Eric Schmidt teorizza un transuomo che salva l'uomo. Forse vuole parlare di questo con il Papa
New York. L’altro giorno Eric Schmidt, il chairman di Alphabet, la comagnia che controlla Google, ha ribadito che l’intelligenza artificiale permetterà agli scienziati di risolvere i problemi più gravi dell’umanità: crescita demografica, cambiamenti climatici, dittature militari, disuguaglianze economiche, povertà, malattie. In realtà questa serie di “hard problems” sono riducibili a un problema solo, il più hard di tutti, l’uomo. L’imperfezione dell’uomo e delle cose umane è la madre di tutte le seccature, e Schimdt lo sa bene, lui che vorrebbe vivere con un Eric e pure un Not-Eric, un aiutante artificiale che entra in azione laddove il suo io umano non può nulla: “Eric è lo Schmidt in carne e ossa, Not-Eric è la cosa digitale che mi aiuta”.
Nulla di nuovo. Sono variazioni su un tema transumanista che Google coltiva con particolare zelo da quando, nel 2012, ha messo a capo degli ingegneri Ray Kurzweil, messia della Singularity e gran teorizzatore del superamento della condizione umana per mano dell’uomo. Quello che custodisce alcuni campioni di dna del padre morto nella convinzione di poterlo poi un giorno resuscitare, e che per lo stesso scopo si farà criogenizzare, per capirci. L’idea è che l’uomo è imperfetto ma perfettibile, la condizione di limitatezza che sperimenta ora non è che passeggera, il suo peccato originale è redimibile, la creatura può creare una via d’uscita da questa valle di lacrime, abbandonandola per sempre. Un pensiero a metà fra Bono Vox e Sauron. L’intelligenza artificiale non è che lo strumento, il mezzo tecnologico con cui l’uomo farà il definitivo salto di qualità: Kurzweil sta “infondendo”, parole sue, l’intelligenza dentro Google, Schmidt ci costruisce sopra lo storytelling, la sua specialità.
[**Video_box_2**]I vari Jeffrey Sachs e compagni di filantropia tinta di verde da decenni dicono che l’uomo può risolvere da sé la sua condizione, la sconfitta della povertà è a un passo, il cancro sarà presto un vago ricordo, e Schmidt non fa che aumentare la posta in gioco sullo stesso tavolo. Invece dell’idea umanista, in circolazione dalla modernità, propone quella transumanista, e poi postumanista, e poi chissà cosa ancora, ma si tratta sempre di una prospettiva in cui l’uomo finisce per salvare l’uomo. Altro che creatura da redimere: l’uomo di Schimdt è un creatore che distribuisce redenzione. Forse il manager parlerà anche di queste idee che lo galvanizzano tanto quando, domani, incontrerà in Vaticano Papa Francesco.
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