Scrittura creativa

Andrea Ballarini

Sono la moda di questi ultimi anni. Almeno una volta nella vita chiunque abbia meno di cinquant'anni e un diploma o ne ha seguito uno o, almeno, ha pensato di farlo. E prima come si faceva? La puntata del Manuale di questa settimana risponde a questo e a tanti altri interrogativi intorno ai corsi di scrittura creativa. Non mancatela.

    – Affermare di diffidare dei corsi di scrittura perché non si può insegnare a diventare uno scrittore. Se in passato se ne è frequentato qualcuno dirlo con una punta di disprezzo. Se non se ne è mai frequentato nessuno aumentare il disprezzo.

    – I corsi sono frequentati da grafomani, frustrati e da tutta una serie di squilibrati. Diffidarne.

    – Se si parla di scrittura creativa citare solo la Scuola Holden di Torino: le altre sono solo brutte copie.

    – Se si parla di scrittura creativa citare qualunque corso tranne la Scuola Holden di Torino: troppo mainstream.

    – Sostenere che insieme al programma tv “Pickwick” la Scuola Holden è la cosa migliore mai prodotta da Baricco. Se si è pubblicato almeno un libro, soprattutto se con successo largamente minore di Baricco, astenersi.

    – È la moda del momento. In certi quartieri aspirazionali persino i saloni di parrucchiere fanno i corsi di scrittura creativa.

    – Trovarla una delle tante perversioni di provenienza americana. Se ci sono presenti degli americani concentrarsi sulla natura pleonastica del concetto di scrittura creativa.  

    – Trovare i best sellers americani tutti fatti alla stessa maniera: un po' freddi e prevedibili nella loro inappuntabile costruzione matematica. Ribattere subito: averne di corsi di scrittura creativa capaci di produrre romanzi di quel livello.

    – Se il contesto è intellettuale, dissertare lungamente sulla differenza tra story-teller e romanziere, dicendo che dalle scuole di scrittura al massimo possono uscire i primi, mentre i secondi sono prodotti spontanei. Quindi lasciare la stanza.

    – Normalmente i docenti di scrittura creativa sono degli sfigati, degli scrittori di infimo successo o dei pubblicitari disoccupati. Di seguito commentare: "Chi sa fare le cose le fa, chi non le sa fare le insegna".

    – Non appena il discorso tocca la scrittura non lasciarsi sfuggire l'occasione di proclamare che in un paese come il nostro, dove non legge nessuno, tutti hanno un romanzo nel cassetto. Evitare accuratamente la deriva, “la mia vita è un romanzo”.

    – Scagliarsi con violenza contro quei corsi di scrittura creativa che ti indirizzano da agenti letterari che a loro volta ti reindirizzano da esperti che poi vogliono dei soldi per leggere il tuo manoscritto. Non accumulare troppi particolari, altrimenti si desta il sospetto che si tratti di esperienze personali.

    – Se qualcuno cita i corsi di scrittura creativa, liquidarli con la frase “Si impara a scrivere scrivendo”. Fa capire che la sapete lunga.

    – Chiedersi con aria meditabonda quale insegnante di scrittura creativa avrebbe mai approvato la Recherche di Proust.

    – La cosa più difficile è sopportare i racconti degli altri studenti. Eventualmente raccontare esperienze personali, purché brevemente: come quando, un vostro compagno di corso, pazzo, ha letto un racconto in cui descriveva minuziosamente le emozioni provate a seguito della scoperta dell'aurora.

    – Dire di avere considerato per un certo periodo l'idea di iscriversi all'Iowa Writers' Workshop suggerisce la conoscenza della materia dell'uomo di mondo.

    – Aborrire qualunque tipo di romanzo autobiografico, a meno di non essere Hemingway.

    – Lamentarsi della progressiva perdità delle capacità di scrivere correttamente delle nuove generazioni. Se qualcuno l'attribuisce alla diffusione delle chat e degli sms tacciarlo immediatamente di settarismo e schematismo.

    – Trovare i corsi di scrittura creativa una delle meno indagate ragioni del declino della sinistra in Italia. Quindi lasciare la stanza.