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Come fare bella figura senza necessariamente sapere quel che si dice

Le suonerie

Andrea Ballarini

Sono diventate la sigla personale delle nostre vite. Ci inseguono e ci scovano ovunque, anche nei momenti meno adatti. Per questo bisogna sapere che cosa dirne. Ecco qualche utile suggerimento

• Le suoneria non devono essere troppo comuni ma, soprattutto, non troppo originali. Affrancarsi dal narcisistico bisogno di dimostrare la propria unicità urbi et orbi.

 

• Le peggiori sono quelle con la voce della fidanzata che dice: “Amore, rispondi. Amore, rispondi.” in tono petulante. Convenirne.

 

• Dal tipo di suoneria si possono dedurre molte cose sullo stato psicologico dell’utente. La cavalcata delle Valchirie: megalomane, forse nazi; La quinta di Beethoven: enfatico, tronfio; Felicità di Albano e Romina Power: garrulo, inutile.

 

• I più raffinati adottano come suoneria “Le téléfon” una vecchia canzone di Nino Ferrer degli anni Sessanta le cui parole recitano: “Gaston y a l'téléfon qui son et y a jamais person qui y répond”. Valutare se parlare di metasuoneria. Evitare la versione italiana “Al telefono” il cui ritornello “A chi potrei telefonare per trovare un po’ di compagnia?” rende incomprensibile il gioco.

 

• Se durante una riunione suona un cellulare e quattro persone si gettano sul proprio telefonino ricordare di dire qualcosa sulla massificazione dei tempi.

 

• Deprecare la citazione veterotecnologica dello smartphone ultimo grido che suona come il vecchio telefono a muro che avevate a casa nel 1960. Inutilmente compiaciuta.

 

• Conoscere uno che come suoneria ha il monologo di Roy Batty in Blade Runner: “Io ne ho viste cose che voi umani non potreste immaginarvi...” Avere smesso di frequentarlo.

 

• Aborrire le sigle di Star Trek, Ufo, X-Files e in generale di tutti i telefilm di fantascienza. Puerili.

 

• Stigmatizzare chi silenzia la suoneria e poi lascia vibrare il cellulare sul tavolo come un esercito di termiti impazzite.

 

• Una recente ricerca di mercato apparenta chi usa suonerie differenti a seconda delle persone che chiamano ai target nevrotici che acquistano le versioni dada dei dolci tradizionali: panettoni alla crema di champagne, colombe ai pistacchi, pandori al mascarpone. Meditarvi.

 

• Detestare glli inetti che riescono a rispondere al cellulare solo dopo venti secondi, durante i quali la suoneria a volume mostruoso - generalmente di un successo pop di alcuni anni prima - ha risvegliato l’intero vagone del Milano-Roma.

 

• Rammentare una notizia comparsa sui quotidiani alcuni anni fa secondo la quale i proprietari di un negozio di parrucchiere in provincia di Modena sono stati multati per violazione dei diritti d’autore poiché un cellulare era squillato diffondendo “Love to love, baby” di Donna Summer. Tuonare contro la SIAE.


• Cercare di infilare la definizione “Look down generation” (generazione che guarda verso il basso) per condannare l’uso smodato del cellulare da parte dei più giovani.

 

• Insegnare al proprio pappagallo a imitare la suoneria del cellulare. Chic.

 

• Non c’è nulla di peggio di “Stairway to heaven” dei Led Zeppelin massacrata da un cellulare. Essere consapevoli che i classici del rock fanno freakettone passato di cottura e generalmente mettono malinconia. Evitare.

 

• Ci sono centinaia di telefonini, migliaia di suonerie, e niente da dirsi. (Aldo Busi)

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