Venditori di strada
Di tanto in tanto qualcuno rinfocola la polemica, ma almeno una volta tutti ne siamo stati clienti.
Da anni sono una presenza continua delle nostre città e delle nostre spiagge. Di tanto in tanto qualcuno rinfocola la polemica proponendo contromisure inflessibili, ma almeno una volta tutti ne siamo stati clienti. Ecco allora un po' di frasi a effetto da buttare lì quando si parla di venditori di strada.
- Non se ne può più. Variante socratica: dire di non sapere se a Parigi, a Londra o in qualche altra capitale europea sarebbe permessa un'invasione del genere.
- Appena se ne vede un gruppo sostenere la necessità di fermare l'immigrazione clandestina. Ribattere che uno scoglio non può arginare il mare. Controbattere che, infatti, si è contrari solo all'immigrazione clandestina: se uno viene qui e ha un lavoro e paga le tasse, benvenuto. Controcontrobattere che non può essere solo un problema dell'Italia. Controcontrocontrobattere che, non a caso, dalle altre parti non li fanno neanche arrivare. Continuare ad libitum. Quando si arriva alle colpe dell'Occidente colonialista abbandonare la stanza.
- Chiedersi come facciano a far comparire gli ombrelli in trenta secondi non appena cadono due gocce di pioggia.
- Al quinto venditore che nel corso di una cena propone di comprare una rosa "alla tua bella fidanzata" nonostante sia ormai chiaro che lei non vi cederà mai, si è autorizzati a fare una scenata.
- Sindacare la strategia di marketing che alle otto chiede un Euro per una rosa e a mezzanotte un Euro per un mazzo di 40 rose.
- Ammettere di avere comprato una Vuitton taroccata, giustificandosi di averlo fatto solo perché era taroccata magnificamente.
- Notare come il linguaggio si usuri rapidamente: marocchini non lo dice più nessuno, a parlare di vu' cumprà è rimasto solo Alfano, ambulanti, solo sui libri. Ora la versione politically correct prevalente è genericamente extracomunitari. Dissertare a caso.
- Non conoscere nessuno che abbia mai acquistato un elefante di ebano o una maschera della fertilità, né alcun altro oggetto tipicamente pseudoafricano. (Vedi seguente)
- Dire che in Africa nessuno si sogna di produrre elefantini di ebano o maschere della fertilità. Fare analogie a quanto accade con gli spaghetti bolognaise o con le fettuccine Alfredo.
- Rifiutarsi strenuamente di acquistare gli orribili libri di cucina senegalese o di racconti camerunensi che cercano di rifilarti ogni volta che ti beccano a uscire da una libreria.
- Tuonare contro il flagello del gadget psicotico. Tra i più perniciosi ricordare il branzino che si contorceva cantando "Don't worry, be happy".
- Interrogarsi su quale indagine di mercato dadaista abbia individuato il calzino come oggetto da proporre ai viaggiatori dell'alta velocità prima della partenza.
- Notazione sociologica. Rilevare come sulle spiagge in anni recenti ai venditori di cocco si siano sostituiti i massaggiatori di piedi. Valutare se far partire un pippone sull'ossessione per il corpo di una società sempre più superficiale.
- Classico senza tempo la leggenda urbana secondo cui il venditore di lupini all'angolo della strada si sia poi rivelato essere multimiliardario.
- Non mancare mai di chiedere quale turba psichica possa indurre ad acquistare il ventilatore da mano con luci stroboscopiche colorate. (Vedi seguente)
- Gareggiare con gli amici a chi ha comprato l'oggetto più orribile. Da decenni imbattuta la torre di Pisa che diventa rosa o blu a seconda del tempo.
- Raccogliere oggetti brutti: chic. Non confonderli con la collezione kitsch: usurata. Se richiesti, spiegare la differenza, purché rapidamente.
- Avere acquistato una volta un massaggiatore per la cute della testa a forma di ragno ed esserne diventati dipendenti fino a trascorrere ore a grattarvi la pera in un'estasi al limite dell'onanismo. Deplorare.
- Magnificare la duttilità di questi commercianti, capaci di vendere la custodia protettiva dell'iPhone 6 il primo giorno della sua messa in vendita, ma allo stesso tempo di commercializzare ancora il Tamagotchi.
- Una volta avere incontrato un venditore di equazioni di primo grado che alla domanda perché lo facesse ha risposto: "Perché è brutto chiedere dei soldi in cambio di nulla". Plaudire all'etica creativa.
Il Foglio sportivo - in corpore sano