Il digitale non è mai stato così centrale nelle nostre vite
E' illusorio pensare che l'accelerazione nel consumo dei media si esaurirà presto. Ecco perché bisogna rafforzare la funzione sociale della rete: libera, aperta, accessibile da tutti
‘Il ventunesimo secolo è un libro digitale’ dice un villain in Captain America – The Winter Soldier (2014). La pandemia da coronavirus sta accelerando questo fenomeno in atto già da tempo. Nelle lunghe settimane di quarantena la centralità della tecnologia digitale nelle nostre vite segna uno spartiacque fra il mondo di prima e il mondo nuovo e da qui non si potrà tornare indietro. Consumiamo molta più tecnologia digitale e lo facciamo per informarci, socializzare, lavorare, divertirci, solidarizzare. Sono tutte attività che esplicitano la nostra essenza di essere umani, lo sviluppo e l’accrescimento delle nostre capacità e del nostro carattere.
Diamo uno sguardo ad esempio al consumo dei media. Nell’analisi Audiweb, tra il 2 e il 22 marzo l’audience dei siti online registra in media +73,2% rispetto alle settimane pre-emergenza. La crescita più alta riguarda il tempo trascorso sui brand di news online: + 95%. Sono soprattutto gli utenti tra i 25 e i 54 anni a determinare questo incremento.
Uno studio della società GfK conferma il trend. Tra il 22 febbraio e il 22 marzo si è avuto un aumento esponenziale del tempo dedicato alla tecnologia digitale rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente: strumenti digitali + 17%; siti di informazione quotidiana + 45%; social network + 31%; video streaming + 13%; gaming online + 9%. Aumenta anche il tempo dedicato alla televisione +19%, con una crescista enorme dei canali all news: + 177%
Troviamo le stesse tendenze anche nei dati di Seo Tester Online, che ha analizzato i cambiamenti avvenuti in quarantena per quanto riguarda le ricerche che avvengono sul web. Oltre naturalmente alle news sulla pandemia cresce tantissimo le query di informazioni sul food delivery e la GDO.
Non è un trend solo italiano. In una ricerca Global Web Index pubblicata sul sito web del World Economic Forum, oltre l'80% degli intervistati negli Stati Uniti e nel Regno Unito dichiara di consumare più contenuti dall'inizio della pandemia, con la televisione e i video online a rappresentare i principali mezzi di comunicazione di tutte le generazioni e di tutti i generi. Inoltre, il 68% dei consumatori ricerca online principalmente aggiornamenti sulla pandemia. Nella stessa ricerca la fiducia maggiore è rivolta alle fonti istituzionali come OMS e ai canali ufficiali dei governi. Sono invece considerate fonti poco affidabili per la pandemia i social media e le notizie pubblicate dalle riviste e dai quotidiani.
Questi dati si incrociano con l’ultima ricerca fatta dall’Associazione Pasocial - Osservatorio Nazionale Comunicazione Digitale in collaborazione con l’Istituto Piepoli: 8 italiani su 10 considerano utile l’utilizzo di social network e chat per comunicare con Enti Pubblici, 7 su 10 sono favorevoli all’utilizzo dei social network per dare comunicazioni istituzionali, 9 su 10 pensano che l’emergenza incrementerà l’utilizzo degli strumenti digitali nel settore pubblico e privato, anche per i meno giovani.
A leggere tutte queste ricerche, è molto illusorio pensare che questa accelerazione nel consumo dei media e nell’utilizzo del digitale sia solo momentanea. Non sappiamo infatti quando inizierà con certezza la fase due, sappiamo però che con il virus dovremo convivere ancora a lungo. Ciò significa che nella stagione del distanziamento la tecnologia digitale diverrà sempre più la base su cui proiettare le nostre esistenze. Ed è fondamentale, perciò, rafforzare la funzione sociale della rete: libera, aperta, accessibile da tutti.
Diceva Protagora: ‘L’uomo è misura di tutte le cose’. A misura d’uomo, human-sized, la tecnologia deve essere al servizio della persona e svolgere un ruolo essenziale per la piena realizzazione del cittadino-utente. Come sarà il mondo nuovo dipenderà allora da quanto lo sviluppo della tecnologia sarà orientato all’accrescimento delle capacità e delle potenzialità dell’individuo. Perché se il nostro secolo è un libro digitale, abbiamo ancora la necessità che sia scritto da e per l’uomo.
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