventesimo secolo, ci rendiamo conto che gli ebrei sono i primi europei, perché sono spesso poliglotti, sono cosmopoliti e fanno parte di quella che viene chiamata ‘la République des Lettres’. Stefan Zweig ne è l’incarnazione. Il suo suicidio, al di là della sua persona, ha segnato in un certo un senso una battuta d’arresto tra il giudaismo e il progetto europeo”, dice al Foglio Khalfa. Negli ultimi anni, la crisi del progetto europeo si è aggravata, anche in ragione della recrudescenza dell’antisemitismo che, come dimostrano le cifre, “ha provocato un esodo”, sottolinea Khalfa. “E’ più discreto, silenzioso e meno spettacolare delle grandi migrazioni a cui assistiamo negli ultimi anni, perché a muoversi sono cittadini europei, ma è un esodo altrettanto importante. E’ incontestabile che l’Europa si stia svuotando dei suoi ebrei”, dice al Foglio Khalfa. In Francia, in ragione di una sinistra radicale ambigua verso l’antisemitismo e dell’espansione dell’islam separatista in sempre più dipartimenti della République (in dieci anni, l’80 per cento degli ebrei della Seine-Saint-Denis, dove la popolazione è a maggioranza arabo-musulmana, ha lasciato il dipartimento), la tentazione dell’aliyah è ancora più forte rispetto agli altri paesi europei. Secondo i dati diramati dalla Jewish Agency for Israel, in un anno, il numero di richieste al consolato di Israele da parte di cittadini francesi di confessione ebraica che vogliono emigrare è aumentato del 510 per cento. Il 7 ottobre, dicono, “a tout changé”: ha cambiato tutto

“Ma ci sono anche tanti cittadini ebrei che vogliono restare, non hanno alcuna intenzione di abbandonare il paese in cui sono nati, si sentono profondamente francesi e europei”, afferma Khalfa. E ancora: “Bisogna portare avanti una battaglia, soprattutto dal punto di vista intellettuale e culturale, come predicava Gramsci. E lavorare sulla riarticolazione di un giudaismo profondamente europeo, umanista, liberale e sionista sul piano politico-filosofico”. Pur rivendicando una linea di centrosinistra, la forza di Revue K. sta nell’essere uno spazio di dialogo aperto a ogni opinione e sfumatura. “Nello stesso giorno, nelle lettere che ricevo, posso essere definito ‘sporco goscista’ e ‘sporco sionista di destra’. E’ la prova che siamo sulla strada giusta”, ha dichiarato al Point il direttore Stéphane Bou. Era la rivista che mancava per far sentire la voce del giudaismo europeo e la sua palpitante vitalità.